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11 settembre 1973
III. Cenni di storia del Cile nel Novecento: la politica
Marcella Guido

di Marcella Guido

Nelle elezioni 1958 il conservatore J. Alessandri (1958-1964) prevalse sul socialista Allende, per meno del 3% dei voti (che se non fossero stati dispersi verso Cristiani di sinistra [3,3%]  avrebbero permesso ad Allende di  vincere l già in quell’occasione[1]).

Comunque, pur non avendo ottenuto la maggioranza assoluta, il Congresso Cileno scelse di affidare l’ incarico ad Alessandri, che affrontò la presidenza con il compito di risollevare l’economia cilena.

Lo sforzo per potenziare l’industrializzazione andò tuttavia a discapito dell’agricoltura, mentre le esportazioni di rame affrontavano una rovinosa concorrenza internazionale.

 La situazione finanziaria, inoltre, costrinse il governo a imporre misure di austerità, come il blocco dei salari, che portarono al moltiplicarsi del costo della vita nel giro di pochi anni, colpendo, ovviamente, le classi meno abbienti.

Il governo di Alessandri perse popolarità durante il suo esercizio: nelle elezioni legislative del ’61 e nelle municipali del ’63, infatti, i partiti del il Frente de Acción Polpular (FRAP) aumentarono significativamente e la Democrazia Cristiana si rafforzò considerevolmente arrivando a diventare il maggior partito.

La fine del mandato di Alessandri, trovò il paese in preda all’inquietudine.

Per le elezioni del ’64, quindi, essendo scontata la sconfitta del candidato conservatore Duran, dopo la delusione del presidente Alessandri, erano due i gruppi che si accingevano a dare la scalata al potere: FRAP, coalizione socialcomunista capeggiata da Allende, che prometteva la transizione al socialismo, e la Democrazia Cristiana che proponeva il prestigioso nome di Frei.

I programmi elettorali non si discostavano, in sostanza, l’uno dall’altro: terra ai contadini, allargamento del suffragio, nazionalizzazione delle miniere di rame (totale per Allende, parziale per Frei), abolizione dei monopoli.

Frei era considerato un fedele amico degli USA, mentre Allende proclamava la sua simpatia per Castro.

Le elezioni (4 settembre) registrarono la netta vittoria, per la prima volta nella storia dell’ America Latina, di un partito nuovo: la DC, nato negli anni Trenta (Falange Nazionale), allineato a sinistra nel quadro delle tradizionali alleanze politiche e ispirato agli appelli di Leone XIII  e di Giovanni XXIII, nonché alle teorie di filosofi cattolici quale Maritain  e del gesuita belga, lungamente vissuto in Cile, Vekemans.

Il movimento non era però legato al clero, respingeva sia il capitalismo che il comunismo, e si batteva per un  rinnovamento sociale, revolución en la libertad, nell’ambito della legalità.

Frei dovette subito affrontare la diffidenza del congresso, in cui il suo partito si trovava in netta minoranza, mentre il paese presentava un situazione economica deprimente: inflazione galoppante, insufficienza della produzione agricola, penuria di alloggi, cattive condizioni dell’allevamento.

Le cose cambiarono con le elezioni congressuali del 1965 che rappresentarono un  trionfo per la Democrazia Cristiana che vide i suoi seggi alla Camera aumentare da 23 a 82 e che permise a Frei di procedere alla “ cilenizzazione” delle miniere di rame, che erano quasi completamente in mano a società nordamericane, prevedendo il raddoppio della produzione del metallo nel giro di sei anni. 

La nazionalizzazione avvenne alla fine del 1966, dopo lunghi dibattiti al congresso, e fu seguita da un accordo con il Perù, il Congo e lo Zambia per la unificazione dei prezzi, ma nel ’67 un calo  nella richiesta mondiale del prodotto provocò una crisi facendo naufragare il piano sul quale Frei aveva basato i suoi preventivi.

