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Il futuro del centro-sinistra
Uno "Ius Culturae" per una strategia di integrazione e sicurezza
Filippo Boatti

Il disegno di legge sul cosiddetto Ius Soli fu presentato alla Camera dei Deputati nel 2015 ed è poi a lungo rimasto inattivo. Ripescato poi dal governo Gentiloni nella primavera del 2017 su input renziano e buttato ingenerosamente nella disputa elettorale in vista delle elezioni amministrative.

Il dibattito intorno a una questione seria, la revisione della legge sulla cittadinanza, è diventato così subito rissa elettorale e la legge, nei suoi aspetti positivi e in quelli da rivedere o migliorare, è ovviamente naufragata. Da un lato Renzi impegnato - prima da presidente del consiglio e oggi da segretario del PD (e ombra del premier) - a cancellare quotidianamente i diritti sociali, ha avuto il mal pensiero di pensare di utilizzare il tema delicato dei diritti di cittadinanza per garantirsi una sorta di copertura elettorale a sinistra, strategia che ovviamente si è rivelata fallimentare alle elezioni amministrative di giugno: non puoi cancellare l’articolo 18 e poi pensare di recuperare il consenso con i diritti civili, gi elettori capiscono l’inganno. Dall’altro lato, proprio questa tattica dissennata ha dato spazio alla becera xenofobia della Lega Nord, che ha avuto effetti devastanti anche qui ad Alessandria portando a Palazzo Rosso un sindaco sotto la tutela di Salvini (anche se fortunatamente vengo smentito dalla recente partecipazione di Cuttica alla festa della comunità islamica: vedremo).

Va detto, sarebbe utile dirlo e capirlo (come ha segnalato Gian Antonio Stella sul Corriere) per riportare la discussione su binari di normalità, che in realtà nel disegno di legge in discussione alle Camere non è presentato il principio giuridico dello Ius Soli, che è presente in quanto tale, per complesse ragioni storiche, solo nella legislazione nordamericana (in passato anche in quella sudamericana), mentre sono contenuti strumenti legislativi che ampliano parzialmente le maglie della legge esistente, offrendo la possibilità di richiedere la cittadinanza se si è nati nel nostro Paese da genitori stranieri che risiedano qui da un certo numero di anni e rispondano a una serie di requisiti, e dimostrino di avere stabilito un legame con la cultura nazionale. Viene proposto quindi quello che è definito uno “Ius Soli temperato” (adottato nella maggior parte dei paesi europei) che mette l’accento sulla condivisione della cultura del Paese di elezione “Ius Culturae”. Anche se, per la solita fretta delle leggi italiane scritte male, poco comprensibili sia nei loro dispositivi che nei principi che le ispirano, questo legame è implicito (anche se effettivo ed efficace) ma andrebbe ovviamente esplicitato, ponendovi un enfasi maggiore.

Infatti il legame con la cultura di elezione è previsto dalla legge proposta anche se ciò nel ddl non è bene specificato ma, come spesso succede da noi, è incapsulato nel rimando ad altra normativa (vigente): si tratta della normativa sul “permesso di soggiorno europeo” che mette una serie di paletti (che prevede la permanenza sul territorio nazionale per lungo periodo e un legame con la cultura e la lingua di elezione, dimostrato tramite un test di lingua superato, o un corso di studi frequentato nel caso dei bambini nati in Italia da genitori stranieri e che abbiano completato un ciclo scolastico). Una normativa europea che però, ovviamente, pochi conoscono. Questa è una pecca della legge e andrebbe corretta, perché come ha giustamente osservato Galli della Loggia sul Corriere, un po’ di enfasi, senza limitarsi alla stretta logica giuridica di un comma che sostituisce e rimanda a un altro (e poi chi prova a capire una legge non ci capisce nulla), sul rapporto con la cultura nazionale andava posta.

Ma per noi che siamo socialisti quanto affermato dal liberale Galli Della Loggia ciò non è sufficiente, pur essendo una base condivisibile. Per evitare di creare nicchie di isolamento sociale, risentimenti identitari degli autoctoni che temono per la competizione sul lavoro, e che quindi pongano le basi delle future banlieau italiane, con le conseguenze che ben conosciamo, occorre accanto a un legame chiaro con la cultura nazionale, una riaffermazione verso tutti dei principi di uguaglianza sostanziale presenti nella Costituzione all’art. 3 (quei principi che JP Morgan considera, del tutto correttamente, di ispirazione “socialista”).

