Sofferenza psicologica al tempo del Coronavirus

La sofferenza psicologica causa Coronavirus (Covid-19) è diventata fenomeno di massa evidenziata da sondaggi e ricerche, ma soprattutto, e questo è quello che conta di più, che non hanno influito minimamente  sui necessari provvedimenti che si sarebbero dovuti attuare da parte dei governi  Conte e Draghi che si sono succeduti nel periodo pandemico tutt’ora in corso. Come ho avuto modo tra l’altro di scrivere in “Covid-19 Pandemia e sindemia”,  le uniche misure attuate in regime di emergenza dai governi citati sono state le somministrazione dei vaccini a livello di massa comprati dalle private multinazionali del farmaco, imporre mascherine, il distanziamento sociale e la chiusura in varie riprese di attività sportive, culturali e ricreative, di scuole compensate malamente dalla Didattica a Distanza  (DaD).  

Al fine di colmare questa lacuna di conoscenza, recuperando la professionalità di  psicoanalista eterodosso,  mi accingo a svolgere per quanto possibile una ricognizione su quanto è stato pubblicato sull’argomento e come osservatore politico verificare la congruità o meno delle misure governative poste in atto. 

A cominciare con il sondaggio che segue  riferito  a un ampio spettro di popolazione, pone il focus sugli effetti psicopatologici causati dalla quarantena imposta  per legge.

(https://www.marionegri.it/magazine/covid-19-sondaggio)

<June 15, 2020

Covid-19 e stress da isolamento: i risultati dell’inchiesta nazionale sul disagio psicologico durante la quarantena

Come già successo durante precedenti epidemie (ad esempio, SARS e MERS), anche durante la pandemia causata dal SARS-CoV-2 in molti paesi si è ricorsi alla quarantena. Dal punto di vista sanitario i risultati di un periodo di isolamento sono generalmente positivi: nel caso specifico del Covid-19, infatti, è stato possibile mitigare e ridurre il contagio proprio grazie a quest’azione preventiva.

E’ però importante evidenziare che la quarantena ha purtroppo anche un impatto psicologico sulla popolazione. Questo aspetto era stato già sottolineato dall’esperienza della Cina, in cui sono stati segnalati diversi disturbi psicologici nella popolazione costretta alla quarantena

Il periodo di isolamento vissuto in questo periodo ha creato disagio e stress in alcuni individui, che hanno considerato l’isolamento una costrizione, una limitazione della libertà, un cambiamento profondo della propria quotidianità e della propria vita.

Partendo da queste evidenze il team del Dr. Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri, ha voluto verificare attraverso una raccolta dettagliata di informazioni la risposta degli italiani al periodo di quarantena.

Sondaggio “A casa per il Covid”: chi sono le persone più colpite dalla quarantena

Tra il 6 e il 20 Aprile 2020, il Dipartimento di Salute Pubblica ha lanciato un sondaggio online composto da 48 domande. Sono stati raccolti dati demografici e informazioni sui sintomi fisici nei 14 giorni precedenti alla compilazione del questionario. L’impatto psicologico della quarantena è stato valutato dal Covid-19 Peritraumatic Distress Index (CPDI), un test validato in Italia e in altre nazioni. Al sondaggio hanno partecipato 35.011 adulti, raccogliendo 20.158 risposte complete.

I dati analizzati hanno definito un preciso identikit delle persone più colpite da stress causato dal Covid-19. L’intensità del distress psicologico è maggiore nel caso di:

donne

  • basso livello di istruzione
  • problemi di salute
  • disoccupati
  • abitanti in case con meno di 2 camere
  • contatto con persone infettate dal SARS-CoV-2
  • cittadini che non sono usciti di casa nelle settimane precedenti al sondaggio.

I dati sottolineano anche che le persone residenti in zone molto colpite dal coronavirus o, comunque, molto vicine alle zone rosse, hanno mostrato maggiori segni di stress.>

Concludendo che

<Iniziative volte al controllo delle infezioni e al contenimento della malattia dovrebbero prevedere anche interventi di supporto alle persone vulnerabili o che vivono in condizioni di vulnerabilità (anche recenti come una quarantena); in particolare per il recupero psicosociale di tutti coloro che sono a maggior rischio di conseguenze psicologiche e sociali avverse della quarantena.>

Come esplicitamente  indicato il sondaggio   si è concentrato  sull’ “impatto psicologico della quarantena”,  lock down – imposto per legge a causa  dello “stato di emergenza” per pandemia da Covid.

