“ Sento che tra noi …”

Armida, Amanda, Agnese, che in comune avevano soltanto l’iniziale del nome, s’erano date appuntamento per mettere a punto una strategia di genere amoroso al cui confronto la conferenza di Yalta si sfuma nella Storia.

Armida, mente guizzante e razionale, vedeva oltre quello che agli umani è dato di vedere: a lei il compito della sintesi nonché mettere a disposizione il suo accogliente giardino in campagna per dare corso alle consultazioni. Minuta ed energica, avrebbe dato impulso alla discussione menando fendenti al superfluo per ricondurre le parole all’essenziale. Non è secondario attribuire al nome Armida, d’intelligenza esperta ed animo vigoroso quale è l’affascinante personaggio del Tasso, un’influenza sul carattere della persona.

Anche Amanda aveva un destino nel nome avendo trascorso la vita ad innamorarsi nella speranza di essere “colei che deve essere amata”. Per nulla attratta da relazioni superficiali, vagheggiava amori da romanzo sui quali trasferire le proprie aspettative: se li era sposati tutti, salvo separarsene quando queste si rivelavano deludenti. A parte ciò, aveva sviluppato una competenza non comune nell’individuare le fragilità e le strategie dell’altro sesso a suo parere meno scaltro in materia di seduzione. Infatti non ne sbagliava una nelle grandi manovre che preludevano al compimento dei suoi piani: sbagliava persona, ma ciò non toglie nulla ai suoi meriti. Per questo era considerata un’esperta da consultare in caso di necessità, proprio come Agnese che si trovava impantanata in una situazione dalla quale non riuscire a districarsi.

Agnese… si può dire che, contrariamente alle altre, il nome corrispondeva alla prima parte della sua vita, non alla seconda. Fino a quarant’anni aveva vissuto un’esistenza sottomessa alla grettezza del marito: solo lavoro e lavoro in una piccola impresa familiare che aveva fruttato loro un bel gruzzolo solo da “contare”… unico svago concesso alla coppia. Poi, come raramente accade, una saetta di Giove era giunta sulla Terra a fare giustizia così da renderla inaspettatamente vedova e le qualità mortificate nei lunghi anni sconsolati erano emerse sorprendendola: creatività, energia di vivere, desideri da appagare ed anche investimenti immobiliari. Una nuova vita. Del passato le rimaneva solo quel nome da massaia che purtroppo non poteva cambiare.

Finalmente curata nell’aspetto e nel vestire si era trasformata in una donna graziosa in cui scorgere qualità ignote ed ignorate per tutti gli anni trascorsi in quell’infelice matrimonio. Nuove amicizie e nuovi interessi culturali le avevano svelato un mondo da cui trarre esperienze e conoscenza.

Fu una sera a teatro l’Incontro di quando meno lo si aspetta. La circostanza d’un banale caffè dell’intervallo, la vicinanza d’un bell’uomo nella forma e nella sostanza, solo, scapolo, età giusta e pure libero professionista … che a cercarlo con la lanterna di Diogene non era dato trovarlo.

Dal primo appuntamento del sabato seguente e via così per tutti i fine settimana di un anno intero avevano accumulato cene, pizze, teatri, cinematografi, mostre, manifestazioni di ogni genere conseguendo una conoscenza reciproca che si fermava al portone della casa di Lei … . Non un azzardo, non un minimo segno di Lui a coronare quell’armonia di coppia con l’atto conclusivo che avrebbe reso reale il desiderio inappagato d’un “amplesso catartico” perché Agnese, dibattuta tra insoddisfazione storica e desiderio, così lo sublimava con un linguaggio ricercato. Le tante letture le avevano aperto la mente alla cruda verità di anni trascorsi nel tetro talamo coniugale, un’insopportabile lunga penitenza che ora le tormentava la carne. Fu a quel punto della storia che l’intervento di Armida, detta anche la Santa dell’impossibile, si rivelò risolutivo nel suggerire ad Agnese di superare il pudore e consultare Amanda che ancora non conosceva.

Il teatro dell’incontro, curato in ogni particolare, fu allestito da Armida in un soleggiato pomeriggio primaverile. Il tavolo apparecchiato sotto la magnolia offriva bevande di ogni genere e vassoi di dolci e salati per il tè da servire in preziose porcellane. Un vaso di fiori di campo aggiungeva un tocco di grazia all’incontro delle tre congiurate che si trovarono presto a loro agio. Amanda, tra le due, occupava il posto d’onore così da accogliere le confidenze dell’una e i suggerimenti dell’altra.