 La coraggiosa riforma agraria, che toccava gli interessi dei latifondisti, dovette superare un’accanita opposizione (durata oltre due anni) in sede  legislativa, ma alla fine, il 16 luglio ’67, la legge approvata fu trionfalmente accolta dalle masse, mentre i ricchi proprietari terrieri si sentivano defraudati e i radicali di sinistra accusavano il governo di tuffa in favore degli agrari. 

Le espropriazione furono subito avviate sotto il controllo della CORA (Corporación Reforma Agraria) e i contadini ebbero i loro sindacati, prevedendo una proprietà rurale per non meno di centomila famiglie entro il 1972.

In politica estera il pragmatismo del presidente Frei riuscì a la conciliare il mantenimento di buone relazioni con Washington con la critica dell’ intervento statunitense nella Repubblica Dominicana (aprile ’65); l’ appoggio all’OSA, con l’ opposizione al progetto di una forza armata interamericana; la pressione per un  ritorno di Cuba in seno all’ OSA, col ristabilimento dei rapporti diplomatici con l’ URSS, permettendo, inoltre, la risoluzione di annose questioni di frontiere con l’Argentina (con la quale si avviò una maggiore collaborazione economica) e il consolidamento di importanti contatti attraverso numerosi viaggi (‘65) in Italia, Francia, Inghilterra e Germania occidentale.

I risultati delle riforme, tuttavia, apparivano inevitabilmente lenti, i passi in avanti erano innegabili, ma non potevano risolvere in un breve tempo i complessi problemi legati alla secolare struttura sociale, ancora dominata da potenti oligarchie.

Stretto nella lotta agli estremismi, forte alla Camera, ma tenacemente avversato al Senato (che nel ‘65 gli rifiutò il permesso di recarsi negli USA per incontrare il presidente Johnson), Frei incominciò a perdere la fiducia delle masse impazienti.

Le elezioni municipali del ’67 diedero alla DC solo il 36,5% dei voti (il 42,3% nel ’65) mentre gli altri partiti si rafforzarono e, successivamente, le elezioni del 4 settembre del 1970 dimostrarono che il Cile era pronto per sperimentare un orientamento socialista.

Per la successione di Frei, al quale la costituzione impediva di ripresentarsi, erano in lizza tre candidati: il democratico-cristiano Tomic, l’ex presidente conservatore Alessandri, e Allende, socialista, appoggiato da sei piccoli partiti di sinistra (Unidad Popular) tra cui il partito comunista cileno, ben organizzato, contrario alla lotta armata , assurto alla guida della Confederazione del lavoro.

 

   Candidato  

Voti

%

Allende

1.066.372

 36,29% 

 Alessandri 

1.050.863

35,76%

Tomic

821.350

27,95%

Totale

   2.943.561   

 

 

Fonte: “La elección presidencial de 1970. Sesenta días que conmovieron a Chile (y al mundo)” di Alejandro San Francisco en Camino a La Moneda, pubblicato da Alejandro San Francisco e Ángel Soto

 

Il responso delle urne assegnò ad Allende il 36,3% dei voti, ad Alessandri il 35,7%  e a Tomic il 27,9%, dimostrando che, malgrado mancasse una maggioranza assoluta, due terzi degli elettori avevano votato per le riforme sociali.

La costituzione stabiliva che, in un caso del genere, il parlamento dovesse scegliere il presidente tra i due candidati che avessero ottenuto il maggior numero di voti, portando, così, tra  settembre e ottobre, al passaggio da uno schema politico tribolare, a uno bipolare.

Uno schieramento sosteneva la necessità di rispettare la prassi secondo cui doveva essere proclamato presidente il candidato che avesse la maggioranza relativa, e un altro schieramento vedeva la necessità di rompere con la prassi, ma l’adesione dei democristiani al primo schieramento, dopo la dichiarazione formale di fedeltà  alla costituzione da parte di Unità Popolare, e la promessa di alcune garanzie (sopravvivenza dei partiti di opposizione, libertà di stampa, autonomia sindacale), determinò la proclamazione di Allende da parte del parlamento.