<Il periodo di isolamento vissuto in questo periodo ha creato disagio e stress in alcuni individui, che hanno considerato l’isolamento una costrizione, una limitazione della libertà, un cambiamento profondo della propria quotidianità e della propria vita.> 

Sofferenza psicologica dell’isolamento rivelata diffusamente da stampa e tv  a cui sono stati costretti gli  anziani nelle Residenze Sanitarie  (RSA), in questo caso causate dal forzato distacco affettivo dai familiari e amici, per cui parrebbe che  finita la pandemia ci sia il ritorno alla vita di comunità felice. Sugli effetti claustrofobici  indotti  negli anziani ospitati nelle attuali residenze sanitarie di tipo carcerario che non di tipo comunitario, nessun ministro della Salute  sta predisponendo una adeguata riforma di struttura in tal senso.   

Ben venga dunque l’appello di Papa Francesco fatto in occasione della festa dei nonni e prontamente seguita da <Paglia: rivedere seriamente Rsa e sistema assistenziale degli anziani. Nella conferenza stampa di presentazione della Nota della Pontificia Accademia per la Vita sulla vecchiaia, nostro futuro, l’invito a cogliere, nel disastro della pandemia, l’opportunità di rinsaldare i vincoli tra generazioni, considerando che gli anziani hanno dato un tributo di vite enorme nell’ultimo anno.>

(https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-02/anziani-conferenza-stampa.html)

Il focus della ricerca ponendo  l’attenzione sull’isolamento coatto ha potuto evidenziare gli effetti claustrofobici più superficiali della sofferenza psicologica (senso di isolamento, costrizione, limitazione della libertà), certamente rilevanti e assai diffusi, ma con questa focalizzazione non si è potuto rilevare la paura celata in profondità a cause del virus, ovvero la “percezione del rischio” di essere infettati e di ammalarsi con crisi respiratoria di tale gravità che necessita di essere intubati in reparti di rianimazione per somministrazione di ossigeno e che può lasciare persino esiti di cronica funzionalità respiratoria.

Mentre nulla si segnala della possibile cronicizzazione degli effetti regressivi   claustrofilici (sindrome opposta alla claustrofobia) cui possono essere soggetti i giovani e giovanissimi dal coatto isolamento a casa che può trasformarsi in rassicurante “materno utero”. 

<La claustrofilia rinvierebbe a esigenze primarie di fusione con figure genitoriali, esigenze che nascerebbero dal desiderio di protezione, e che sarebbero attive, in forma non  necessariamente patogena, in ogni fase della vita, costituendo il necessario e continuo correlato di altrettante fondamentali istanze di differenziazione dell’Io.>

(https://www.treccani.it/ciociclopedia/claustrofilia/)

Non credo che il pur necessario  piano nazionale  per il  recupero psicosociale di tutti coloro che hanno subito sofferenza  psicologica claustrofobica o claustrofilica né tanto meno per predisporre cure per  “il disturbo post traumatico da stress da coronavirus” sia stato mai nemmeno pensato dai due governi succeduti nel periodo pandemico Conte e Draghi, come peraltro da tutti i governi del fare, che non concepiscono politiche per l’ “Essere”. Concentrati dunque solo a farci vaccinare tutti. Delle ansie financo al timore panico delle persone poco importa.

Perché si potesse provvedere al recupero psicosociale dei soggetti psicologicamente sofferenti  occorrerebbe che i governi succedutisi nel tempo  avessero  implementato la cintura di servizi psico-socio-assistenziali del SSN quali consultori, Sert, SSM e i servizi sociali dei Comuni sorti negli anni 70 del secolo scorso, mentre al contrario nell’ultimo trentennio sono stati proditoriamente depotenziati nella visione neoliberista delle privatizzazioni dei servizi pubblici sanitari e sociali a tutti i livelli. Fino a chiudere il cerchio: di assoluta attualità Draghi con “DDL Concorrenza” prescrive  la privatizzazione di tutti i servizi sociali dei Comuni italiani. 

Vedremo se le successive fonti a cui ho potuto accedere centreranno  l’essenziale questione della “percezione del rischio”.

Nella  seconda  ricerca visionata che attiene sempre alla popolazione in generale , evidenzia invece l’accentuazione degli  effetti psicopatologici già presenti e diffusi  a livello sociale,  scatenati dell’evento pandemico e ne pronostica solo l’attenuazione una volta  usciti dal tunnel della pandemia ma che permangono per tutt’altre cause politiche sociali ed economiche.

