Per Guido Fink

La scomparsa, intervenuta mercoledì 7 agosto (a 84 anni e a tre esatti da quella del suo inseparabile amico e compagno di strada e di lavoro Lorenzo Pellizzari) di Guido Fink -anglista, critico cinematografico, letterario e teatrale di livello e qualità assolute- ha impoverito la cultura italiana, facendole perdere uno dei suoi rappresentanti più alti ed illustri. Ma ha anche -purtroppo e fortunatamente, nello stesso tempo- liberato Guido dal vincolo spietato di una prigione inevadibile: quello in cui lo deteneva da troppi anni la malattia che lo aveva colpito irreversibilmente proprio nell’esplicazione delle sue più alte e nobili facoltà, quelle intellettuali.

Per Alessandria Guido è stato una presenza importante: per l’amicizia stretta e la collaborazione sistematica con Adelio Ferrero, fin dagli anni Cinquanta quando -oltretutto coetanei- erano entrambi giovani laureandi e collaboratori alle prime armi di “Cinema nuovo” ancora quindicinale in edicola. Come suo fiancheggiatore stretto all’ateneo bolognese e nell’impresa di “Cinema e Cinema” fino alla tragica scomparsa di Adelio; come perno insostituibile della giuria del Premio intitolato alla sua memoria fin dalla prima edizione (1978: e vinsero ex-aequo proprio due suoi allievi!); come premiato -con grande commozione generale, già inesorabilmente colpito dalla malattia- col “guantone d’oro” alla carriera critica, nella quarta edizione di “Ring!”, insieme a un altro grande maestro dello scrivere di cinema e dell’insegnarlo, Mino Argentieri (2005: forse la sua ultima apparizione in pubblico: quando, negli anni immediatamente successivi, partecipando con Roberto Santagostino a due convegni nazionali FIC a Fiesole, si passava davanti alla sua casa in via della Piazzuola, mancò il coraggio di suonare il campanello).

Avevo già avuto modo di scrivere di lui proprio qui (La triade magica, febbraio 2018), sulla scia della scomparsa di un altro amico alessandrino strettamente partecipe remoto di quella temperie, Roberto Prigione. Un volume che citavo nell’occasione (FinkFest. Letteratura, cinema e altri mondi. Guido Fink nei luoghi del sapere, Aras, Fano 2016) si conclude con un vastissimo tentativo bibliografia dei suoi scritti, tanto imponente quanto… dichiaratamente non esaustivo! Nello scorrerla viene da chiedersi -e lo annota, tra gli altri, anche il suo amico e collega Massimo Bacigalupo nello stesso volume- come abbia potuto produrla: «Ê stato talmente poco trombone e soverchiante, talmente schivo e antiprotagonistico, che perfino chi lo conosce bene stenta a capacitarsi della magnitudine del suo contributo agli studi di cui si è occupato. […] Fink è un ottimo saggista, uno dei migliori che abbiamo, ma per quanto sprizzi intelligenza a ogni frase, non è mai autoreferenziale e i suoi saggi sono fra i più documentati (senza pignoleria ma con precisione) che io conosca. Dove abbia trovato il tempo di leggere tanti libri, raccogliere tante schede e vedere tanti film è un mistero».

Gli è riuscita la straordinaria impresa di essere insieme accademico e militante. Nella prima veste, docente impareggiabile a Pescara, poi a Bologna e infine nella Firenze residenziale, oltre che in una smagliante direzione dell’Istituto Italiano di Cultura a Los Angeles. Nella seconda, collaboratore di vaglia, via via, di «Cinema nuovo», de «Il Mondo», del «Messaggero», di «Paragone» (dove debuttò da giovane segretario di redazione, presto prediletto da Roberto Longhi e Anna Banti…) e di «Cinema e Cinema», della quale fu anche direttore per alcuni anni.

Ma in tutti i contributi evocativi del libro, come nei peraltro non adeguati necrologi di questi giorni (parecchia “grande stampa” ha reiteratamente quanto indegnamente “bucato” la pessima notizia: molto bene al solito Capitta e la lettrice Antonia Baraldi Sani nel «manifesto» del 10 agosto) ricorrono gli stessi motivi: l’ammirazione per il grande studioso e il suo modo tanto schivo quanto ficcante di esserlo; la simpatia e il calore umano, l’ironia e il modo di vivere inarrestabilmente amicale e solidale di questo eterno ragazzino sapiente, il cui passaggio ha segnato di luce indelebile l’esistenza di quanti abbiano avuto il piacere di accostarlo e conoscerlo (o anche soltanto di leggerlo o ascoltarlo!). Gli si debbono, senza discussione, tra le mille altre cose, anche da parte dei semplici appassionati di cinema, i due migliori “Castori” in assoluto della purtroppo cessata serie di piccole monografie sui registi, il Lubitsch del 1977 e il Wyler del 1982; il libro di cinema forse più profondo, originale e brillante concepito in lingua italiana negli ultimi decenni (Non solo Woody Allen: la tradizione ebraica nel cinema americano,Marsilio 2001) più infinite altre cose che non si smetterebbe mai di elencare, ma che il lettore interessato potrà ritrovare nella bibliografia di cui sopra. Con l’avvertenza che quando si comincia a leggere Fink non si smetterebbe più!

Chi non avesse avuto la ventura di accostarlo direttamente, potrà ritrovarne le ineffabili leggerezza e umanità in un curioso video: Guido Fink e amici – Bagni di Lucca, giugno 1988, dello stesso Bacigalupo, depositato alla Mediateca Regionale Ligure (https://www.youtube.com/watch?v=Sdl5HX7ryO8).

Per Giuliana Callegari e per me, l’amicizia e la consuetudine con Guido hanno segnato un motivo ricorrente e conduttore degli ormai lontanissimi “migliori anni della  nostra vita”. Sono orgoglioso di avergli potuto consegnare di persona -e con lui, in accostamente tanto casuale quanto carico di significati, a Mino Argentieri- il “guantone d’oro” alla carriera critica nella quarta edizione (2005) del defunto festival della critica alessandrino “Ring!”. E anche di avergli potuto dedicare un lavoro consacrato alla “sua” Anna Banti, in occasione di un genetliaco importante (Guido era nato a Gorizia il 28 luglio 1935): «A Guido Fink, per i suoi ottant’anni, con devozione nostalgia riconoscenza».

                                                                               [ n.l ]

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