Dalla testa al cuore

La bella poesia della Gualtieri ha sottolineato quello che da tempo sperimentiamo nella nostra personale ricerca.

Quel che a tutto il mondo sta accadendo è qualcosa che attendavamo, sapevamo che “qualcosa sarebbe accaduto”, qualcosa al di “fuori dall’ordinario ” che potrebbe farci fare quella “metanoia”, quel cambiamento di stato che molti singolarmente hanno fatto, che tutti dovrebbero fare….

Un atto di umiltà e di perdita di potere, “un regresso creatore” , una presa di coscienza che avverte : avanti così non si può più andare.
Succederà?
Così come da tempo i saggi  illuminano, mi paiono corroboranti queste parole di Jung dove mostrava “un cambiamento interiore di stato ” attraverso i cakra ( i centri energetici umani) , un passaggio cruciale per la vita umana : dalla testa al cuore.
Solo così l’essere umano potrà divenire veramente responsabile, non perchè inchinato a leggi o inginocchiato a dogmi e dottrine, ma perchè SA con la testa e il cuore che tutto è Armonia di cui lui è una parte, che coopera al dinamismo del cosmo intero.  Panikkar insegna.
Nulla succede a caso, nè dentro nè fuori di noi, tutto si muove “tempiternamente ” e “trinitariamente “…fare esperienza di questo credo sia tutto.
Ecco le parole di Jung:
Tra la testa e il cuore c’ è una distanza straordinaria, una distanza di dieci, venti, trent’anni o di tutta una vita. Si può infatti sapere con la testa, per quarant’anni, qualcosa che può non avere mai toccato il cuore. Si comincia ad accorgersene, però, soltanto quando se ne prende coscienza nel cuore. E dal cuore c’è una distanza altrettanto grande fin giù, fino al “plexus solaris”, dove si è bloccati perchè non si ha alcuna libertà. Non c’è sostanza aerea: si è soltanto ossa, muscoli,e sangue; si è negli intestini, e lì si funziona come un verme senza testa. Nel cuore, invece, si è alla superficie. Il diaframma corrisponderebbe all’incirca alla superficie della terra. Finchè si è in Manipura si è , per così dire, immersi nel calore tremendo del centro della terra. C’è soltanto il fuoco della passione, dei desideri, delle illusioni. E’ il fuoco di cui parla il Buddha nel sermone di Benares, dove dice: il mondo intero è in fiamme, le vostre orecchie, i vostri occhi, ovunque riversiate il fuoco del desiderio che è il fuoco dell’illusione, perchè desiderate cose futili. C’è tuttavia il grande tesoro dell’energia liberata. Quando le persone fanno conoscenza con l’inconscio, spesso entrano in uno stato d’animo straordinario: si infiammano, esplodono, ritornano vecchie emozioni sepolte; allora si mettono a piangere su cose avvenute quarant’anni prima.  Significa semplicemente che sono stati staccati prematuramente da quello stadio della vita, hanno dimenticato che ci sono fuochi sepolti che ardono ancora. Allora ne erano inconsci, ma quando entrano in contatto con i centri inferiori ritornano in quel mondo e si rendono conto che è ancora rovente, come un fuoco rimasto a lungo dimenticato sotto la cenere. Se però si toglie la cenere, sotto ci sono ancora le braci incandescenti, come si dice dei pellegrini della Mecca che lasciano i loro fuochi sepolti sotto la cenere e che quando tornano l’anno successivo, ritrovano ancora le braci incandescenti. Bene in Manipura si raggiunge uno strato superiore in cui si verifica un netto mutamento. La localizzazione corporea di questo cakra, sotto il diaframma, è simbolo del mutamento particolare che adesso si verifica. Sopra il diaframma si entra in Anahata, il centro del cuore o dell’aria…….

Nove marzo duemilaventi

Di Mariangela Gualtieri

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.

Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.
È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.

C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.
È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.

E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.
Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.

Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.

Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.

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