https://www.youtrend.it/2020/11/30/limpatto-del-covid-19-sulla-salute-mentale/

<Come fanno notare Mencacci e Salvi in Expected effects of COVID-19 outbreak on depression incidence in Italy, è naturale aspettarci una diminuzione di casi di depressione e ansia una volta usciti dalla fase emergenziale, che sembra essere oggi più vicina grazie alle notizie sui vaccini. Ma se questo è stato rilevato durante precedenti epidemie, non possiamo esserne certi con l’epidemia di Covid-19: infatti, oltre a degli effetti istantanei riguardanti la situazione sanitaria, vi saranno sicuramente delle ripercussioni economiche di lungo periodo. Tra queste, la principale è un aumento della disoccupazione, che è correlata, come ripetono Mencacci e Salvi, con l’emergere di fenomeni depressivi. In questi anni, inoltre, si è registrato un generale incremento di disturbi quali ansia e depressione, incremento che – soprattutto tra i più giovani – ha radici ben più profonde e antecedenti all’epidemia.>

Le conclusioni qui sopra riportate a mio avviso sono da imputare al fattore generale riconducibile allo schizofrenogenico” sistema socio-politico-economico neoliberista imperante.

Anche le seguenti ricerche fotografano (senza addentrarsi sulle possibile cause e concause)   la peculiare   vulnerabilità psicologica della fascia adolescenziale.

A lanciare l’allarme è l’Unicef

<Più di un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato e tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni ragazze.

Un disagio che a volte può diventare insopportabile e che porta quasi 46.000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita, più di uno ogni 11 minuti.>

(https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/10/05/un-adolescente-su-7-ha-un-disturbo-mentale-_ee958c5e-a7f5-4d7a-9904-3ebd388c6b23.html)

Caratteristiche di base che vengono aggravate  in tutta evidenza dall’evento pandemico da Covid-19 senza peraltro mettere in campo i supporti di appoggio psicologico che la rete dei pubblici servizi, sanitari e sociali,  dovrebbe fornire alla popolazione italiana e invece sono oramai almeno trenta anni che si stanno smantellando.

<La pandemia, ormai è chiaro, procura anche disagio psicologico: tra lockdown, distanziamento e mancanza di contatto fisico con amici e parenti, il peso delle restrizioni messe in atto per cercare di sconfiggere la covid si fanno sentire. Particolarmente colpiti in questo senso sono i giovani, che spesso cercano di sconfiggere la noia e la mancanza di relazioni sociali rifugiandosi dietro a uno schermo (della tv, del telefonino, del computer).

Una ricerca pubblicata su PLOS ONE condotta su un gruppo di studenti universitari statunitensi, ha individuato i fattori che aumentano il rischio di soffrire di ricadute psicologiche a causa della covid: fra queste, un ruolo chiave lo hanno le ore passate davanti allo schermo.>

(https://www.focus.it/scienza/salute/covid-DAD-aumenta-disagio-psicologico-studenti)

<La Politica non deve sottovalutare la salute mentale dei giovani: 1 su 7 ha un disturbo psicologico>  di Matilde Moro .  15 ottobre 2021

La scorsa settimana si è tornati a parlare di adolescenti e salute mentale grazie al rapporto “La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani”, rilasciato da Unicef. I dati presentati dipingono un quadro preoccupante. Attualmente un adolescente su sette soffre infatti di un disturbo mentale, e spesso ragazzi e ragazze hanno la sensazione di non avere via d’uscita: il suicidio è entrato così tra le prime cinque cause di morte dei giovani tra i 15 e i 19 anni – in Europa occidentale è addirittura la seconda dopo gli incidenti stradali, con 4 casi su 100mila.>

(https://thevision.com/attualita/salute-mentale-adolescenti/)

E’ qui evidenziato che il suicidio è salito al secondo posto come causa di morte negli adolescenti dopo gli incidenti stradali … a cui si devono aggiungere le invalidità permanenti, ma questo macroscopico fenomeno,  pur rilevato quotidianamente tanto dai giornali meno dalle tv  – causa assuefazione nell’opinione pubblica  – non è oggetto di attenzione da parte  delle politiche governative di prevenzione e diversamente dagli altri Stati della Ue quali Spagna, Francia Germania, Svizzera e Austria, non si  predispongono efficaci programmi nazionali e locali (pur previsti dal NCS) di prevenzione e di educazione stradale in particolare nelle scuole.

Dunque da quanto rilevato si  prefigurano  per i giovani  futuri esiti di cronicizzazione dei disturbi psicologici, quali ansia e depressione e del crescente fenomeno suicidario che solo, qui lo voglio  ancora ribadire, un servizio sanitario nazionale potenziato e riorganizzato dei servizi di Salute mentale, Sert e Consultori potrebbe significativamente contenere.

In conclusione  l’appello  della ricerca “ LA POLITICA NON DEVE SOTTOVALUTARE LA SALUTE MENTALE DEI GIOVANI”  (in stampatello nel testo originale. n.d.r.) pare sia caduto bellamente nel vuoto.

Infine ancora sulla problematica della sofferenza tra i giovani nell’attualità rilevata da  fonte  scientifica genovese.

