Maurizio Calvesi, l’arte dell’esperienza

 

Tra i trentamila volumi della sua biblioteca, quale è il più amato ?

Non mi è apparso affatto strano, a differenza del giornalista del Corriere che nel 2001 gli pose questa domanda, che Maurizio Calvesi, afferrò subito e senza incertezza alcuna, dalla enorme biblioteca realizzata per lui da Ceroli, una copia lisa di Psicologia e alchimia di Carl Gustav Jung, edita nel 1951 da Astrolabio.

Il mio sentire è che tutto ci è contemporaneo, l’Arte ancor più ha questa capacità, come un potente teleobiettivo ci partecipa della nostra infinita passione e della sua inscindibilità con ogni sapere dell’umano, quando naturalmente il sapere del logos si fonde con quello del mithos.

E persone come Maurizio Calvesi, grande critico e storico, allievo di Venturi e Argan, scomparso pochi giorni fa, ha saputo illuminare tutti i fili che costituiscono il nostro tessuto umano, nel dritto e nel suo rovescio, tessuto che via via riusciamo a decodificare quando ci lasciamo permeare dall’inconsueto, quando permettiamo al divino di aiutarci a scoprire nei nostri peggiori anfratti i semi trasformativi a cui siamo chiamati come co-creatori.

Leggendo quel libro di Jung, Calvesi dice : “capii che La Melanconia di Durer era l’allegoria della prima fase della nerezza alchemica” , e questo fu il punto di partenza che lo portò al suo folgorante saggio edito da Einaudi: La Melanconia di Albrecht Durer.

Duchamp, i futuristi, la passione per Burri, la Cappella Sistina, Caravaggio, la Pop Art tra i tanti suoi interessi, ma quel che mi preme soprattutto dire e che forte sento, è soprattutto l’Arte dell’esperienza che in Calvesi, come in ogni vero Artista – che ogni uomo e donna sono un nuce –

quella che ci fa davvero incamminati verso un nuovo possibile umanesimo.

I simboli sono i mattoni ultimi con cui è costruita la realtà.

E’ l’Arte della mutua fecondazione, per dirla con uno dei maggiori portatori sani di questa capacità – Raimon Panikkar – quella che potrà fare la differenza nel nostro quotidiano avvenire.

La vita reale non è riducibile alle informazioni biologiche e chimiche sui processi vitali, sono gli eventi unici quelli che ci fanno prendere atto che è solo “trascendendo il mentale “ che possiamo fare esperienza della Vita e della sua nudità. Ed è solo entrando in contatto con quello che dell’altro ci appare incomprensibile che possiamo sciogliere bisogni di potere e di supremazia.

La fiducia non ha bisogno subito della critica, che serve naturalmente, ma solo se sappiamo essere fiduciosamente aperti il dinamismo del cosmo si muoverà con noi.

Umanesimo interculturale vuol dire accogliere le varie autocoscienze umane che differenti culture mostrano e che appartengono alla natura stessa di ciò che l’essere umano è .

Questo non significa garantire una coesistenza pacifica o un regno paradisiaco, ma fare esperienza che, come le nuvole, tutto si evolve, si trasforma , e sono solo le condivisioni reciproche, i racconti delle nostre esperienze che ci saziano di quel sano cibo ben lontano da forze anoressiche o bulimiche.

Che bello imparare a distinguere senza per questo separare! Impariamola una nuova e non vana parola “ advaita”: posso definire come sono le cose oggettivamente e contemporaneamente aspirare a raccontare la natura dell’essere, la realtà è anche simbolica ed è di questo che ci siamo privati, esiliandola come arcaica e primitiva.

Sono le culture che abbiamo chiamato sottosviluppate che hanno ancora in sé la potenza che ci difetta, la capacità di connettere testa e cuore, di rimettere in circolo un pensiero critico che sveli la miseria di cui ci circondiamo senza dimenticare la misericordia del pensiero del cuore.

Ci identifichiamo con il processo tecnologico e scientifico, ci inginocchiamo davanti all’economia senza renderci conto della nostra profonda nostalgia del sacro; un sacro da riattualizzare e rimetterci in vena come sangue purificato e risorto.

“La macchina è fatta per l’uomo e non l’uomo per la macchina “, parafrasando le sagge parole :

“la legge è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge”.

E’ sempre da attraversare il deserto e sempre promessa è la terra, ogni volta ogni cosa, ma essere stati è tutto, dice Rilke.

E tornando all’Arte, nulla è più sapiente di Lei, ci insegna l’arte dell’ascolto, la capacità di riconoscere la verità delle emozioni, buone e cattive, nella vita degli uomini. Ci aiuta ad ascoltare quella voce profonda che porta in superficie nuovi principi, valori umani, sociali e solidali da ricomporre ogni volta, inginocchiati davanti al Mistero, cospiratori e visionari.

Mi hanno aiutato in queste riflessioni: i ricordi dei Grandi Maestri e:

Giuseppe Cognetti: Fra Panikkar e Jung – un nuovo umanesimo interculturale – Triquetra cirpit – Mimesis editore

Carl Gustav Jung . Psicologia e Alchimia – Opera Omnia – Bollati e Boringhieri

Raimon Panikkar: Mithos e Logos – Opera Omnia – JacaBook ditore

Raimon Panikkar: l’ate del dialogo – JakaBook editore

Andrea Calvi: Quel che resta di Dio – Moretti e Vitali Editore

Yuval Noah Harari: 21 lezioni per il XXI secolo – La Repubblica

Hermann Hesse: il coraggio di ogni giorno – Mondadori

I miti – varie letture di Kereny

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