L’Euro. E tutto quanto c’era prima divenne archeologia…

L’avvento dell’euro ha mandato in pensione fino ad ora le valute di ben 19 paesi europei, alcune in circolazione da molto tempo.

Il fiorino olandese, ad esempio, circolava nell’area delle Fiandre, attuali Paesi Bassi e Belgio, fin dal XIV secolo, divenendo valuta ufficiale dei Paesi Bassi nel secolo XVII. Erede del prestigioso fiorino aureo di Firenze, “dollaro” del Medio  Evo, e cugino del meno noto fiorino ungherese, fin quasi agli albori della Seconda guerra mondiale fu coniato in leghe nobili (compresi i sottomultipli). Durante l’occupazione nazista dei Paesi Bassi però, a causa della rarefazione di metalli e leghe pregiate, vennero coniati pezzi in zinco, come accadde a molte emissioni di paesi sottoposti al giogo del III Reich.

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Senza considerare la dracma, erede di un altro “dollaro” dell’antichità, la dramma ateniese, rivolgiamo la nostra attenzione alla lira. Abituati al suo progressivo svilimento, noi italiani abbiamo dimostrato spesso poca stima nei confronti della nostra moneta. Eppure, la lira italiana è erede della lira di Carlo Magno tanto quanto la sterlina inglese, che chiamiamo così, ma dovrebbe essere indicata come pound sterling silver, libbra (o lira) d’argento di buona lega.

Figlia della lira del regno di Sardegna, la lira italiana venne introdotta nel 1862, subito dopo l’unità nazionale (1861), per sostituire le monete circolanti negli stati preunitari, rimanendo in servizio fino al 2002, con momenti alterni, dalla parità con l’oro, ai tempi di Giolitti, alla grande svalutazione conseguente al Secondo Conflitto mondiale (AM lire). Le banconote da 500.000 lire o le monete da 100 sono parenti strette della più prestigiosa banconota da Mille, celebrata da una canzone e da un film degli anni Trenta, o della lira d’argento, con la quale si comprava un pollo prima della Grande Guerra. La nostra lira è rimasta la stessa, al contrario di valute più prestigiose, nate sulle rovine di monete precedenti, mi riferisco al marco tedesco (re marco) e al franco francese.

Il primo è figlio di quel Reichmark nato in Germania (1924) dopo l’iperinflazione successiva alla Prima guerra mondiale. Per ben due volte, in cinquanta anni, questo paese ha cambiato moneta e ciò spiega l’attenzione e i timori dei tedeschi verso ogni politica inflazionistica, senza considerare il trauma degli abitanti dell’est dopo la fine della DDR, quando videro ridursi il valore della propria moneta, solo nominalmente pari a quella della Repubblica Federale.

E che dire del vecchio franco francese? Sostituito dal nuovo (1=100 vecchi) nel 1960, al termine di un risanamento finanziario attuato dal presidente De Gaulle. Per buona parte degli anni Sessanta, in Francia, si fece la distinzione fra vecchi e nuovi franchi, anche per evitare equivoci. Ritornando alla lira, per anni si parlò di rivalutazione alla “francese” (£ 1=100/1000 vecchie), ma non se ne fece mai nulla. C’è però un particolare: con la ripresa dell’economia si presentò la necessità di mettere ordine nella circolazione metallica e cartacea, eliminando le vecchie lenzuola da 1000, i titoli di credito da 5000 e 10.000 lire e i biglietti da 50, 100 e 500 lire, con nuove banconote e monete.                                                                                                                      Nel 1954, accanto ai valori da 1, 2, 5 e 10(in alluminio), venne introdotta la moneta da 50 lire (in acciaio) con l’immagine di Vulcano e nel 1955 quella da cento (sempre in acciaio) con la bella immagine di Minerva.

A metà degli anni Sessanta una moneta da cento lire aveva un certo potere d’acquisto: nel 1965, un giornale e un biglietto del tram costavano 50 lire, un Kg di pane 170, un litro di latte 130 e un litro di benzina 120. Verso la moneta da 100 lire c’era sicuramente una certa simpatia da parte degli adulti, quelli che avevano vissuto la guerra, per il potere d’acquisto, che ricordava una moneta del passato, della quale aveva caratteristiche simili: la lira della serie imperiale, emessa fra il 1936 e il 1943. Confrontando i due pezzi, la lira pesava 8 grammi, aveva un modulo(diametro) di 27,7 mm ed era d’acciaio. Il pezzo da 100 lire della Repubblica Italiana pesava 8 grammi, aveva un modulo di 27,8 mm ed era della stessa lega metallica della lira. Idem per i pezzi da 0,50(6,00 gr, 24,00 mm, lega d’acciaio) e da 50 lire (6,25 gr, 24,8 mm, acciaio). L’incisore delle due serie era G. Romagnoli, associato a Giampaoli nella seconda. Non si può non notare una certa continuità, che soprattutto nel periodo del Boom economico faceva presupporre una ritrovata stabilità.

Una storia particolare ha la peseta. Venne introdotta in Spagna nel 1868, per dotare il paese di un sistema centesimale in vista della sua adesione all’Unione Monetaria Latina. Quest’ultima era nata nel 1865 con un patto fra Francia, Belgio, Svizzera, Italia e Grecia, che permetteva alle monete metalliche dei paesi sottoscrittori, avendo le stesse caratteristiche di peso, lega e modulo, di circolare liberamente nei loro territori. Un viaggiatore italiano, in Francia, ad esempio, era obbligato a cambiare la valuta cartacea ma poteva spendere quella metallica senza alcun problema.

La Lega Latina fu un vero e proprio tentativo di unificazione monetaria a vantaggio dei commerci e altri paesi aderirono all’iniziativa: oltre alla Spagna, cito l’impero asburgico, la Svezia, l’impero russo, la Bulgaria, la Serbia, Venezuela, Perù, Brasile, Argentina.

La Grande Guerra sconvolse ogni cosa.  La Lega venne sciolta nel 1927.

 

 

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