Certe storie sono più difficili di altre
da raccontare. Perchè in mezzo non c’è una truffa, non c’è una delibera
stramba, non c’è la corruzione. Ma c’è la morte. Forse sono stato ingenuo a non
pensarci mai: voler fare questo mestiere qui, e trovare davanti la
morte. Non mi era mai successo.
Anche quella, poi, è da raccontare. Ma
come?
La spiaggia, ambiente che già
solitamente non amo, si è trasformata oggi nel teatro di una tragedia. Forse la
più grossa, da un bel po’ di anni, da queste parti. Il primo sguardo,
inevitabilmente, è per quel barcone quasi incrinato a pochi passi dalla riva
del Pisciotto.
Barcone, parolone…
Quanto sarà stato grande? Forse quanto
un salotto di una delle nostre case. Quanta gente avrebbe potuto contenere?
70/80 persone. Ma proprio attaccate tra di loro, strette. Invece lì dentro ce ne stavano almeno
250. Risulta difficile darsi una spiegazione logica, ma saranno stati stipati ad incastro. Come
bestie. Anzi, più di bestie. Sembra esile e fragile, invece ha resistito ad un viaggio così lungo.
A bordo c’erano 250 storie, 250 speranze
(ma proprio forti, eh!) di cambiare la vita. A tal punto da rischiarla, la vita.
Avevano pagato (chissà quanto) per il
sogno, invece si sono ritrovati ad aver acquistato la loro morte. Spinti da minacce, calci, pugni,
frustate ad abbandonare quella nave (seppur precaria) e ad abbandonarsi al mare. Un mare che fino a
ieri era in splendide condizioni ma che oggi, col soffio di un vento umido, ha mostrato le sue
onde peggiori. Tra di loro bambini, ragazzi, e anche donne incinte. Non avevano altra soluzione:
buttarsi, e pregare. Alla fine risulta quasi una fortuna che le vittime non siano state di più. E anche
qualche buon’anima ha contribuito a non rendere quel bilancio ancora peggiore.
Ma il destino, per qualcuno di loro, era
segnato. Basta girare lo sguardo, e loro sono ancora lì.
Allineati, perfettamente allineati.
Senza vita. Tredici corpi in fila, ricoperti da un lenzuolo bianco. E adesso?
Sono lì per raccontarla quella storia. Ma come si fa? Nessuno me l’ha mai
insegnato. Le mani tremano, le gambe
pure, e il magone non tarda ad arrivare. Poi arriva quel po’ di forza, sufficiente a permettere di scrivere (ma fosse
facile tenere lontano quel coinvolgimento emotivo!). Al di là del racconto della vicenda
c’è la voglia di sapere delle loro storie. Ma per tanti di loro sarà difficile conoscere anche solo il
nome. Chissà cosa contenevano quelle borse lì intorno (era tanta la voglia di aprirne una),
e chissà quanta strada avevano percorso quelle scarpe disperse lungo la spiaggia. C’è
l’infradito, c’è la sneaker, la
ciabatta… non manca nulla!
Da quel lenzuolo bianco sporgono le
mani, e i piedi. Al polso un braccialetto bianco con un numero: vite diventate numeri. Che lavoro
faceva il numero 2? Quanto sarà grande l’apprensione dei genitori del 5? Quale sogno aveva il 7?
L’11 aveva mai confessato quella cotta per la ragazza del suo villaggio?
Poi c’è quella storia che è
inverosimile, non ci si crede. Lui, lui che non ha un nome. Supera la trappola del mare, e riesce a mettersi in
strada verso quello che rimane il suo sogno. Si dirige verso Modica, prima tappa di chissà quale
viaggio. Il suo viaggio, però, non sarà lungo. Una macchina pirata, lungo la vecchia strada per
Marina di Modica, lo travolge. Le ruote passano sul suo corpo. Una delle scene più brutte viste in
vita mia: lui, riverso a terra, con volto e torace insanguinati. Uno dei due suoi amici è
disperato. Un pianto di un’intensità unica, proprio forte.
Adesso versa in gravi condizioni.
Povero, che beffa quella che gli ha proposto il destino. Nel pomeriggio, quasi
nello stesso posto ci sono altri trenta migranti. Bambine, bambini, ragazzi, donne incinte. Poco dopo arriva la Polizia, un
fuggi fuggi generale. Due donne incinte decidono, anch’esse, di scappare. Scavalcano un muro a
secco. Il desiderio sarà stato quello di portare la vita che tengono in grembo verso la felicità,
quella immaginata e sperata. Poi gli agenti riescono a recuperarle.
Probabilmente, da domani, potreste
ritrovarvi davanti uno di loro. Non allontanatevi, non scansatelo. Avvicinatelo
se potete. Un eroe, è un eroe. Pensate a cosa ha sopportato, cosa ha rischiato
per un sogno. E noi ne saremmo capaci?
A
loro tredici