 

Candidato

Partito/Coalizione

Voti

%

Salvador Allende Gossens

Unidad Popular (UP)

153

81,38%

Jorge Alessandri Rodríguez

Indipendente (Conservatore)

35

18,62%

Schede bianche

 

7

 

Totale voti

 

188

100%

 

Fonte: “La elección presidencial de 1970. Sesenta días que conmovieron a Chile (y al mundo)” di Alejandro San Francisco en Camino a La Moneda, pubblicato da Alejandro San Francisco e Ángel Soto

 

I due schieramenti creatisi dopo le elezioni, riflettevano la profonda polarizzazione che la vittoria di Unidad Poular aveva creato nel quadro politico e il deterioramento delle regole del gioco della democrazia formale cilena.

 Il “bisogno” di ottenere da Allende una dichiarazione ufficiale di fedeltà alla costituzione, inoltre, dimostrò una diminuzione di fiducia tra dirigenti politici che erano stati in contatto per diversi decenni, e per i quali era sempre stato scontato il rispetto per le regole del sistema.

La presidenza di Allende, quindi, nacque viziata da una profonda crisi istituzionale.

 

Per Unidad Popular si intende il periodo di storia cilena compreso tra il 1970 e il 1973, cioè l’arco temporale che intercorse tra l’insediamento al potere di Salvador Allende quale presidente della Repubblica, eletto da una coalizione di sinistra (Pc, Ps, Partito radicale, Movimento di alleanza popolare e Partito socialista democratico) e la sua deposizione e uccisione in seguito al colpo di Stato.

L’alleanza delle sinistre si collocò in un contesto di rottura rispetto alle vecchie strutture economiche e sociali, ma di continuità rispetto alla struttura politica, infatti, Allende stesso affermò: “Le masse in lotta conquistano il potere sulla base di quello che costituisce l’aspetto più rilevante della nostra storia: la continuità e il rispetto dei valori democratici, il riconoscimento della volontà della maggioranza […] un processo che ha come obiettivo la trasformazione dell’attuale struttura economica per poter iniziare la costruzione del socialismo”[2].

Sulla base di questa autodefinizione, che profila Unidad popular come una fase di passaggio, si accese un vivace dibattito politico per l’analisi e la definizione della durata e delle caratteristiche.

 Il  Ramos[3], ad esempio, ne presentò una suddivisione in: una prima fase costituita dallo strutturarsi di coalizione di forze, una seconda dalla vittoria elettorale all’insediamento di Allende alle presidenza della Repubblica e che servì a testare la capacità politica effettiva del movimento, e una terza che nacque con la costituzione del governo popolare.

Il Dos Santos[4], soffermandosi più nel contenuto, evidenziò la doppia anima del movimento: una tendenza proletaria centrata sul problema della presa del potere, sullo sviluppo di un potere alternativo, sulla necessità di sviluppare nuovi rapporti sociali, ed una “piccolo-borghese” che mirava a limitare il processo di trasformazione che il paese stava vivendo, riducendolo ad una riforma della struttura politica ed economica cilena nel senso di adattarla alle necessità di una produttività e a un livello di ammodernamento più alti.

Scondo Marcello Carmagnani[5], l’impostazione caratteristica degli studi apparsi durante il governo di Unidad Popular, fu di ricercare precedenti e precursori nel passato, individuando come punto di partenza la politica antioligarchica e antimperialista del presidente Balmaceda[6] alla fine dell’800, e come precedente più diretto il Fronte popolare che governò il paese tra il 1938 e il 1943.

Questa ricerca, però, che rappresenta  una tendenza tipica dei momenti storici di grandi cambiamenti, fa apparire come continuità ciò che invece fu una vera e propria rottura, finendo col fuorviare completamente l’analisi storica.

