Solvay. Considerazioni su cui riflettere

Non mi esprimerò mai per partito preso e cercherò di contribuire a trovare la soluzione, non a magnificare i problemi”.  Una frase famosa del Mahatma Gandhi pronunciata nel momento di massima tensione fra comunità indù e musulmani dell’India. Aveva già espresso idee simili a più riprese fin dall’inizio del Novecento, durante i molti confronti con i rappresentanti del Governo inglese in India e, senza dubbio, si può ricavare dalla massima in oggetto un insegnamento non solo prezioso ma fondamentale. Nel senso che “poi” bisognerà mettersi all’opera per ricostruire, in positivo…dalle “fondamenta”.

E nel caso della Solvay di Spinetta M.go, azienda leader in più settori della chimica e delle lavorazioni intermedie, trovare la soluzione significa una sola catena di concetti: mantenere l’azienda in piedi, potenziandone gli aspetti positivi, garantire e se possibile incrementare l’occupazione, azzerare ogni forma di inquinamento o di pericolo, procedere ad una bonifica vera delle varie “rimanenze” di più di cent’anni di incuria, sfruttamento, approssimativa applicazione delle leggi, sfruttamento di risorse e uomini al limite delle possibilità. Insomma…continuare a produrre, senza inquinare, in sicurezza. In un quadro progressivamente sempre più “green” ed ispirato all’  “economia  circolare”.

Lasciamo ai lettori l’aderenza ai fini suddetti del comunicato del comitato “Stop Solvay” non aggiungendo altro. Aggiungiamo solo un titolo per ogni capitoletto che, in qualche modo, chiarifichi quali sono gli obiettivi dei singoli e delle  associazioni che ne fanno parte. Giustamente il documento termina con l’affermazione “Un secolo di veleni e morti può bastare”, solo che, preferiremmo, arrivarci in un modo differente dalla chiusura definitiva delle attività di stabilimento.

Il documento in oggetto è chiaro:

Rinuncia di dignità. “Martedì 7 luglio è stata un’intensa giornata di comunicati dei Sindacati confederali. A livello locale i sindacati hanno mostrato sfumature diverse, con UIL e CISL alessandrine che hanno rinunciato ad un minimo di dignità di facciata allineandosi ai diktat Solvay“

Sindacati e Governo “rosso-verde” con l’azienda. “A spazzare via ogni distinguo è stato il comunicato delle segreterie nazionali delle categorie dei Chimici di CISL, UIL e CGIL, con cui i sindacati  sono arrivati in soccorso di Solvay, chiedendo al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, di intervenire a sostegno dell’azienda.”

La “triade confederale e il lavoro “comunque”. “Spinetta non è il primo esempio in cui la triade confederale assume la posizione de “il lavoro a tutti i costi”, senza interesse al territorio che viene devastato. Non serve scomodare l’esempio più noto dell’ILVA di Taranto. La nostra Provincia ha i suoi tristi esempi e il caso Miteni, in Veneto, è fin troppo simile al nostro. Come ci hanno raccontato le Mamme No Pfas durante il presidio del 23 giugno scorso, la CGIL locale ha poi dovuto chiedere perdono per le proprie posizioni, che non solo non hanno garantito i posti di lavoro, ma hanno anche difeso chi avvelenava la popolazione.”

“Sindacati” e dirigenza Solvay “a braccetto”. “È per questo ed altri noti precedenti che la presa di posizione dei sindacati non ci stupisce. Se per decenni Montedison, Ausimont e infine Solvay hanno potuto impunemente avvelenare il territorio e quindi far ammalare e morire gli spinettesi è stato anche per il beneplacito consenso di sindacati che, invece di difendere diritti e salute, hanno scelto ciò che conveniva di più: tesseramenti e rapporti amichevoli con Solvay. Gli stessi sindacati lo dichiarano nella lettera, vantando ottimi rapporti con Solvay per gli accordi siglati sui temi ambientali.”

