Il “terzo partito” americano ora c’è

Sanders e la stella nascente Alexandria Ocasio-Cortez – Copyrights Commondreams.org

Bernie Sanders è un indipendente, non è affatto un “radicale” come viene rappresentato da quelli che ne vorrebbero distorcere il messaggio confinandolo in una frangia di protesta. Negli USA gli indipendenti sono un terzo e forse più dell’elettorato e infatti per Bernie non esistono “stati rossi” e “stati blu” che è un modo truffaldino per trascurare l’opinione di milioni di elettori che non si riconoscono nel falso bipolarismo dei due partiti dell’establishment, i democratici e i repubblicani.

Inoltre Sanders conta sull’appoggio di una quota crescente di militanti del partito democratico che vogliono ritrovare le radici populiste (parola che negli USA ha un significato diverso che in Europa) e anti-potere del partito del New Deal di Roosevelt, abbandonate in favore della sottomissione a Wall Street e della deregulation clintoniana.

E in questo contesto fluido lui coltiva il suo socialismo democratico che è perfettamente ammissibile nel campo delle proposte indipendenti ed eterodosse. E con il lavorio intenso degli ultimi anni Sanders ha costruito un movimento di massa che è destinato a durare e a influenzare a differenza della fiammata obamiana, che presto ha tradito il mandato popolare per rifugiarsi nel pensiero aristocratico – la sua vera collocazione ideale, anche se Obama ha il grande merito di aver dimostrato che un sovvertimento democratico dal basso è possibile.

E’ dunque il miglior candidato per battere Trump, per rappresentare la working class che chiede protezione sociale, se riuscirà a superare i numerosi ostacoli frapposti dall’establishment democratico dei Clinton, dei Kerry e degli Obama pronti a tutto pur di conservare il potere sul partito, nonché degli oligarchi e dei plutocrati alla Bloomberg che vorrebbero comprarsi direttamente l’elezione.

Sanders è il vero candidato popolare in grado di inteloquire con una fascia di elettori molto trasversale, fra cui quegli elettori bianchi in condizioni di disagio, gli scartati dalla globalizzazione che sono passati a Trump, in modo molto pragmatico, con un appoggio maggioritario fra i “Latinos” (anche in Florida) e crescente fra gli Afro-americani sempre più disillusi dall’establishment clintoniano, segmento che insieme alla fascia degli ultra-65 enni (dove però ha recuperato) era il suo punto debole nel 2016, mentre il combattivo senatore del Vermont va da sempre molto forte fra i più giovani.

Filippo Boatti – 3/2/2020

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