Per quanto riguarda la presidenza  Balmaceda, infatti, si trattò di un tentativo fallito di garantire allo stato un ruolo autonomo  rispetto all’oligarchia e al capitale inglese, mentre Fronte popolare, fu il tentativo dei ceti medi, in alleanza con la classe operaia e altre forze popolari, di sottrarre una parte di potere all’oligarchia allo scopo di permettere ai ceti medi d’inserirsi realmente nella vita politica e di diventare beneficiari della crescita economica.

La differenza fondamentale di Unidad Popular con i movimenti precedenti, risiede nel fatto che un nucleo fondante di questa alleanza era costituita dal proletariato, e gli obiettivi di lotta determinarono l’unione per una risoluta marcia verso il socialismo. L’emersione della classe operaia urbana e mineraria e le sue organizzazioni politiche (partiti socialista e comunista) costituì decisamente un fenomeno nuovo e se un qualche confronto può  utilmente essere fatto, è con la fase iniziale della rivoluzione cubana, cioè  con quel periodo che va dallo sbarco di Castro nella provincia di oriente, sino alla deposizione del presidente Urrutia[7]

Allende, primo presidente socialista liberamente eletto nel continente americano, fu insediato il 4 novembre del ‘70 a capo di un governo nel quale figuravano tre socialisti, tre comunisti, tre socialisti-radicali e due socialdemocratici, con un programma che mirava a porre fine alla secolare miseria dei contadini e a impedire al capitale straniero di continuare a sfruttare le immense ricchezze naturali del paese, incentrandosi sulle nazionalizzazioni, sulla sostituzione del Congresso bicamerale con un’assemblea del popolo, sulle espropriazioni delle grandi haciendas in favore di cooperative contadine, oltre che sulla prevista ripresa dei rapporti con il governo cubano. La transizione al socialismo passava attraverso l’instaurazione di un nuovo modello di crescita in grado di creare una stretta associazione tra la trasformazione della struttura economica e l’aumento del reddito nazionale, e cioè tra il processo rivoluzionario e la crescita economica.

Nonostante l’avvento di Allende fosse avvenuto in un clima allarmistico e cosparso di difficoltà obiettive che rendevano problematico il suo mandato, durante il primo anno di governo, la crescita economica ebbe il più alto tasso degli ultimi cinquant’anni dimostrando che la politica economica del governo provocò effettivamente una ripresa economica a breve termine.

In ambito internazionale, il governo, strinse rapporti oltre che con Cuba (Castro soggiornò lungamente in Cile esprimendo la sua solidarietà ad Allende) e con la Cina popolare (che  per sopperire ai mancati finanziamenti statunitensi, concesse un prestito per il miglioramento dei salari), anche con Vietnam e Corea del nord e con tutti i paesi del blocco sovietico e si recò in visita ufficiale a Mosca e nei vicini Perù, Ecuador, Colombia, Messico, Cuba, e Argentina.

L’accelerazione della riforma agraria, le nazionalizzazioni delle multinazionali, la statalizzazione delle banche, la redistribuzione del reddito a favore dei settori sociali economicamente più deboli, furono i successi del 1971 che  si riflessero nelle elezioni amministrative del ’71 che  riconfermarono la fiducia del popolo in Allende, che ottenne una chiara vittoria.

 Ma, l’assassinio  dell’ex ministro degli Interni di Frei, Perez Zucovic, odiato dalle sinistre, gli ostacoli posti dalla DC passata all’opposizione, le manifestazioni ostili organizzate contro il governo per l’inarrestabile aumento dei prezzi,  le pressioni dei radicali che reclamavano drastiche soluzioni, il blocco economico imposto dall’estero,  misero a dura prova la stabilità governativa.

La dissociazione tra processo rivoluzionario e crescita economica, infatti, avvenne soltanto a partire dal 1972, (i tassi di crescita del reddito nazionale furono dell’8,3% nel ’71, dell’ 1,4% nel ’72, e dello 0,2% nel primo semestre del ’73) in conseguenza della crisi istituzionale, ma soprattutto del carattere legalitario del processo rivoluzionario che impedì al processo di cambiamento di investire contemporaneamente tutta la struttura economica.

