Il
disegno di legge sul cosiddetto Ius Soli fu presentato alla Camera dei Deputati
nel 2015 ed è poi a lungo rimasto inattivo. Ripescato poi dal governo Gentiloni
nella primavera del 2017 su input renziano e buttato ingenerosamente nella
disputa elettorale in vista delle elezioni amministrative.
Il
dibattito intorno a una questione seria, la revisione della legge sulla
cittadinanza, è diventato così subito rissa elettorale e la legge, nei suoi
aspetti positivi e in quelli da rivedere o migliorare, è ovviamente naufragata.
Da un lato Renzi impegnato - prima da presidente del consiglio e oggi da
segretario del PD (e ombra del premier) - a cancellare quotidianamente i
diritti sociali, ha avuto il mal pensiero di pensare di utilizzare il tema
delicato dei diritti di cittadinanza per garantirsi una sorta di copertura
elettorale a sinistra, strategia che ovviamente si è rivelata fallimentare alle
elezioni amministrative di giugno: non puoi cancellare l’articolo 18 e poi
pensare di recuperare il consenso con i diritti civili, gi elettori capiscono
l’inganno. Dall’altro lato, proprio questa tattica dissennata ha dato spazio
alla becera xenofobia della Lega Nord, che ha avuto effetti devastanti anche qui
ad Alessandria portando a Palazzo Rosso un sindaco sotto la tutela di Salvini
(anche se fortunatamente vengo smentito dalla recente partecipazione di Cuttica
alla festa della comunità islamica: vedremo).
Va
detto, sarebbe utile dirlo e capirlo (come ha segnalato Gian Antonio Stella sul
Corriere) per riportare la discussione su binari di normalità, che in realtà nel
disegno di legge in discussione alle Camere non è presentato il principio
giuridico dello Ius Soli, che è presente in quanto tale, per complesse ragioni
storiche, solo nella legislazione nordamericana (in passato anche in quella
sudamericana), mentre sono contenuti strumenti legislativi che ampliano
parzialmente le maglie della legge esistente, offrendo la possibilità di richiedere
la cittadinanza se si è nati nel nostro Paese da genitori stranieri che
risiedano qui da un certo numero di anni e rispondano a una serie di requisiti,
e dimostrino di avere stabilito un legame con la cultura nazionale. Viene
proposto quindi quello che è definito uno “Ius Soli temperato” (adottato nella
maggior parte dei paesi europei) che mette l’accento sulla condivisione della
cultura del Paese di elezione “Ius Culturae”. Anche se, per la solita fretta
delle leggi italiane scritte male, poco comprensibili sia nei loro dispositivi
che nei principi che le ispirano, questo legame è implicito (anche se effettivo
ed efficace) ma andrebbe ovviamente esplicitato, ponendovi un enfasi maggiore.
Infatti
il legame con la cultura di elezione è previsto dalla legge proposta anche se
ciò nel ddl non è bene specificato ma, come spesso succede da noi, è
incapsulato nel rimando ad altra normativa (vigente): si tratta della normativa
sul “permesso di soggiorno europeo” che mette una serie di paletti (che prevede
la permanenza sul territorio nazionale per lungo periodo e un legame con la
cultura e la lingua di elezione, dimostrato tramite un test di lingua superato,
o un corso di studi frequentato nel caso dei bambini nati in Italia da genitori
stranieri e che abbiano completato un ciclo scolastico). Una normativa europea che
però, ovviamente, pochi conoscono. Questa è una pecca della legge e andrebbe
corretta, perché come ha giustamente osservato Galli della Loggia sul Corriere,
un po’ di enfasi, senza limitarsi alla stretta logica giuridica di un comma che
sostituisce e rimanda a un altro (e poi chi prova a capire una legge non ci
capisce nulla), sul rapporto con la cultura nazionale andava posta.
Ma
per noi che siamo socialisti quanto affermato dal liberale Galli Della Loggia
ciò non è sufficiente, pur essendo una base condivisibile. Per evitare di
creare nicchie di isolamento sociale, risentimenti identitari degli autoctoni
che temono per la competizione sul lavoro, e che quindi pongano le basi delle
future banlieau italiane, con le conseguenze che ben conosciamo, occorre
accanto a un legame chiaro con la cultura nazionale, una riaffermazione verso
tutti dei principi di uguaglianza sostanziale presenti nella Costituzione all’art.
3 (quei principi che JP Morgan considera, del tutto correttamente, di
ispirazione “socialista”).
