Mette male se anche Chomsky vacilla…

Noam Chomsky, quasi centenario lo conoscono tutti. Nasce a Filadelfia il 7 dicembre 1928.  In una delle “vulgate” che lo riguardano viene definito  “un filosofo, linguista, accademico, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione, attivista politico e saggista statunitense”. Docente emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. Parallelamente a ciò, Chomsky è particolarmente noto per il suo attivismo ed impegno politico, d’ispirazione socialista libertaria. La costante e aspra critica nei confronti della politica estera di diversi paesi, in particolar modo degli Stati Uniti, così come l’analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali, lo hanno reso uno degli intellettuali più celebri e seguiti della sinistra radicale statunitense e mondiale. E questa aura di saggezza a 360 gradi lo circonda ancora oggi. Sul Corriere della Sera (1) viene riportata una sua intervista sull’attuale  crisi ukraina che ha alcuni passaggi di un certo interesse.

Come sempre non ha peli sulla lingua e si esprime in modo schietto e diretto.  Afferma “in linea di principio, i criminali di guerra dovrebbero essere arrestati. In pratica, i potenti sono autoimmuni. Per trent’anni il governo USA è stato avvertito da diplomatici e CIA sulle preoccupazioni russe“. Interessante affermazione che potrebbe suonare come una excusatio non petita di quanto ha fatto la “cerchia Putin” a partire dal 26 febbraio. Sembra quasi di risentire quelle battute da talk show televisivo in cui, disperatamente, si cerca di scusare l’inescusabile. Ma non è così. E’ troppo fine il nostro Chomsky per prestarsi a questo tipo di considerazioni.

Comunque, continuiamo …”Come l’invasione americana dell’Iraq e l’invasione della Polonia da parte di Hitler e Stalin, l’invasione russa dell’Ucraina è un esempio da manuale di ciò che il Tribunale di Norimberga ha definito il crimine internazionale supremo, che differisce dagli altri crimini di guerra in quanto contiene in sè la somma di tutti i mali. Nel caso dell’Iraq, ciò include l’istigazione a conflitti etnici che hanno lacerato il Paese e la regione, l’ascesa di Isis e altri orrori“. Quindi si tratta di “esempio da manuale”  degno del Tribunale di Norimberga e come “crimine supremo” da trattare con la massima severità. Parole di Noam Chomsky… Visto che il passaggio iniziale, se mal digerito, avrebbe portato a conseguenze non corrette?

Ma vuole rincarare la dose e, in un momento di perfidia massima non esita a combinare l’attacco proditorio del 26 febbraio ad attacco al processo di riequilibrio globale, planetario per quanto riguarda i cambiamenti climatici. Infatti afferma… “E’ troppo presto per pronunciarsi sul <male come la somma di tutti i mali> ma è già sostanziale, a prescindere dagli orrori in Ucraina. Ha invertito gli sforzi per affrontare la crisi del riscaldamento globale, suscitando un’euforia nei maggiori produttori di petrolio, liberati dal fastidio degli ambientalisti e lodati come salvatori della civiltà mentre raccolgono enormi profitti e aiutano i buoni contro i cattivi“. Quindi il disastro è già stato consumato. E su più piani.

Anche se ogni tanto si lascia prendere dalla malinconia e da una qualche forma di compassione…”In linea di principio, i criminali di guerra dovrebbero essere arrestati e processati. In pratica, i potenti sono autoimmuni. Solo i deboli e i vinti sono soggetti a processi per i loro crimini“. Con una risposta implicita. A perdere, in definitiva, sono solo i deboli e i criminali di guerra, mentre  i dittatori, se astuti e non troppo fuori dagli schemi (da intendere come coloro che danno troppo nell’occhio) la passano liscia.

E qui si lancia in un commento che fa pensare….”Zelensky ha mostrato grande coraggio e integrità nel guidare l’Ucraina in difesa dall’aggressione omicida” . Frase che parrebbe invalidare l’assioma precedente dove i “deboli” vengono sempre sconfitti ma forse, in questo caso, vi è un rovesciamento di ruoli. Assai interessante. E’ Zelensky e la “resistenza ucraina” a diventare forte e improvvisamente credibile come baluardo nei confronti dell’  “aggressore omicida“. Non solo una assoluzione ma un plauso assoluto al sostegno (par di capire, anche militare) a tutti i “resistenti” ucraini. E la parola “resistenti” non la si usa per caso.  Ma subito dopo c’è una sterzata, quasi il timore di andare ad impantanarsi in un’area piena di sabbie mobili….”La nostra preoccupazione dovrebbe essere il destino degli ucraini. Il modo per salvarli da un ulteriore disastro è quello di passare a una soluzione diplomatica. L’invio di armi dovrebbe essere deciso in base al fatto  che possa aiutare o danneggiare le vittime ucraine. Entrambi gli scenari sono possibili, ovviamente“. E questo cruccio dell’invio delle armi porta quasi automaticamente alle considerazioni su come deve attuarsi una “resistenza”, in quale modo può essere espletata e con quali strumenti.  E, quasi naturalmente, il pensiero va al periodo resistenziale italiano…   “La <liberazione> dell’Italia da parte degli Alleati è questione complessa. Quando le forze alleate liberaron0 l’Italia meridionale nel 1943, stabilirono il governo Badoglio e della famiglia reale, accogliendo i collaboratori fascisti, come nella Germania liberata. Mentre si dirigevano verso il nord, disperdevano la resistenza antifascista e smantellavano gli organi di governo locali che i partigiani avevano formato nel loro tentativo “di creare le basi per un nuovo Stato democratico e repubblicano nelle varie zne che riuscì a liberare dai tedeschi”, cito Gianfranco Pasquino. Negli anni successivi gli Usa intervennero radicalmente in Italia per far sì che la destra conservasse il potere”. Da notare che “accogliendo i collaboratori fascisti” e il successivo passaggio sullo smantellamento delle abbozzate strutture partigiane di governo autonomo, sono frutto del pensiero e dell’espressione libera del prof. Chomsky. Senza infingimenti ci ricorda quello che sappiamo tutti. La reazione americana alla autonomia italiana, prima di marca fascista con marcette e dichiarazioni pompose, poi “partigiana” quindi poco gestibile, si è ispirata ad un saldo principio di normalizzazione e ritorno nell’alveo della “democrazia liberale”, in questo caso “atlantica”.