Sindacalisti?…no, opportunisti. “Alla luce dei dati di inquinamento e malattie del nostro territorio, è spontaneo pensare che nelle federazioni dei Chimici confederali ci siano o pessimi sindacalisti o ottimi opportunisti.”

Intervento “romano” discutibile. “Crediamo che il vero obiettivo della richiesta rivolta a Patuanelli sia quello di spostare la scelta dell’autorizzazione per l’aumento della produzione di cC6O4 ad un livello “più lontano”, dove il senso di responsabilità verso la popolazione possa essere sostituito dalla “ragion di Stato” delle sedicenti politiche industriali e quindi dei profitti.”

Documento sindacale basato su falsità. “Non siamo stupiti, ma sicuramente indignati. La lettera di CGIL, CISL e UIL si basa su enormi errori e falsità, che neppure il Direttore dello stabilimento Diotto ha avuto il coraggio di raccontare nella sua lettera aperta. Una su tutte: i sindacati raccontano del cC6O4 come di sostanza “innovativa che soddisfa le esigenze ambientali più innovative”. “

Studi in corso sembrano mostrare….“I sindacati dimenticano che il cC6O4 è semplicemente un PFAS – che l’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) classifica come tossico per ingestione e inalazione, causa di seri danni agli occhi e agli altri organi -; dimenticano che illustri scienziati hanno in corso studi che, come anticipato dal Prof. Foresta in audizione alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, sembrano mostrare che il cC6O4 abbia un livello di pericolosità addirittura superiore per certi aspetti ai PFAS banditi per legge. “

Sindacati acritici e imbarazzanti. “La totale acriticità sindacale è assurda e imbarazzante. I sindacati intervengono oggi che la Solvay ha deciso di investire massicciamente nella propria comunicazione per spaventare la popolazione con la perdita dei posti di lavoro e per riqualificare la propria immagine come attenta alla salute a all’ambiente.”

Sindacati, prima, silenziosi. “In questo contesto il tempismo dei sindacati è quanto meno singolare e sembra rientrare nella strategia comunicativa aziendale. In questi mesi il loro silenzio è stato assordante.”

“Dove erano quando sono usciti i dati degli studi epidemiologici di Arpa e ASL sulle mortalità e sulle patologie a Spinetta nei pressi del Polo chimico? La CGIL ha provato a prendere parola, ma era solo per minimizzare e predicare serenità, tanto che poi sono rapidamente usciti di scena. Dove erano quando è stato ritrovato il cC6O4 nel Bormida e nel Po? Dove erano quando è stato ritrovato il cC6O4 e altri veleni nel pozzo dell’acquedotto a Montecastello, dimostrando per l’ennesima volta che la Solvay non dispone o non vuole disporre di tecnologie atte a non disperdere sostanze inquinanti nell’ambiente?”

Bocciature importanti (ARPA) non considerate. “Cosa hanno imparato dalla bocciatura da parte di Arpa e da quasi tutte le altre istituzioni del Piano presentato da Solvay?”

Sindacati assolutamente “complici”: “Con la loro lettera le federazioni nazionali dei Chimici si assumono chiaramente la complicità nelle conseguenze dell’avvelenamento che stiamo subendo e abbiamo subito. In quel testo, infatti, non c’è alcun dubbio né domande riguardo ai tragici dati relativi all’inquinamento ed alle malattie, neppure sui rischi per la salute dei lavoratori.”

Troppa acquiescenza alla Solvay. “Si sente nitidamente solo un battere di tacchi al richiamo di Solvay. Noi crediamo che nessuna strategia industriale possa essere fatta sulla pelle delle persone e senza la totale garanzia che nessuno ne pagherà le conseguenze con patologie e tumori.”