Probabilmente
si riteneva che insistere sullo Ius Soli avesse maggiore impatto mediatico (per
Renzi “l’importante è esagerare”) inoltre era forse un modo per prendere le
distanze dalla precedente legislazione italiana, ingiusta e troppo restrittiva,
basata tradizionalmente sullo ius sanguinis: è italiano chi nasce da genitore
italiano, salvo eccezioni faticosamente concretizzabili e da vedere di caso in
caso, con il rischio di situazioni paradossali che portano centinaia di
migliaia di sudamericani, che nessun legame hanno più con il paese di origine, a
ottenere facilmente la nazionalità italiana se riescono a dimostrare di avere
un remoto avo italiano (spesso facendo carte false con la compiacenza dei
consolati).
Chi
scrive non è d’accordo con lo Ius Soli perché, come si vede, in realtà deriva
da una realtà storico-politica completamente diversa, quella dell’impero
americano, col suo “sogno” cosmopolitico dell'età dell’oro del capitalismo e
della religione del dollaro che oggi è in evidente crisi (si veda il bellissimo
film “Capitalism: a Love Story” di Michael Moore). E si stupisce anche della
faciloneria con cui esponenti e leader della sinistra attuale confondano il
vecchio internazionalismo socialista e comunista con il cosmopolitismo
imperiale capitalistico, che ha sicuramente un grande fascino ma è anche una
grande fregatura. Freudianamente, gli attuali leader della sinistra italiana si
inchinano di fronte ai simboli del PCI ma non si rendono conto di essere in realtà
dei liberal-democratici di sinistra, desiderosi inconsciamente del loro posto
al sole nel bel mondo dove devi sgomitare per esistere. E ahimè disposti a
tutto pur di arrivare, proprio con curiosi riflessi condizionati reaganiani.
Questa
insistenza mediatica e ideologica sullo Ius Soli, che non è in realta l’oggetto
della legge che viene proposta (!) porterà purtroppo all’affossamento di una
legge che per molti aspetti è condivisibile, seppure da correggere e migliorare
in alcune parti.
Servirebbe
invece una buona legge sulla cittadinanza, che punta sulla conoscenza reciproca
e quindi la cultura e che rimarchi anche, nel solco della nostra Costituzione,
come ogni cittadino goda di diritti sociali fondamentali che derivano dal “compito
della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che
si oppongono alla uguaglianza sostanziale fra i cittadini (e non soltanto
formale) in modo da non creare diffusi timori sociali che possano essere
cavalcati da forze xenofobe e “populiste”. Non basta essere cittadini
formalmente per poi essere buttati nelle fauci di un mercato del lavoro feroce
e senza regole dopo il diploma o la laurea.
Così
come è giusta una ragionevole accoglienza dei migranti, che spesso fuggono
dalle guerre che abbiamo creato e alimentato nella recente destabilizzazione
del vicino oriente e di diverse regioni africane, ma occorre una programmazione
dei flussi che finora è del tutto mancata: e manca anche nel risibile tentativo
del ministro Minniti di mettersi d’accordo con i signori della guerra libici, tagliagole
professionali senza alcuna dignità politica. Così si finira solo di chiudere
nei lager libici molti innocenti e bisognosi di protezione. La real-politik può
essere praticata solo da chi abbia il senso della realtà e il ministro Minniti
non ce l’ha. Mentre una accoglienza legata alla condivisione della cultura,
all’ascolto reciproco e alla garanzia di un impegno per la piena occupazione e
l’uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini può funzionare e anche allargare
di molto le capacita di accoglienza attuali. Purché nessuno si senta minacciato
nella sua sicurezza sociale fondamentale: lavoro, casa, istruzione, sanità e un
ambiente sano. Per questo la sinistra dovrebbe dire “Ius Culturae” e non (con
Clinton e con Toni Negri) Ius Soli. Come ha ben capito in Inghilterra Jeremy
Corbyn che si preoccupa degli effetti del dumping sociale e salariale
dell’immigrazione non governata.
Filippo
Boatti
13
settembre 2017
Alcuni
riferimenti online:
In sintesi:
http://www.ilpost.it/2017/06/ius-soli-italia/
Testo di legge del 1992 (ius sanguinis):
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1992-02-05;91
Testo di legge di riforma della legge del 1992 approvato solo
alla Camera (ius solitemperato e ius culturae): http://www.camera.it/leg17/465?tema=integrazione_cittadinanza#m
Commento di Gian Antonio Stella sul Corriere:
http://www.corriere.it/opinioni/17_luglio_24/gli-errori-ius-soli-1f4264ba-6fd6-11e7-af64-bee1b3eecfa7.shtml