Europa Verde (Piemonte) sulla questione inceneritore di Frossasco (Torino). “Non ci stiamo”.

Oggi 5 marzo a Frossasco, alcuni attivisti e molti membri dell’Esecutivo Regionale e Provinciale di Europa Verde – Verdi Piemonte e Torino Città Metropolitana  hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal #ComitatoFrossascoAmbiente per protestare contro la costruzione del co-inceneritore che vorrebbe costruire l’azienda turca Kastamonu proprio nella cittadina.
1️⃣ La manifestazione si è svolta in due momenti il primo in cui è stata consegnata, al sindaco di Frossasco, Federico Comba, una lettera scritta dai figli dei membri del Comitato per chiedere attenzione alla tutela ambientale.
2️⃣ In un secondo momento la manifestazione è proseguita su un piazzale pubblico della cittadina di Frossasco, dove si è svolto il confronto tra le diverse personalità locali interessate alla questione.
⚠️ La vicenda è particolarmente sentita da noi Verdi piemontesi, ci siamo presentati a tutti gli incontri organizzati dal Comitato di Frossasco, e numerose sono le associazioni locali che stanno prendendo a cuore la situazione, anche perché questo inceneritore privato brucerebbe un quantitativo di rifiuti tre volte superiore alla produzione di indifferenziata di tutti i 47 Comuni del Pinerolese.
❌ Inoltre non possiamo dimenticare che realizzare questo progetto é vietato dal piano Regolatore del Comune di Frossasco, un elemento da non sottovalutare.
Ma di cosa si tratta esattamente…Il comitato Frossasco Ambiente  ha anche ottenuto la collaborazione di un pool di esperti per presentare circostanziate  osservazioni al progetto della multinazionale turca Kastamonu. Vi si  prevede, come è noto,  la ripartenza dello stabilimento ex Annovati di via Piscina con un impianto di “coincenerimento” (sic).
“Il progetto con le integrazioni richieste dalla Città metropolitana è stato pubblicato a metà dicembre 2021 – continua Galeazzi – per questo stiamo facendo di tutto per permettere di depositare le osservazioni nei tempi dovuti.”  Sull’argomento si era espressa anche la locale sezione di Legambiente che, in collaborazione con altre realtà locali ha partecipato alla stesura delle osservazioni.  Anche l’associazione ambientalista è arrivata alla conclusione che ” (l’impianto) causerebbe danni ambientali per lo smaltimento di una grande quantità di rifiuti e per il trasporto dei materiali, per cui viene stimato il passaggio di più di cento camion al giorno nelle strade di Pinerolo e del bivio di Frossasco”.

La Legambiente conferma così  le sue preoccupazioni, più volte espresse, avanzando  richieste di attenzione in ordine alla valutazione delle istituzioni competenti sulla domanda di riattivazione.

Balza agli occhi innanzitutto la dimensione dell’intervento proposto dalla attuale proprietà che rappresenta quasi un raddoppio delle capacità produttive del sito (fino a 360.000 mc/anno di pannelli truciolari, rivestiti e non da film plastici), un incremento del 50% della superficie coperta con la realizzazione di nuovi capannoni, un incremento rilevante di generazione termica attraverso il coinceneritore di rifiuti e scarti legnosi.

Atteso che la rinascita di un’attività economica con il conseguente risvolto occupazionale e il recupero dei rifiuti legnosi sono obiettivi in via di principio largamente condivisi, non di meno ciò non può esimerci dal chiedere una rigorosa valutazione di compatibilità delle attività proposte con le caratteristiche del sito e dell’area circostante con le sue preesistenze. In ogni caso la proposta di riavvio produttivo non può diventare occasione per realizzare in modo surrettizio un inceneritore dedicato al mero smaltimento di rifiuti, ipotesi peraltro che dovrebbe rientrare, e appunto non rientra, nella programmazione degli impianti di smaltimento di competenza della Città Metropolitana.

In particolare, riprendendo quanto già espresso da Legambiente e dal CVomitato “Frossasco Ambiente” si pongono alle istituzioni competenti  (Comune di Frossasco, Città Metropolitana, Arpa e Asl) richieste ben precise…

.1. La storia del sito produttivo rende imprescindibile che la ditta presenti, se già non compreso nella documentazione progettuale, uno studio di caratterizzazione ambientale del sito che evidenzi eventuali pregresse contaminazione del suolo e del sottosuolo e indichi i rimedi e le misure che si intendono realizzare per la messa in sicurezza e, ove necessario, la bonifica e il recupero dell’area ai fini del rilancio produttivo.

.2. Considerato il rilevante incremento di attività previste (capacità produttiva, copertura di suolo, volumi edilizi, generazione termica, ecc.) e quindi dei conseguenti fattori di impatto (emissioni atmosferiche, odori, rumori, traffico con un incremento di oltre 100 tir/giorno, inserimento paesaggistico, consumo di suolo, ecc.) la valutazione di compatibilità ambientale deve tener conto in modo rigoroso e accurato della natura dell’area circostante e delle sue caratteristiche ambientali, urbanistiche, infrastrutturali, demografiche, insediative e agricole e della sua «capacità di ospitare» un siffatto ampliamento senza subirne una riduzione di qualità ambientale e di sicurezza sanitaria.

.3. All’interno di questa generale valutazione, particolare attenzione va dedicata a chiarire in modo inequivoco se il proposto utilizzo di rifiuti legnosi per la generazione dell’energia termica è coerente per dimensioni, quantità e qualità dei materiali con i reali fabbisogni termici dell’impianto produttivo, al fine di evitare che un’azione che potrebbe costituire di per sè un elemento di economia circolare e di meritoria sostituzione di combustibili fossili non si traduca invece in una surrettizia realizzazione di un polo di smaltimento di rifiuti speciali attraverso l’incenerimento. E ancora, nel caso che la proposta sia coerente con il fabbisogno di energia termica dell’impianto, occorre dimostrare la compatibilità delle sue particolari emissioni con il contesto in cui verrebbe collocato.

.4. Infine se, come paventato da alcuni, la proposta in esame prefigura l’arrivo nel sito delle produzioni di collanti e impregnanti chimici oggi prodotti altrove, in considerazione del fatto che queste produzioni chimiche sono verosimilmente assoggettate alle norme europee e nazionali sul rischio di incidente rilevante (Dir. Seveso), occorre fin d’ora valutare se il sito presenta caratteristiche idonee ad ospitare siffatte attività e in caso negativo occorre che fin d’ora venga chiarita tale impossibilità.

Seguiamo con interesse l’evoluzione della vicenda e, come Redazione, sosteniamo le posizioni di attenzione del comitato “Frossasco Ambiente”  riprese da Europa Verde.

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