<IL FOCUS  (Il Secolo XIX 11 11 2021)  . Federico Mereta . Quando la psiche va in tilt . Segnali d’allarme nei giovani.

E’ una fase in cui possono insorgere disturbi gravi come la depressione e le psicosi (Lino Nobili Direttore divisione Neuropsichiatria – Ospedale Gaslini di  Genova. 

Da una parte c’è un cervello che risponde di più alle emozioni, dall’altra cresce il pensiero razionale. (mia l’ evidenziazione)

E non sempre sono in equilibrio durante l’adolescenza, pur nell’ambito di un processo del tutto normale di sviluppo: da un lato ci si spinge verso nuove conoscenze e mutamenti dei rapporti con i genitori, affetti, passioni scolastiche e non, dall’altro però si è più fragili.

Tanti, tantissimi giovani vivono questa realtà psicologica. E questa discrepanza rischia di diventare un problema difficile da affrontare. “Proprio così: per questo l’adolescenza è un momento di passaggio fondamentale e spesso diventa, già nelle sue fasi iniziali, un periodo in cui si manifestano eventuali “malesseri” psicologici ancor prima della loro “esplosione” – spiega Lino Nobili, direttore della divisione di Neuropsichiatria dell’Ospedale Gaslini di Genova e docente all’Università del capoluogo ligure. L’individuazione e il trattamento precoce dei soggetti più fragili e più vulnerabili rappresenta il miglior approccio per favorire la miglior gestione dei quadri più complessi, anche e soprattutto in questo periodo di pandemia che ha sicuramente slatentizzato delle condizioni di fragilità sociale, ambientale, familiare, e sull’idea del futuro che un giovane si costruisce”. Se a questo si aggiungono l’esposizione a un numero enorme di informazioni, spesso non corrette, come quelle del web, e la naturale mancanza di consapevolezza nei più piccoli, la “discrepanza” tra i due cervelli rischia di aumentare. Il motivo? Si rischia di dare messaggi di difficile comprensione soprattutto per i ragazzi e i bambini più fragili che non hanno ancora la capacità di giudicare in maniera corretta ciò che gli arriva.

La velocità e il volume di informazioni a cui sono soggetti i bambini e gli adolescenti necessita di una consapevolezza che ancora, in certi casi, non possono avere. Così possono comparire problemi che vanno riconosciuti per tempo.

E’ proprio in questo periodo della vita che  spesso insorgono disturbi di natura psichica importante quali la depressione e le psicosi – fa sapere Nobili.

Tuttavia, è ormai molto evidente come segnali di allarme relativamente alle patologie psichiatriche possano insorgere anche più precocemente e come sia quindi fondamentale individuare eventuali “malesseri” ancor prima della loro “esplosione” in adolescenza”.

L’individuazione e il trattamento precoce dei soggetti più fragili e più vulnerabili rappresenta la miglior terapia per cambiare l’evoluzione naturale della malattia o prevenire disturbi più severi in età adulta e la loro cronicizzazione.  

“Fondamentale è cogliere i segnali di malessere per prendere le contromisure opportune – fa sapere Nobili. Ad esempio si manifestano difficoltà ad andare a scuola, possono comparire mal di testa la mattina, si notano attenzioni eccessive nei confronti del cibo e dell’alimentazione. Soprattutto tra le giovanissime, può esserci anche la tendenza a voler mangiare da sole e ad eccedere in prestazioni fisiche”.

In questa dinamica, in questo periodo, si inserisce la problematica legata a Covid-.19 che potrebbe portare un’onda “lunga” per cui i ragazzi rischiano di pagare un prezzo assai caro.

Il Covid ha semplicemente slatentizzato delle condizioni di fragilità sociale, ambientale, familiare, e “ideologica” – conclude Nobili.  E’ un mondo che cambia molto rapidamente ma dove la frustrazione dell’incertezza può diventare un valore di creazione. Per questo però ci vuole educazione, cultura e “spazi e tempi” per i giovani.   L’importante per i genitori, assieme al pediatra prima e al medico di medicina generale poi, è mantenere il rapporto di fiducia con i figli, offrendo comunque un aiuto in questo delicato momento di crescita”. >

Da una parte c’è un cervello che risponde di più alle emozioni, dall’altra la razionalità ad cresce il pensiero razionale.

Ci tengo a evidenziare che nell’adulto, nel bene e nel male, la componente razionale non si sostituirà mai completamente alla componente emotiva e sentimentale.

Pertanto anche nella persona adulta bisogna assolutamente aspettarsi che nell’affrontare il pericolo incombente del Covid-19 la scelta razional-emotiva diventi prevalente come è del tutto evidente dai comportamenti manifesti.

