Due anni da dimenticare: 2018-2019

In questi anni di declino della politica italiana, così legata alla piccola realtà Italocentrica o Romacentrica, ripenso spesso a quel trentennio del Secondo Risorgimento Italiano, rappresentato dalle date 1948-1978, in cui il paese esplose in un boom che non fu soltanto economico o finanziario, ma bensì allargamento di esperienze culturali in campo letterario e filmico, e che potevano far presagire un’Italia finalmente libera dalle catene socio-economiche del passato.
Ma così non è stato, e, dopo la possibilità non sfruttata di creare una società in cui giustizia sociale e livellamento delle disuguaglianze potesse realizzare un paese finalmente a livello europeo, ci siamo arenati nelle secche del trasformismo.
Al posto della gattopardesca frase “Tutto deve cambiare affinché nulla cambi”, ci siamo ritrovati di fronte a “Nulla deve cambiare affinché nulla cambi”.
E’ una conclusione un po’ elementare, come d’altronde sono spesso elementari gli enunciati dei cosiddetti politici di oggi.
Gli sloganisti, equamente ripartiti fra Milano e Roma, ma sostanzialmente figli di una retorica sconfitta dalla Storia settanta anni fa, ma non sufficientemente cancellata dalla memoria delle nuove generazioni.
I nullisti, cioè queste formazioni che provengono da un nebuloso caos dell’assenza delle idee, o meglio delle ideologie, e che, dopo un fortunoso Big Bang, torneranno da dove sono venuti, il Nulla.
I mascheristi, cioè coloro che, con dichiarazioni assertive ad effetto, pensano di poter coprire la vacuità delle loro proposte e continuano ad approfittarsi della complicità di chi crede nei loro vessilli, una volta coperti di sangue, ora semplici stendardi al vento, senza significati.
In tutti e tre i casi, quello che ne risulta è un ritorno all’indietro, una sorta di educazione a livello “elementari”, per cui non esiste nessun approfondimento, nessuno studio, nessuna forma di elaborazione intellettuale, ma solo un puro e semplice “I like it” or “Not”.
Tutto converge su un valore numerico, quantitativo e non qualitativo, per cui, al contrario del mondo platonico (Repubblica), i migliori rischiano di perdersi nella massa di coloro che non sanno.
Il concetto, vecchio ma utile, dell’Avanguardia formativa potrebbe essere una soluzione per creare, allora sì, un movimento politico, o comunque una forza di idee, che congiunga le istanze libertarie, democratiche, ugualitarie, che scorrono impetuose dai tempi della Rivoluzione Francese sino ad oggi, sia alla luce del Sole che sotterranee, ad una prepotente necessità di salvare l’ambiente in cui viviamo da noi stessi, cioè dalle distruzioni che l’Uomo ha apportato alla Natura, specialmente negli ultimi duecento anni, una sorta di suicidio.
Tale movimento, tutto da creare, potrebbe rappresentare una risposta alle domande di oggi, combattere con forza il globalismo capitalistico e programmare una difesa della Terra, vista finalmente come Madre.
Sogno o possibile realtà?
Giorgio L. Penzo

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