Solvay e le assicurazioni che non rassicurano. “Nessuna strategia industriale è sensata se non prevede un concetto banale: nessun atomo di veleno deve fuoriuscire dallo stabilimento ed essere disperso nell’ambiente. La stessa barriera idraulica – fatta da Solvay con l’obiettivo di contenere le sostanze prodotte e lavorate nel polo e vantata dai sindacati  come fiore all’occhiello della strategia ambientale della multinazionale – ha recentemente e tragicamente mostrato i propri limiti con la dispersione di sostanze come cC6O4 e ADV nella nostra provincia.”

Le richieste del comitato No Pfas. Ci vuole coraggio oggi più che mai a chiedere passivamente l’approvazione dell’aumento di produzione alla Conferenza dei Servizi. Le nostre richieste, al contrario, vanno nella direzione della tutela delle persone e dell’ambiente. Sospensione della produzione dei veleni che Solvay disperde nell’ambiente; analisi approfondita della qualità delle acque di falda, dei pozzi e degli acquedotti; pubblicazione dei dati degli esami ematici condotti da Solvay sui lavoratori e ripetizione degli stessi da parte di ASL a garanzia dell’imparzialità degli stessi e a tutela dei lavoratori; screening medico per la popolazione coinvolta, in modo da avere una chiara situazione della salute degli spinettesi e degli abitanti dell’intera Fraschetta.” 

Screening medico subito. “Richieste basilari che qualsiasi persona di buon senso avanzerebbe prima di discutere dell’autorizzazione all’ampliamento di produzione di Solvay. Screening medico subito, come in Veneto. Lo screening medico, ad esempio, è un atto così eversivo che è stato fatto pure in Veneto dal Luca Zaia, mentre i sindacati difendevano l’assassina Miteni.”                   

Un quadro confermato dalle dichiarazioni delle diverse parti in causa, con – per la verità – una serie di “distinguo” della CGIL Chimici rispetto alle altre forze sindacali. Dei documenti e delle proposte Solvay si sa praticamente tutto e, man mano, ciò che era poco chiaro viene sempre più evidenziato. Così come della necessità di rimettere mano al Piano di Emergenza approvato e a tutte le forme di controllo e di sicurezza in qualche modo relative all’area di lavoro e ai lavoratori. Anche delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, si sapeva già della loro sostanziale “terzietà” ricercata. Stare al di fuori della mischia e limitarsi alle “partite correnti”. Ma, sempre per riprendere la citazione, non mi esprimerò mai per partito preso e cercherò di contribuire a trovare la soluzione, non a magnificare i problemi, proviamo ad andare un pochino più a fondo. Da più parti, anche sindacali, vengono definite “innovative” e potenzialmente green  le operazioni industriali in programma che, tra l’altro, vanno ben oltre la richiesta inerente il cC6O4, come da più parti vengono – giustamente – invocate revisioni nei protocolli e nei sistemi di controllo. Aggiungiamo, noi, che se una azienda di queste dimensioni si impegna per una serie di opere di contenimento “sicuramente a impatto zero” (secondo la comunicazione Solvay allegata alla richiesta originale in Provincia) deve saper dare seguito alle parole. Pena una diminuzione di credibilità ed una minore funzione di cambiamento e innovazione per il sistema produttivo del territorio. Discorso ancor più valido se pensiamo a quelle che (da una lettera al MISE sempre di Solvay) vengono definite “operazioni industriali in programma”. Quali operazioni? Sicuramente importanti e “buone” secondo i fini migliori dell’imprenditoria illuminata che sposa – altrettanto giustamente – innovazione, miglioramento degli impianti, sicurezza e miglioramento degli utili da reinvestire. Ma devono essere spiegate, dettagliate e rese, in qualche modo, condivisibili.  Riprendendo un confronto franco e serrato si potranno/dovranno “trovare soluzioni”, continuando nel “dialogo tra sordi” verranno magnificati solo i problemi. La posta in gioco è altissima e non merita “tira e molla” di sorta.

L’immagine di aggancio è di Caspar D. Friederich  “Moonrise over the sea”

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