Mentre la riforma agraria iniziò immediatamente, la nazionalizzazione del rame dovette aspettare fino al luglio del ‘71 e la nazionalizzazione delle banche si attuò comprando azioni e quindi coprendo un arco temporale assai lungo: la Anaconda e la Kennecott, le due multinazionali americane che controllavano la produzione del rame, ebbero otto mesi per ritirare tutto il capitale variabile, continuare a produrre con il macchinario logorato e consegnare, poi, allo stato una struttura produttiva tecnologicamente vecchia.

In termini più generali, si può affermare che la mancata simultaneità e relativa lunghezza della fase di transizione al socialismo, rappresentarono indubbiamente un costo economico e politico abbastanza elevato, poiché servirono al capitale monopolistico estero, soprattutto a quello americano, e al capitale monopolistico nazionale per disinvestire e quindi emigrare: la  fuga di capitali determinò, inoltre, una fuga di cervelli e tecnici.

L’espropriazione dell’ITT (International Telephon and Telegraph), potente società multinazionale, seguita dall’accusa documentata di aver stanziato un milione di dollari per rovesciare il regime, provocò un grosso scandalo e un’inchiesta da parte del senato di Washington, mentre, nel frattempo, l’orizzonte economico si oscurava: il prezzo del rame calava, la produzione agricola, a causa dell’affrettata riforma agraria e della siccità, scendeva rapidamente privando le città di rifornimenti, il bestiame, non trovando posto nelle piccole aziende di nuova formazione, veniva quasi tutto macellato.

La situazione alimentare si era fatta critica e la rarefazione delle derrate nei negozi indusse le donne a scendere in piazze per protestare, inoltre, alle espropriazioni legali delle terre si aggiunsero quelle illegali promosse degli estremisti che ricorsero alla violenza.

Le forze conservatrici nel corso del 1970-71 non cessarono di creare situazioni di disturbo: la riforma agraria, ad esempio, non poté liquidare completamente i latifondisti  che, grazie alla legge che lasciava loro il possesso di ottanta ettari di terra irrigua tutto il macchinario e il bestiame, poterono organizzarsi e ostacolare l’azione rivoluzionaria provocando un innalzamento notevole del numero degli scioperi e dei disordini (1401 nel 1969 e 1758 nel 1971).

 Il movimento controrivoluzionario, infatti, non nacque nelle città grazie ai finanziamenti delle multinazionali e della Cia, ma iniziò nelle campagne.

Un colpo ulteriore arrivò nella riunione del 9 febbraio del 1972, durante la quale il governo subì una duplice critica: a quella prevedibile delle destre, se ne  aggiunse un’altra dall’estrema sinistra che criticava la posizione troppo moderata del governo: le due anime di Unidad Popular evidenziate  Dos Santos  (proletaria e  piccolo borghese) che fino a quel momento avevano convissuto, iniziarono a mostrare la loro incompatibilità segnando l’inizio di un dissidio che aggraverà ulteriormente la crisi istituzionale e la stabilità del governo. 

Un’ondata di scioperi senza precedenti, più o meno strumentalizzati[8] si abbatté sul paese, si moltiplicarono le manifestazioni di piazza e gli atti di terrorismo diffusero il panico.

L’ 11 ottobre del 1972, la serrata dei proprietari di camion, in protesta contro la creazione da parte del governo di una società nazionale dei trasporti, unita all’azione continua delle multinazionali americane del rame che intensificavano i loro sforzi per bloccare l’acquisto di rame cileno da parte dei paesi europei portò Allende, (in un estremo tentativo di arginare i disordini che minacciavano il caos) a ricorrere ai militari inserendoli nella compagine governativa: al prestigioso  Generale Prats, capo di Stato Maggiore dell’esercito, fu affidato il ministero dell’Interno, mentre il Contrammiraglio Huerta andava ai Lavori pubblici e agli Affari Minerari il Generale dei carabinieri Sapulveda.