C’è comunque una concessione ad entrambe le resistenze, messe a confronto. Ma Chomsky non va oltre…”Ci sono naturalmente molte differenze tra la resistenza partigiana e la resistenza ucraina guidata dall’esercito contro l’aggressione russa. La somiglianza cruciale è che entrambe sono eroiche e pienamente giustificate“. Ma, evidentemente, anche questo argomento della “modalità di resistenza” lo lascia perplesso. E passa ad un’altra questione delicata e assolutamente centrale, quella delle “sanzioni”….”La mappa delle sanzioni è significativa. La maggior parte del mondo non partecipa. Le sanzioni sono state imposte dall’anglosfera, dall’Europa e da quelli che l’Apartheid sudafricana ha definito “bianchi onorari” come il Giappone. Praticamente il mondo intero condanna duramente l’invasione russa, ma aggiunge “E allora?”. Ribattendo che gli Usa e i loro alleati sono impegnati in atrocità scioccanti proprio in questo momento in Afghanistan, Yemen, Palestina...” Una reazione alla Orsini che proprio non ci aspettavamo ma che fa parte delle contraddizioni insite nel mondo del progressismo americano e che si riverberano, qui da noi, soprattutto nel centrosinistra. E così, salomonicamente, si avvia alla conclusione provando ad immaginare una soluzione possibile, non cruenta e ragionevole. ….”Le guerre possono finire con la distruzione di una parte in causa, come in Cecenia o Iraq, o con una soluzione diplomatica. Nel caso dell’Ucraina, i contorni di base di un accordo diplomatico sono chiari da tempo: neutralizzazione dell’Ucraina come l’Austria durante la Guerra Fredda e qualche accordo sulla falsariga di Minsk II per una federazione con notevole autonomia per la regione del Donbass. Ma gli Stati Uniti si rifiutano ancora di perseguire una soluzione diplomatica, così come la Cina, che potrebbe anche assumere un ruolo costruttivo se lo volesse“.  Ma ritornare a “Minsk II”,  allo stato attuale delle cose pare una pia illusione, non degna di un pensatore di quella levatura. E allora perchè va a finire proprio lì, dove – prosaicamente – un po’ tutti terminano i loro percorsi di analisi politica? Immaginiamo che nemmeno a lui siano venute idee migliori e che alcune, possibili, non siano state nemmeno prese in considerazione. Come per esempio quella di una crisi interna all’establishment russo oppure un rilancio delle Nazioni Unite, come unico garante mondiale riconosciuto e riconoscibile sia della pace che della prosperità planetaria. Invece, freddissimo, ci ricorda che Stati Uniti e Cina all’autonomia del Donbass potrebbero continuare a porre condizioni, seppure con obiettivi opposti. Una crisi senza sbocco, destinata a complicarsi sempre più. Una fotografia sconfortante dell’esistente che ci conferma solo gli scenari più foschi. Se anche Chomsky diventa ondivago e contraddittorio…davvero…siamo “mal presi”.

(1) https://www.corriere.it/politica/22_aprile_20/noam-chomsky-intervista-cf885756-c014-11ec-9f78-c9d279c21b38.shtml

 

 

1 Commento

  1. Caro Direttore, come tu ben scrivi siamo in una fase difficile, oscura perfino. La guerra é portatrice di tragedie e di falsità. Tutti possiamo avere qualche tentennamento, cadere nell’inganno della cattiva informazione che ci viene propinata dalle parti in conflitto. Detto ciò, pur condividendo alcune tue considerazioni, desidero ribadire la stima (da te condivisa) verso Noam Chomskj (con il quale, per altro, siamo co-autori di un libro “Il pianeta unico”) per il grande apporto che ha dato (e continua a dare) alla lettura delle crisi del mondo, all’interpretazione e alla condanna netta del neoliberismo oppressore e per il suo impegno a costruire nuovi rapporti sociali e politici per un mondo migliore di pace e di solidarietà fra i popoli. Sulla questione Russia-Ucraina le opinioni sono divergenti, anche nell’ambito della sinistra italiana e mondiale. Per quel tanto di sinistra che é rimasta in piedi. Con i più cari saluti. Agostino Spataro

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