Probabilmente si riteneva che insistere sullo Ius Soli avesse maggiore impatto mediatico (per Renzi “l’importante è esagerare”) inoltre era forse un modo per prendere le distanze dalla precedente legislazione italiana, ingiusta e troppo restrittiva, basata tradizionalmente sullo ius sanguinis: è italiano chi nasce da genitore italiano, salvo eccezioni faticosamente concretizzabili e da vedere di caso in caso, con il rischio di situazioni paradossali che portano centinaia di migliaia di sudamericani, che nessun legame hanno più con il paese di origine, a ottenere facilmente la nazionalità italiana se riescono a dimostrare di avere un remoto avo italiano (spesso facendo carte false con la compiacenza dei consolati).

Chi scrive non è d’accordo con lo Ius Soli perché, come si vede, in realtà deriva da una realtà storico-politica completamente diversa, quella dell’impero americano, col suo “sogno” cosmopolitico dell'età dell’oro del capitalismo e della religione del dollaro che oggi è in evidente crisi (si veda il bellissimo film “Capitalism: a Love Story” di Michael Moore). E si stupisce anche della faciloneria con cui esponenti e leader della sinistra attuale confondano il vecchio internazionalismo socialista e comunista con il cosmopolitismo imperiale capitalistico, che ha sicuramente un grande fascino ma è anche una grande fregatura. Freudianamente, gli attuali leader della sinistra italiana si inchinano di fronte ai simboli del PCI ma non si rendono conto di essere in realtà dei liberal-democratici di sinistra, desiderosi inconsciamente del loro posto al sole nel bel mondo dove devi sgomitare per esistere. E ahimè disposti a tutto pur di arrivare, proprio con curiosi riflessi condizionati reaganiani.

Questa insistenza mediatica e ideologica sullo Ius Soli, che non è in realta l’oggetto della legge che viene proposta (!) porterà purtroppo all’affossamento di una legge che per molti aspetti è condivisibile, seppure da correggere e migliorare in alcune parti.

Servirebbe invece una buona legge sulla cittadinanza, che punta sulla conoscenza reciproca e quindi la cultura e che rimarchi anche, nel solco della nostra Costituzione, come ogni cittadino goda di diritti sociali fondamentali che derivano dal “compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che si oppongono alla uguaglianza sostanziale fra i cittadini (e non soltanto formale) in modo da non creare diffusi timori sociali che possano essere cavalcati da forze xenofobe e “populiste”. Non basta essere cittadini formalmente per poi essere buttati nelle fauci di un mercato del lavoro feroce e senza regole dopo il diploma o la laurea.

Così come è giusta una ragionevole accoglienza dei migranti, che spesso fuggono dalle guerre che abbiamo creato e alimentato nella recente destabilizzazione del vicino oriente e di diverse regioni africane, ma occorre una programmazione dei flussi che finora è del tutto mancata: e manca anche nel risibile tentativo del ministro Minniti di mettersi d’accordo con i signori della guerra libici, tagliagole professionali senza alcuna dignità politica. Così si finira solo di chiudere nei lager libici molti innocenti e bisognosi di protezione. La real-politik può essere praticata solo da chi abbia il senso della realtà e il ministro Minniti non ce l’ha. Mentre una accoglienza legata alla condivisione della cultura, all’ascolto reciproco e alla garanzia di un impegno per la piena occupazione e l’uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini può funzionare e anche allargare di molto le capacita di accoglienza attuali. Purché nessuno si senta minacciato nella sua sicurezza sociale fondamentale: lavoro, casa, istruzione, sanità e un ambiente sano. Per questo la sinistra dovrebbe dire “Ius Culturae” e non (con Clinton e con Toni Negri) Ius Soli. Come ha ben capito in Inghilterra Jeremy Corbyn che si preoccupa degli effetti del dumping sociale e salariale dell’immigrazione non governata.

 

Filippo Boatti

13 settembre 2017

 

Alcuni riferimenti online:

 

In sintesi:

http://www.ilpost.it/2017/06/ius-soli-italia/

 

Testo di legge del 1992 (ius sanguinis):
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1992-02-05;91

 

Testo di legge di riforma della legge del 1992 approvato solo alla Camera (ius solitemperato e ius culturae): http://www.camera.it/leg17/465?tema=integrazione_cittadinanza#m

 

Commento di Gian Antonio Stella sul Corriere:

http://www.corriere.it/opinioni/17_luglio_24/gli-errori-ius-soli-1f4264ba-6fd6-11e7-af64-bee1b3eecfa7.shtml

 

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