Impossibile classificare senza avere tempo e adeguati strumenti  l’ampia gamma di motivazioni addotte al rifiuto del vaccino.  Potrebbe servire a farsene una idea con <Una chiacchierata con Giuseppina Guareschi, medico di base che ha chiamato uno per uno tutti i suoi pazienti che non si erano vaccinati, ci è molto servita per capire le ragioni di chi è incerto sul vaccinarsi.> citazione di Tito Boeri e Antonio Spilimbergo nella prefazione del loro libro “Si vax – Dialogo tra un pragmatico e un non so”.(Eco Einaudi 2021)

In questo senso si dovrebbe entrare nel merito e fare opportuna classificazione dell’intera gamma delle “paure” dei no-vax, però di quelli in assoluta buona fede, al netto di bieche strumentalizzazioni da parte di forze politiche di estrema destra, distinguendo bene i fattori extra sanitari – vedasi sindemia – al fine di fornire un utile appoggio psicologico  alle persone.

Invece ci si deve accontentare del generico  indicatore di psicopatologia  della popolazione italiana descritto dal rapporto Censis 2021.

<Il capitolo «La società italiana al 2021» del 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese : LA SOCIETA’ IRRAZIONALE

Roma, 3 dicembre 2021 – Gli italiani e l’irrazionale. Accanto alla maggioranza ragionevole e saggia si leva un’onda di irrazionalità. È un sonno fatuo della ragione, una fuga fatale nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà. Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni di persone) il Covid semplicemente non esiste.

Per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace. Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici. Si osserva una irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste. Dalle tecno-fobie: il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone. Al negazionismo storico-scientifico: il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta e il 10% è convinto che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna. La teoria cospirazionistica del «gran rimpiazzamento» ha contagiato il 39,9% degli italiani, certi del pericolo della sostituzione etnica: identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli, e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste. L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali, sia i movimenti di protesta che quest’anno hanno infiammato le piazze, e si ritaglia uno spazio non modesto nel discorso pubblico, conquistando i vertici dei trending topic nei social network, scalando le classifiche di vendita dei libri, occupando le ribalte televisive.>

(https://www.censis.it/rapporto-annuale/la-societ%C3%A0-irrazionale)

Dal rapporto del Censis 2021 occorre distinguere  gli aspetti del vissuto individuale delle paure strettamente legate alla inoculazione del vaccino (benefico-malefico)  rispetto alle altrettante varie paure per il proprio futuro legate all’insicurezza diffusa – gli aspetti sindemici citati – causato dall’attuale incombente egemonico sistema politico-economico neoliberista.

Tutte le  ricerche e le relazioni scientifiche in precedenza visionate hanno fornito un quadro di generale di del fenomeno pandemico-sindemico, tuttavia  occorre rilevarlo,  non hanno focalizzato la questione di fondo, il vissuto psicologico qui sotto ben sintetizzato relativo alla paura della malattia e della possibile morte incombente.

<Il problema oggettivo del “coronavirus” diventa problema soggettivo in relazione al vissuto psicologico, alle emozioni e paure che il tema suscita nelle diverse persone. La “percezione del rischio” può essere distorta e amplificata sino a portare a condizioni di panico che non solo sono quasi sempre del tutto ingiustificate ma aumentano il rischio perché portano a comportamenti meno razionali e ad un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo.>(David Lazzari presidente CNOP .)

Per cercare di andare al nocciolo del problema di cui forse nessuna ricerca statistica può essere  in grado di evidenziare posso provare  con la chiave di lettura psicoanalitica.

L’assunto da cui partire è quello che il  vissuto psicologico –  emozioni e paure – financo il panico, scatenato dal coronavirus connesso alla “percezione del rischio” di ammalarsi rimanda a angosce arcaiche  in cui  il vissuto claustrofobico è significativo “sintomo”.   

Quale la causa originaria della claustrofobia?

<Otto Rank individua nel trauma della nascita l’origine dell’angoscia nevrotica. La prima avversità cui va incontro l’essere umano quando nasce è data dall’affrontare il parto, ossia quella strada stretta e angusta che porta alla fuoriuscita dall’accogliente grembo materno. La caratteristica più significativa di questa fase è data proprio dagli spazi angusti entro cui si realizza il momento del parto.>

(https://www.psicologo-online24.it/blog/il-grande-contributo-di-otto-rank-il-trauma-della-nascita)

Di qui le due possibili arcaiche reazioni psicologiche

1) claustrofilica, reazione psicopatologica regressiva che aspira al ritorno nell’utero materno;

2) claustrofobica in cui inconsciamente  il soggetto resta fissato  all’originaria angoscia costrittiva per mancanza d’aria  vissuta nella fase del travaglio.

