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Dietro la notizia
Soldi
Bruno Soro

“Soldi, Soldi, Soldi, tanti soldi
Beati siano i soldi
I beneamati soldi perché
Chi ha tanti soldi vive come un pascià
E a piedi caldi se ne sta.”

G. Kramer "Soldi!...",  da "Un mandarino per Teo", 1961.

Chissà quanti avranno sognato di vincere 21 milioni di euro a una super-lotteria com’è capitato alla ventiquatrenne post-femminista e nullafacente Nadia Motta, la protagonista della “commedia sul denaro crudele e attualissima”, l’ultima fatica letteraria di Sebastiano Vassalli (“Comprare il Sole”, Einaudi, Torino 2012). A me non succede di sicuro: per non correre rischi ho infatti sempre evitato accuratamente di acquistare un biglietto della lotteria di Capodanno, ma anche semplicemente un gratta e vinci da un euro (esistono?), tant’è che l’unica volta che sono entrato in un casinò, quello di Montecarlo, è stato solo per compiacere gli amici che desideravano dare un’occhiata all’interno. Tale è la mia avversione verso ogni forma di gioco d’azzardo che in quella occasione speravo di non incontrare qualcuno che mi potesse riconoscere, dal momento che mi sarei sentito fortemente in imbarazzo come se fossi stato colto in flagrante a commettere chissà quale azione peccaminosa. La stessa sensazione di disagio che mi ha colto quando, facendo tappa a Las Vegas, ho trascorso la notte in una squallida stanza dell’Hotel Luxor, situato dentro una finta-piramide all’interno della quale la luce del giorno non filtrava mai nemmeno da un buco. Quasi che i giocatori, immersi in quella penombra, non dovessero avere la percezione dello scorrere del tempo, impegnati come erano a giocare con quelle orrende macchinette mangiasoldi, nella speranza di un colpo di fortuna.

Ora, avendo letto il libro di Vassalli sono confortato nella mia «perversione». Essendo digiuno di finanza creativa e non sapendo come avrei potuto impiegare la vincita in modo da sfuggire agli inevitabili questuanti avrei corso infatti anch’io il rischio di finire come Nadia. Ma non vi racconterò com’è finita la storia di Nadia, per non togliervi il piacere di scoprire da voi stessi chi è “il malvagio”, ossia l’antagonista del personaggio principale il quale, analogamente a tutti gli altri personaggi della favola, alla fine visse felice e contento. A cominciare da Stefi, la mamma femminista di Nadia; poi  Eros, il suo fidanzato Babbeo; Alessandro, il professoredi filosofia e suo amante segreto; Gianna, l’amica e rivale di Nadia, quella che il destino ha premiato facendola entrare insperatamente in possesso di quei soldi di cui aveva proprio bisogno; Piero, il conteso amante delle due giovani donne, il quale, avendo messo a profitto il suo lato “g”ed essendo diventato l’amico del danaroso Niño, “non vive più in un centro sociale e non fa più lezioni di mimo agli adulti”. Gli unici, in fondo, a non essere stati beneficiati dalla vincita milionaria di Nadia saranno proprio lei, la protagonista, e l’avvocato Zoppi: “quello che si occupa di soldi e di tasse”. Chiamato in causa per la sua abilità nel gioco del cappello del prestigiatore, e dopo avere intessuto una breve relazione amorosa con Nadia, l’avvocato Zoppi finirà infatti … non vi dico come.

 Nell’impietosa commedia di Vassalli, uscita quasi in contemporanea a “Reality” il film di Matteo Garrone il cui protagonista vive una divorante ossessione, Nadia Motta è ossessionata dai soldi, a tal punto da sognare che “il Signore dei Saldi e dei Soldi l’avrebbe portata a vivere con sé, nella città metafisica del denaro”, un’ossessione che la farà precipitare in una spirale di annullamento di sé.

