L’Italia rischia di perdere il treno della tecnologia verde

L’economista dell’innovazione Daniela Palma avverte che, dopo i combustibili fossili, l’Italia potrebbe dipendere da altri paesi anche per le energie rinnovabili. (Nature italy – 2 marzo 2022)

La dipendenza dai combustibili fossili, oltre a contribuire al cambiamento climatico globale, può mettere a rischio il futuro di un paese. Più del 40% delle importazioni di gas naturale dell’UE provengono dalla Russia, e i paesi europei che dipendono fortemente dal gas russo – come l’Italia – potrebbero essere colpiti in modo particolarmente duro dalle conseguenze della crisi ucraina. Senza contare che questa dipendenza compromette la capacità di alcuni paesi di agire liberamente e in modo indipendente sulla politica estera. Le tecnologie a basse emissioni di carbonio, come le energie rinnovabili, sono essenziali per raggiungere gli obiettivi di emissione di gas serra definiti a livello globale, e quindi per combattere la crisi climatica. Possono anche aprire la strada a una maggiore stabilità e sicurezza geopolitica, e all’indipendenza energetica.

Un recente rapporto sul sistema energetico italiano pubblicato dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), mostra che l’Italia è in ritardo rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda i brevetti sulle tecnologie verdi. Il rapporto descrive una diffusa e forte “despecializzazione tecnologica” e “nessun segno di miglioramento apprezzabile”. Mentre paesi come Germania, Francia, Belgio, Danimarca, Spagna, Svezia si stanno specializzando, l’Italia perde terreno in tutti i settori, ad eccezione del solare termico (vedi tabella 1). L’Italia, in altre parole, rischia di trovarsi ancora una volta a dipendere da altri paesi.

Nature Italy ne ha parlato con Daniela Palma, prima ricercatrice all’ENEA nel settore dell’economia dell’innovazione e autrice della sezione del rapporto dedicata alla despecializzazione, per capire come questo processo stia interessando l’Italia, e cosa si può fare per contrastarlo.

Cos’è la specializzazione tecnologica?

È una misura del percorso di innovazione di un paese in un dato settore, ed è il rapporto tra la quota globale di brevetti che un paese ha in un campo specifico, e la quota di brevetti che ha su tutte le tecnologie. Questo rapporto di intensità ci dice quanto il paese si sta concentrando sull’innovazione in quel settore, e misura quindi un vantaggio relativo.

Perché è importante, in particolare quando si tratta di tecnologie energetiche?

Diventare forti innovatori in certi campi permetterebbe all’Italia di evitare la dipendenza tecnologica da altri paesi. Oggi, per esempio, abbiamo una dipendenza energetica, cioè importiamo combustibili fossili. La dipendenza tecnologica dalle rinnovabili sarà altrettanto cruciale. Se non abbiamo indipendenza in questo settore, importeremo energia [a basse emissioni di carbonio] e quindi genereremo una nuova dipendenza. Abbiamo analizzato una serie di tecnologie centrali per il processo di decarbonizzazione, che riguardano le fonti rinnovabili e le tecnologie di potenziamento come le batterie, per esempio, o l’uso di auto elettriche.

Quali sono i risultati?

A livello globale, i brevetti sulle tecnologie a bassa emissione di carbonio come l’energia solare ed eolica, le batterie e i veicoli elettrici sono aumentati di recente, e ora rappresentano oltre il 40% di tutti i brevetti nelle tecnologie legate all’ambiente. L’Italia ha un punto debole perché innova sulle rinnovabili meno della media di tutte le tecnologie, con un’eccezione relativa all’energia solare termica. Abbiamo scoperto che c’è una tendenza a importare tecnologie rinnovabili. L’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi europei che, invece, innovano in modo diversificato.

Il rapporto si basa sull’analisi dei brevetti. Perché? E quanto dello “svantaggio” dell’Italia si basa su problemi procedurali legati ai brevetti piuttosto che su una mancanza di ricerca innovativa?

I brevetti sono una misura “imperfetta” dell’invenzione e dell’innovazione, perché in alcuni settori tecnologici c’è una tendenza a richiedere e rilasciare più brevetti che in altri. Ma per le tecnologie a low carbon sono molto importanti. La situazione italiana è certamente legata a un problema di fondo di investimenti in ricerca, e alla struttura del sistema industriale [italiano], che è relativamente più povero di altri paesi europei. La capacità innovativa è legata alle caratteristiche del sistema nel suo complesso.

La despecializzazione è anche legata all’aumento dei prezzi dell’energia?

L’attuale aumento dei prezzi dell’energia è visto dalla maggior parte degli analisti come transitorio. Tuttavia, alcuni paesi si sono impegnati a diversificare la loro produzione di energia più [dell’Italia], e ora ne sono meno colpiti. L’Italia dovrebbe concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine della decarbonizzazione. Naturalmente, questo significa anche limitare la dipendenza dalle fonti di energia più tradizionali che generano tensioni sui prezzi dove siamo più vulnerabili. Lo sforzo dell’Italia dovrebbe ora rivolgersi a cercare un maggiore allineamento con quanto fatto nel resto d’Europa.

Cosa può imparare l’Italia da quei paesi europei che stanno già innovando? Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) può cambiare le cose?

I paesi più comparabili in termini di dimensioni economiche, come Francia e Germania, tendono ad avere un sistema innovativo più robusto che ha permesso loro di generare investimenti in nuove tecnologie energetiche. Il nuovo piano che si basa sui finanziamenti europei è incredibilmente importante, ma deve essere combinato con politiche di rafforzamento del sistema di ricerca e innovazione attraverso misure di bilancio ordinarie. Il PNRR deve essere accompagnato da una maggiore capacità complessiva di indirizzare le politiche economiche verso un rafforzamento di tipo infrastrutturale, soprattutto nel settore della ricerca e dell’innovazione.

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