Analogamente allo sconvolgente   attacco di panico per la persona che lo subisce.

<E’ un disturbo psichiatrico che irrompe nella vita di una persona con un attacco improvviso di senso di soffocamento e batticuore e lascia ansie e paure del chiuso, delle piazze, di luoghi animati.>

(https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/panico-dentro-linferno-allimprovviso)

<Gli psicoanalisti sanno tuttavia che le fobie e gli attacchi di panico sono solo un sintomo di una situazione molto più complessa: sono l’espressione di un difetto di costituzione della personalità. Alcune volte gli attacchi di panico compaiono nel corso di crisi di identità, nei momenti di trasformazione (entrata nell’età adulta, crisi della mezza età) o come reazioni psicosomatiche alla separazione, ma indicano sempre una mancata strutturazione del sé.>(https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/attacco-di-panico/)

Angoscia costrittiva che rimanda alla primaria conseguente angoscia di morte come da lucida interpretazione seguente di Luigi De Marchi 

<Beninteso, l’insistenza con cui in questo ed altri miei scritti viene evidenziata sia l’importanza dell’angoscia di morte nella genesi della sofferenza psichica

umana, sia la sistematica rimozione di tale angoscia nelle principali teorie della cultura e della psicopatologia non deve indurre a concludere che l’approccio  esistenziale umanistico veda in tale angoscia l’unica causa di patologia mentale.

Paradossalmente, proprio le scienze che hanno dedicato immense energie allo studio di due fenomeni capitali della psiche umana, l’angoscia e la rimozione, hanno finito per rimuovere o negare la massima e più antica angoscia umana: l’angoscia della morte con le sue micidiali elaborazioni sociali e culturali attraverso i millenni.>(http://www.ipue.it/demarchi-rimozione-morte.html)

Ebbene la malattia da coronavirus attacca i polmoni e  il tratto comune sono le difficoltà respiratorie e in caso di  aggravamento il paziente  si ritrova  alle prese con la sindrome da distress respiratorio e necessità di intubazione per assumere il vitale ossigeno.

Ritengo che questa  sia  l’analoga  condizione rivissuta durante la malattia da coronavisrus che rimanda all’angosciante attacco di panico o claustrofobico   connesso all’originario vissuto del trauma della  nascita. Di qui all’angoscia di morte il passo è breve. Dunque all’angoscia di morte che si annida nel profondo in tutti gli esseri umani pensanti.

Presumo che   questa angoscia di morte  sia  stata slatentizzata dall’irrompere dell’evento pandemico causato dal coronavirus   che nella nostra edonistica società rimane tabù, con attivazione di  meccanismi difensivi mentali, quali “rimozione” (lieve psicopatologia nevrotica), “negazione” e “scissione”  che invece caratterizzano i gravi disturbi mentali dell’ordine delle psicosi. 

Spero di essere così riuscito a mettere in rilievo l’analogia tra malattia da coronavirus e il vissuto claustrofobico nonché attacco di panico e angoscia di morte.

A questo punto abbiamo potuto fare  meno dei sondaggi e restare concentrati sull’essenza della questione,   e cioè che con il Covid-19 “la paura di ammalarsi e di morire fa 90” e che bisogna acquisire una personale conoscenza di sé e del senso del limite,  e a chi compete il governo dei popoli di “rassicurare” prima ancora di “reprimere”.

Il 90% della popolazione italiana ha scommesso sul vaccino per non morire da virus e attenuare eventuali  esiti della malattia accettando il rischio di qualche possibile seppur rara complicazione  fino a raro esito mortale come si sa dai giornali. La vaccinazione diversamente che scelta consapevole come vogliono credere i “razionali” è scelta emotiva difensiva di evitamento dalla paura della sofferenza e della morte

Mentre la  minoranza valutata intorno al 10%, che non si vaccina, al netto di strumentali posizioni neofasciste e di coloro ideologicamente diffidenti di quello che stanno combinando i nostri governi neoliberisti dediti a rimpinguare i profitti delle multinazionali  comprese quelle del farmaco per vale la regola assoluta dell’utile. Questo genericamente  in chiave sindemica. Occorre però spezzare una lancia in favore delle persone irriducibilmente avverse alla vaccinazione cercando di individuarne le ragioni che stanno dietro a questa, anch’essa, manovra di evitamento, riconducibili a due possibili tipi di fobie, la prima, la paura della contaminazione, mediante dell’ignoto vaccino sul  tipo avvelenamento da polonio oramai ben noto alle cronache,  .

Per rintracciarne l’ origine arcaica dobbiamo ricorrere all’armamentario psicoanalitico.