Ecco, mi sono detto, una buona occasione per dire ciò che penso sul gioco d’azzardo. Di certo non è necessario scomodare l’affascinante racconto di Schnitzler “Gioco all’alba” per scoprire quanto distruttiva possa essere la passione per il gioco d’azzardo, tantoda indurre chi lo pratica a comportamenti autolesionistici. Per quanto mi concerne, ognuno è libero di sperperare i propri quattrini come crede, specie se li ha ottenuti “a sua insaputa”. Mi limiterò pertanto a qualche (forse) banale considerazione di carattere economico, prendendo le mie informazioni (non so quanto plausibili) da internet. L’Italia, stando all’Agenzia DIRE, avrebbe il poco raccomandabile primato mondiale del gioco d’azzardo: una passione che coinvolgerebbe circa la metà della popolazione, con una spesa di circa 2 mila euro pro capite all’anno. Da un sondaggio effettuato da KRLS Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani, risulterebbe che il 75% degli italiani sarebbe favorevole all’introduzione di una imposta unica sostitutiva (IUG) su tutti i giochi legalizzati - Lotto, Superenalotto, Scommesse Sportive, Poker on line, Giochi da casinò, Bingo, Lotterie etc. -, pari al 50% della vincita, da destinare per metà all’abbattimento del debito pubblico e per la parte restante a rilanciare lo sviluppo economico mediante l’incentivazionedel consumo. Con ogni probabilità queste stime sottovalutano il fenomeno, quanto meno con riferimento al numero di persone che, ormai nella maggior parte degli esercizi pubblici (bar e tabaccherie), si lasciano tentare dal depositare qualche monetina nelle “slot machine” o macchinette mangiasoldi (per chi voglia documentarsi su questo fenomeno può semplicemente digitare la corrispondente voce su Wikipedia). E l’ammontare complessivo della spesa è quasi certamente superiore ai 72 miliardi di euro l’anno (una bella manovra, per il Governo dei Tecnici, non vi pare?) stimati nello studio elaborato dall'Associazione Contribuenti Italiani.

Tassare la vincita non è a mio avviso sufficiente per disincentivare la passione per il gioco (posto che questo sia l’obiettivo che si vuole raggiungere). Come splendidamente raccontato nella favola di Sebastiano Vassalli, infatti, il vincitore cercherà, con la complicità di personaggi al limite o fuori dalla legge, di collocare i soldi della vincita “da qualche parte (…) Magari all’estero, in un posto dove non si pagano le tasse”. Se l’obiettivo, invece, fosse quello di raggranellare qualche risorsa da destinare, poniamo, al finanziamento della ricerca, mi permetto di suggerire ai nostri Tecnici al Governo (e perché no, anche al Ministro Balduzzi) questa provocatoria soluzione. Poiché tranne che per il lancio di una moneta (o di una qualche scommessa similare tipo che esca il rosso o il nero alla roulette), in cui la probabilità di vincere o di perdere è del 50%, nella maggior parte dei giochi d’azzardo, come per qualsiasi lotteria, la probabilità di perdere la giocata è incommensurabilmente più grande rispetto a quella di vincere il premio,quando si decide di giocaresi rinuncia, consapevolmente o inconsapevolmente, ad una parte di reddito che si considera“superflua”. (Salvo il caso di essere già in preda di un vortice compulsivo, per cui si cerca disperatamente di rientrare con un colpo di fortuna dalle perdite precedenti). Al posto di tassare la vincita, proporrei quindi di tassare direttamente alla fonte il 70% di quanto si gioca (anziché, come nel caso del Bingo di destinare ai premi il 70% dell’incasso).Con tanto di ringraziamento da parte dello stato.In maniera simile alla scritta che compare sui pacchetti di sigarette “il fumo uccide”, si potrebbe mettere in bella evidenza sulle ricevute di ogni tipo di giocata (esu ogni macchinetta mangiasoldi) la scritta “grazie per aver finanziato la ricerca”. Sono convinto che anche in questo caso, come succede con la maggior parte dei fumatori che finge di ignorarel’avvertimento, chi ha la passione per il gioco d’azzardo continuerà a coltivare la sua passione. Questa mia provocatoria proposta possiede quanto meno il vantaggio, rispetto a quella della tassazione della vincita, della certezza dell’incasso da parte del fisco, senza alcuna possibilità di evasione. In fondo, i 49 miliardi che il fisco incasserebbe sono pur sempre un bel pacchetto di soldi. Soldi, che per di più, e per stare in linea con le misure varate dal Governo con la “legge di stabilità”, verrebbero prelevati sempre e in larga misura a quei tanti che hanno poco, poiché, a quanto pare, non c’è modo (per mancanzadi volontà politica) di tassare quei pochi che hanno tanto.

Alessandria, 20 ottobre 2012

 

 

 

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