In una situazione così grave era inevitabile che venissero coinvolte anche quelle forze che sino ad allora si erano mantenute neutrali: le uniche a trovarsi in queste condizioni erano le forze armate, le quali godevano di un potere autonomo che le metteva in grado di presentarsi come una forza di mediazione, come affermò Valenzuela[9]: “l’incapacità delle élites politiche di raggiungere un compromesso portò a trasferire alle forze armate neutrali la responsabilità ultima dei problemi cruciali del paese”.

Nonostante il generale Prats, appoggiando il presidente, avesse mostrato l’eccezionalità della misura, indispensabile per revocare lo stato di emergenza, tranquillizzare la piccola e media borghesia e scongiurare una guerra civile, il nuovo gabinetto non risultò gradito né alle sinistre, che accusarono Allende di tradire il riformismo radicale e sottolinearono il pericolo di freno della transizione verso il socialismo, né alle destre che lo interpretarono come un forzato  tentativo di legittimazione.

L’incorporazione dei militari nel governo va anche vista come tentativo di riportare in ambito istituzionale quella parte di potere decisionale di cui si erano appropriate le associazioni spontanee. La precedente e conseguente accelerazione della crisi istituzionale, infatti, se da una parte ampliò lo spazio dell’opposizione, dall’altra incentivò nuove forme organizzative, (alcune incoraggiate dal governo, altre spontanee) atte a rafforzare e incrementare la partecipazione popolare, che vennero acquistando progressivamente un potere e un’ influenza tale da  scavalcare il governo o premere su di esso.

Tutto sommato il periodo tra l’ottobre del ’72 e il marzo ’73 vide una forte ripresa dell’iniziativa politica e della forza carismatica di Unidad popular: il 4 dicembre 1972, infatti,  Allende, intervenendo alla XXVII sessione dell’Assemblea generale dell’ONU, pronunciò un vibrante atto d’accusa contro l’imperialismo che “mediante il brutale soffocamento dell’economia cilena” cercava di rovesciare il suo governo per instaurarvi una dittatura, e le elezioni del marzo 1973, (svoltesi regolarmente nonostante il burrascoso periodo pre-elettorale e le altissime astensioni) rafforzarono sorprendentemente la sua posizione sia alla Camera che al Senato ( 43,39%).

Il risultato elettorale,  nonostante non avesse mutato il precedente equilibrio politico, e nonostante mostrasse Allende minoritario rispetto alla somma della Dc e delle destre (54,7%, con grande contributo dei voti femminili),  fece nascere la convinzione che le regole del gioco non fossero in grado di abbattere costituzionalmente il governo e portò a un  maggiore irrigidimento delle destre, dimostrando che una parte di esse era ormai apertamente disposta ad uno scontro frontale. I due maggiori movimenti estremisti extraparlamentari Patria y libertad, di destra, e MIR (Movimiento de la izquierda revolucionaria), di sinistra, infatti, continuarono a combattersi senza reclusione di colpi.

 

- El golpe-

Il 28  giugno un tentativo insurrezionale  capeggiato dal col. Souper, fallì per la mancata adesione dell’esercito,  provocando, anzi, manifestazioni in favore di Allende che nel frattempo aveva riformato un governo di soli civili.

Il terrorismo, comunque, continuava a dilagare.

 Quel colpo fallito venne seguito da un ulteriore attacco alla fine di luglio, a cui, questa volta, si aggiunsero anche i minatori di rame di El Teniente: il 26 luglio l’addetto militare di Allende,  capitano di vascello Araya Marin, fu abbattuto da una scarica di mitra, ma la proposta governativa di stabilire lo stato d’assedio fu bocciata dalle camere.

L’8 agosto, un ammutinamento di due navi da guerra nel porto di Valparaiso, soffocato sul nascere, spinse Allende  a ricorrere per la seconda volta ai massimi esponenti delle forze armate, ma la decisione di nominare il generale Prats ministro della Difesa, (9 agosto) si rivelò così impopolare presso i militari che il 22 agosto fu costretto a dimettersi, non solo da quell`incarico, ma anche da quello di comandante in capo dell`esercito, sostituito in quest`ultimo ruolo da Pinochet[10].      