<In questa fase di sviluppo da 0 a 4-5 mesi, …la Klein sostiene che la pulsione di morte – presente sin dalla nascita – fa sorgere il timore dell’annientamento che porta di conseguenza alla proiezione difensiva della pulsione di morte. L’angoscia nasce dunque per lei da questo timore di annientamento e le prime difese mosse dall’Io verso questa primordiale pulsione di morte sono la scissione, proiezione e introiezione. In questo stadio dunque la meta dell’Io è quella di introiettare l’oggetto ideale – solitamente percepito come unico – e tenere fuori gli oggetti persecutori – solitamente visti frammentati e molteplici. È qui che si forma la posizione schizo-paranoide, utilizzata come difesa, che nasce durante la prima scissione tra un seno buono ed uno cattivo.>

(https://it.wikipedia.org/wiki/Melanie_Klein)

Sono consapevole che questa argomentazione sia indigesta  e non solo per le persone logiche e razionali.    

Proviamo allora con il suo comportamento correlato: le coliche del lattante.

<La frequenza delle coliche si riduce a partire dal secondo mese, per azzerarsi oltre il terzo.

Oltre questo tempo, occorre considerare la possibile presenza di altre malattie». Un evento comunque raro, ma da non prendere sotto gamba. «Nel 95 per cento dei casi un neonato piange e si agita per le coliche. La restante quota, di gran lunga minoritaria, è da ricondurre a possibili casi di reflusso gastroesofageo o allergia alle proteine del latte».

È qui che si forma la posizione schizo-paranoide, utilizzata come difesa, che nasce durante la prima scissione tra un seno buono ed uno cattivo.>

(https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/cosi-dal-pianto-del-neonato-si-capisce-se-ha-le-colich)

Spero che con un barlume di empatia  immaginando il comportamento  di un bimbo nei primi mesi di vita che si contorce livido in apnea tra spasmi muscolari, pianto e grida di dolore, si possa  riuscire a percepire la sofferenza psicologica interiormente provata che permane  nel profondo dell’inconscio  in tutti noi. Acuta sofferenza che normalmente  la mamma, biberon alla mano, riuscirà prontamente a sedare con dosi massicce di camomilla.

La seconda motivazione che è all’origine del rifiuto credo sia di più immediata comprensione, attiene alla personalità narcisista per cui nessuna realtà esterna, meno  che meno se è l’oppressiva Autorità, deve scalfire.

La repulsione contro l’autorità dello Stato – definito il “Leviatano” dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588- 1679) è la radice maligna dell’immaginario  collettivo anarco-capitalista originario del pioniere del far west americano, da cui ancora oggi ogni individuo libero si deve difendere. Emblematico il trumpiano popolo del profondo.

Da parte mia, per concludere,  auspico  che finisca la caccia ai no-vax in nome della dea Ragione che oggi si è sostituita alla caccia delle sataniche streghe in nome Dio.

Non c’è nessuna persona al mondo che pensa solo razionalmente, idea riduttiva che è stata instillata nell’Occidente dal razionalissimo Cartesio con il suo “Penso quindi sono”, in realtà si pensa anche con le emozioni i sentimenti,     presto anche i robot razionalmente pensanti saranno dotati di emotività e sentimenti.  

Mentre  per tutte le altre  malattie più o meno gravi che sono le nostre  compagne di viaggio della  nostra  vita sono il campanello di allarme di morte annunciata che però affrontiamo volta per volta con più o meno apprensione.

L’irruzione  improvvisa della pandemia da Covid-19 diventa sirena assordante dell’annuncio di morte.

Chi ne è ossessionato è stato catalogato dalla scienza medica e psicologica come soggetto ipocondriaco. Brutta nomea si è fatto il soggetto ipocondriaco nella nostra cultura europea, credo che il “malato immaginario” di Molière interpretato mirabilmente dal nostro Sordi  si presti bene come esempio.

Eppure   si vax e  no vax su una scala da 1 a 10 siamo tutti ipocondriaci. E meno male che  ci siamo arrivati ad acquisire il senso del limite che la cura a tutela del nostro corpo di necessità implica.

Come insegna Umberto Galimberti, i bambini fino ai 3 anni sono pazzi perché non hanno ancora acquisito il principio di contraddizione” ovvero il senso del limite che consente loro di evitare i pericoli esterni.

Su questo punto non mi pare insistere basta chiedere alle mamme e alle maestre di scuola materna  sanamente in ansia per evitare costantemente i pericoli in cui voluttuosamente si cacciano i bimbi in questo periodo.  

Nell’adolescenza  invece siamo di fronte al fenomeno della sfida cosciente della morte“…E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere. Se poi è tanto difficile morire.”>(Emozioni  – Lucio Battisti), praticando sport estremi oppure  mediante uso di droghe eccitanti o dagli effetti nirvanici depressivi.

