Ritorno al fronte Covid

Si torna al fronte. Il fronte Covid. Ci concediamo un altro paio di settimane, forse tiriamo fino a Ferragosto. Ma l’aria è cambiata di nuovo. I numeri sono tornati a salire. Non quelli dei decessi, per fortuna, che restano ancora contenuti. Ma i contagi stanno accelerando, rapidamente. E già sono tangibili gli effetti sull’industria vacanziera, quella per cui erano stati abbassati quasi tutti i livelli di guardia. Chi vuole farsi le ferie fuori Italia ci ripensa, visti i disagi cui rischia di andare incontro. E così, inevitabilmente, faranno molti degli stranieri che pensavano di tornare in Italia. I danni sono, al momento, imprevedibili. Ma si è capito che non sarà l’estate spensierata cui tutti ambivamo. E, soprattutto, che l’autunno sarà di nuovo assediato da discorsi, liti e provvedimenti su come provare a tamponare il ritorno del virus.

Una parte del copione – purtroppo – già l’abbiamo sperimentata. Ci sarà il drappello dei virologi catastrofisti che tornerà a ingrossarsi, con l’elenco degli errori imperdonabili e – in gran parte dei casi – inevitabili. In primis, i campionati europei. Untore predestinato con la catena di assembramenti – negli stadi, nelle piazze, nelle ammucchiate davanti alla Tv. Poi, le discoteche, calamita di giovani danzanti e urlanti per le spiagge di mezza Europa. E via verso baretti e pizzerie, movide sudaticce e alticce. Sul banco degli imputati, sempre loro: ragazze e ragazzi under trenta, gli stessi che stanno facendo risalire le statistiche dei contagiati. Accusati del peccato più grave: volersi riprendere la vita, dopo un anno di prigionia. E alla fine – malvolentieri – assolti. Perché alla fine, in democrazia, la colpa è sempre di chi ci governa.

Il secondo atto del copione prevede, infatti, che si riaccenda lo scontro politico su cosa sarebbe stato meglio evitare e se e come porre rimedio. Massimo per i primi di settembre, preparatevi a sentire di nuovo gli squilli – contrapposti – delle trombe partitiche. Più vincoli, pass sanitari, controlli. O, al contrario, più libertà di movimento. Uno schema che si sta già delineando. Con il centrosinistra da una parte e il centrodestra, riunificato, dall’altra. In mezzo, il povero Draghi. Impegnatissimo a fare andare avanti i primi pezzi del recovery plan, e a dimostrare all’Europa che l’Italia, oltre a vincere le partite di calcio, riesce a giocarsi anche quelle finanziarie, amministrative, sociali. A cominciare dall’osso più duro, quella riforma della giustizia su cui già si intravedono barricate, e imboscate.

Ma il problema principale, per il Premier, è che non gli lasceranno molto tempo per dedicarsi al lavoro per il quale è stato scelto a Palazzo Chigi. Più si avvicina la scadenza fatale dell’elezione del Capo dello Stato, più si riaccendono le tensioni sulle misure per fronteggiare il Covid, più i partiti sfrutteranno ogni occasione per darsele di santa ragione. E l’occasione più ghiotta arriverà con la campagna per le amministrative. A cominciare dalla data, su cui difficilmente si troverà l’accordo. Se – come sembra – si proverà ad anticiparla, sarà il segnale inequivocabile che ci si sta preparando per il peggio. E questo segnale – a cascata – impatterà sull’altra scadenza di mobilitazione di massa in calendario per fine estate: la riapertura delle scuole. La spinta a riportare tutti in aula è – ideologicamente – fortissima. Trovando, per una volta, concordi tanto la destra quanto la sinistra. Ma il risultato rischia di non essere molto diverso dall’aver riportato – due mesi prima – tutti sugli spalti, e sulle piste da ballo. Il fine sarà certo più nobile, ma si sa che virus non olet. E il rientro prematuro sui banchi rischia di avere conseguenze drammatiche.

Se siete giunti alla fine dell’articolo senza cedere allo sconforto, vi meritate uno spiraglio. Oltre ai virologi, anche i politologi spesso sbagliano le previsioni. Soprattutto quando il sistema è in piena crisi di transizione, e sono troppo numerose le variabili che possono cambiare direzione. Inoltre, nel caos delle spinte e controspinte parlamentari, a Draghi resta la stella polare degli equilibri internazionali. Ne ha lui le chiavi, e ne è il garante. I partiti lo sanno bene. E il premier, all’occorrenza, farà di tutto per rammentarglielo.

di Mauro Calise.

“Il Mattino”, 19 luglio 2021.

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