Sollecitata da Armida, Agnese si lasciò andare al racconto che si faceva più confidenziale. La stranezza della storia era che i due sembravano fatti l’uno per l’altra, ma c’era davvero qualcosa di anomalo nel suo comportamento di scapolo quarantenne da dare adito a due considerazioni: la prima che fosse ancora mammadipendente, eterno infante in cerca di una donna matura disposta a caricarselo addosso. Curioso che non avesse avuto storie importanti da rimpiangere o ricordare. Così pareva.

Una volta appurato che viveva da solo badando a se stesso, la seconda suggeriva il sospetto di un diverso orientamento sessuale sapientemente mascherato. Ma alla domanda se avesse colto qualche segno di cedimento nella voce o un gesto effeminato, la risposta di Agnese era inoppugnabile: lo aveva osservato con attenzione e non c’era a suo parere un maschio più maschio di lui. Era galante, educato e sapeva comunicare con lo sguardo il gradimento per la compagna fino a spingersi ad un complimento, ma niente di più.

Amanda tornò al passato, ad un innamoramento dei suoi, irrazionale e cocciuto da non prevedere alternative, quasi volesse ogni volta mettersi alla prova. Quella volta il soggetto era una scapolo di quelli che ti spostano la sedia per farti accomodare, ti accarezzano con uno sguardo speciale, ti aprono la portiera ed estraggono dalla tasca oggetti utili alle altrui necessità, dal coltellino svizzero al fazzoletto o all’accendino. Se a ciò si aggiunge che teneva i soldi sparpagliati nelle tasche come chi dà poca importanza al denaro, ad Amanda pareva proprio l’uomo perfetto. Il fatto era che si comportava così con tutte senza coglierne nessuna. Ad Amanda la sfida era sembrata troppo ghiotta per rinunciare.

S’incontravano sempre in compagnia per l’aperitivo o cene conviviali, eppure mai un tentativo da parte sua di superare il limite, pur cogliendo talvolta una predilezione nei suoi confronti. Così cominciò a pianificare “incontri casuali premeditati”: conoscendo orari e percorsi abituali, gli approcci consentivano brevi conversazioni senza testimoni durante le quali Amanda gli tesseva intorno il bozzolo col suo filo di seta.

I giorni passavano finché una sera di nebbia fitta, e rari passanti infreddoliti, lo sorprese con una frase da non dare adito a fraintendimenti. Si fermò d’un tratto e guardandolo dritto negli occhi disse:

Sento che tra noi è nato un sentimento che va al di là dell’ amicizia …”.

Cogliendo il suo stupore, peraltro previsto, s’affrettò ad aggiungere:

“Vedi, io non mi sento bene con me stessa né con te nel recitare una parte che non mi corrisponde più. Non voglio mentirmi né mentirti…”. Fu a quel punto che Lui, dopo uni silenzio che pareva una vita, le prese le mani tra le sue. Non furono necessarie altre parole.

Agnese aveva ascoltato rapita il racconto, Armida sorrideva sorniona… fiera del film di cui era regista, Amanda si godeva l’effetto.

“Devi essere sicura di accettare l’esito della prova, e se ne sei convinta ripeti esattamente le parole così come le ho dette”.

Il piano prevedeva accurati preparativi. Non dovevano esserci intralci all’eventuale coronamento del desiderio di Agnese che partiva in vantaggio poiché i loro incontri prevedevano soste in automobile delle quali approfittare. Molta attenzione fu dedicata all’abbigliamento che senza strafare, ne’ rivelare le recondite intenzioni, doveva rientrare nella normalità di una sobria eleganza.

Il veto ai pantaloni era categorico rispetto alla scelta di un abito morbido di frusciante femminilità. Era importante non creare difficoltà all’approccio con ganci, bottoni o cerniere e nemmeno discostarsi dall’immagine che lui probabilmente apprezzava: essere diversa pur apparendo uguale.

Allo stesso modo la biancheria intima non doveva dare adito al sospetto di una scelta premeditata: la castità della seta color perla in vece dell’aggressività del nero.

Secoli di esercizio nella seduzione, che dal ceto meno alto alle corti reali garantiva una sistemazione, avevano lasciato un segno indelebile nell’impronta genetica femminile comprovando un’indiscussa superiorità rispetto all’altro sesso, non ultima l’illusione di essere sedotte anziché seduttrici.

Tre mesi dopo, all’uscita dalla chiesa, lo sguardo complice delle tre amiche passò inosservato all’ignaro novello sposo.

Marina Elettra Maranetto

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