Morte esorcizzata dall’ideologia  fascista al grido di “viva la muerte”.

Siamo tutti ipocondriaci

Qualche esempio per fare capire che il nostro argomento abbia la necessità di essere maneggiato con cura.

Gli attacchi di panico – impossibile da capire razionalmente, lancinante angoscia  da non augurare a nessuno –  rimandano all’atavico soffocamento da stress di parto e dunque all’angoscia di morte di cui l’anossia e le cerebrolesioni invalidanti sono l’evidente esito.

Sono molte le persone in genere maschi che arrivano al pronto soccorso dichiarando  i sintomi di infarto che poi si rivelano alla oggettiva analisi dei sintomi come“banali” attacchi di panico.

Parliamo dunque di  <ipocondria

  1. Atteggiamento psichico caratterizzato da una costante apprensione per la propria salute e dall’ansiosa o addirittura ossessiva tendenza a sopravvalutare i minimi disturbi.

        ◦ estens. Forma di nevrosi simile alla malinconia>

https://www.google.com/search?q=ipocondria&oq=&aqs=chrome.0.35i39i362l8.2432856j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8

<La paura delle malattie e della morte, è una condizione di sofferenza che affligge l’uomo da tutta una vita. Ma quando tali paure si manifestavano sul corpo, si tendeva a scindere tra organico e psichico, quasi considerando coloro che manifestavano sintomi fisici in assenza di patologie organiche, dei “malati immaginari”…>

(https://www.stateofmind.it/2019/07/ipocondria-terapia/)

“Nulla spaventa gli uomini più delle proprie sensazioni”

(Eraclito; Efeso, 535 a.C. – Efeso, 475 a.C.).

Nella scala da 1 a 10 della ipocondria da me ipotizzata l’attacco di panico

si colloca all’estremità massima di 10.

Mentre al punto  zero si colloca il bambino sotto i tre anni. 

Il difetto delle classificazioni  risiede nel fatto che non si rileva la  gradualità psicodinamica del vissuto individuale. L’ipocondria definita  anche patofobia, secondo il DSM-5 è considerata fobia specifica  classificata tra i disturbi d’ansia. Da curare sbrigativamente con psicoformaci ansiolitici. Oppure da trattare con corti o lunghi percorsi  psicoterapeutici a seconda delle diverse  scuole di pensiero.   

Che ogni  malattia sia foriera di  angoscia di morte  pare non sia previsto da alcun manuale psichiatrico che nemmeno prevede i gradi intermedi della naturale  paura delle malattie. Che ogni persona dopo i 3 anni  deve prima o poi acquisire e saper gestire se vuole arrivare vivo alla vecchiaia.

Fin da piccoli abbiamo provato con inquietudine la sofferenza che ci arrecano le malattie, gravi e meno gravi, seppure  ignari del pericolo di morte che però si manifestava nella ansia delle  cure materne.     

Superata la fase della adolescenza, la  responsabilità di tutelare la  salute fisica e mentale è tutta nostra. Lo “psicosismografo”  del vissuto corporeo  se sottoposto a possibili sollecitazioni interne si manifesta con sintomi: male di testa tosse, tremori, che vengono subito  verificare col termometro a noi ben noto fin da piccoli con la misurazione della febbre, che se oltre i 37 gradi, prevede visita medica e dopo diagnosi, magari della annuale influenza (sempre Virus è),  ci si cura come abbiamo imparato a fare fiduciosi nella guarigione. Nel caso del covid-19 non c’è stata ancora la possibilità di elaborazione del conflitto salute/morte.

E questa faticosa sofferente elaborazione mentale può essere fatta  individualmente con autoanalisi  oppure in un gruppo di aiuto.

Tutte le condanne, imposizioni sortiranno solo con incistare e marginalizzare persone che hanno bisogno di tutt’altro, prima di tutto il rispetto.

Ma siamo matti – Un Paese sospeso fra normalità e follia.  Vittorino Andreoli.

In quanto “sapiens-demens” siamo più o meno tutti diversamente matti.

Come liberaldemocratici e soprattutto come esseri umani abbiamo obblighi e rispetto nei confronti dei gravi disturbi psichici, alcolisti, ludopatici, dipendenti da droghe legali (psicofarmaci)  illegali, ai quali non si curano con l’imposizione di  leggi proibizioniste né multe   ma sostegno psicologico e magari anche con  impegno lavorativo,  anch’esso una utile psicoterapia per abbassare il tasso dell’ipocondria.  

Luigi Fasce

n.d.r.: è stata volutamente lasciata la freschezza e l’espressività originale del documento nel lay out finale.

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