Nell`agosto 1973, una crisi costituzionale era chiaramente alle porte: la Corte Suprema si lamentò pubblicamente dell`incapacità del governo di far rispettare la legge e il 22 agosto la Camera approvò (81 voti contro 46) una mozione che accusava Allende di violare la costituzione e di coinvolgere nella sua azione le forze armate.

I membri Cristiano-Democratici e del Partito Nazionale, della Camera dei Deputati si appellarono ai militari per "porre fine immediata" a quello che descrivevano come "infrangimento della Costituzione... con lo scopo di reindirizzare l`attività del governo sul percorso della Legge ed assicurare l`ordine costituzionale della nostra Nazione e le basi essenziali della coesistenza democratica tra i cileni." [11]

Anche se questo documento venne invocato per giustificare il colpo dell’11 settembre, è chiaro che il programma del colpo era qualcosa di differente dal ripristino dell`ordine costituzionale.

La mozione accusava il governo Allende di cercare "...di conquistare il potere con l`ovvio scopo di assoggettare tutti i cittadini al più stretto controllo politico ed economico da parte dello stato... [con] lo scopo di stabilire un sistema totalitario," e sosteneva che avesse compiuto "violazioni della Costituzione" come "sistema permanente di condotta". Molte delle accuse si abbassarono fino all`ignorare la separazione dei poteri e all`arrogarsi le prerogative legislative e giudiziarie all`interno dell`esecutivo.

Tra gli altri particolari il governo venne accusato di:

governare per decreto, impedendo così il funzionamento del normale sistema legislativo.

rifiutarsi di attuare le decisioni giudiziarie contro i suoi sostenitori e "non eseguire le sentenze e le risoluzioni giudiziarie che contravvengono ai suoi obbiettivi."

ignorare i decreti dell`indipendente Ufficio del Controllore Generale.

varie offese riferite ai media, tra cui usurpare il controllo della rete televisiva nazionale e “applicare... pressioni economiche contro quegli organi di informazione che non appoggiano incondizionatamente il governo...”

permettere ai suoi sostenitori di radunarsi anche quando armati, impendendo al tempo stesso i raduni legali dei suoi oppositori.

“...aver appoggiato più di 1.500 `espropri` illegali di fattorie...”

repressione illegale dello sciopero di El Teniente.

limitazione illegale dell`emigrazione.

Ultimo, ma non meno importante, il governo venne accusato di un “crollo delle regole della Legge per mezzo della creazione e dello sviluppo di gruppi armati protetti dal governo i quali... sono guidati verso il confronto con le forze armate.” Gli sforzi di Allende di riorganizzare l’esercito e la polizia (che aveva chiaramente ragione di temere nella loro forma attuale) furono caratterizzati come “espliciti tentativi di usare le forze armate e di polizia per fini di parte, distruggendo la loro gerarchia istituzionale, e infiltrando politicamente le loro fila.”

Due giorni dopo (24 agosto 1973), Allende rispose[12] dipingendo la dichiarazione del Congresso come “destinata a danneggiare il prestigio della nazione all`estero e a creare confusione interna”, e predicendo che “Faciliterà le intenzioni sediziose di certi settori”. Egli puntualizzò, inoltre, che la dichiarazione non era riuscita ad ottenere la maggioranza dei due terzi richiesta dalla costituzione per muovere le accuse contro il presidente: essenzialmente il congresso stava “invocando l`intervento delle forze armate e dell`ordine contro un governo democraticamente eletto” e “subordinando la rappresentazione politica della sovranità nazionale alle istituzioni armate, che non possono né devono assumere le funzioni politiche o la rappresentanza della volontà popolare.”

Allende sostenne di aver seguito mezzi costituzionali nel portare membri dell`esercito nel gabinetto “al servizio della pace civica e della sicurezza nazionale, difendendo le istituzioni repubblicane contro l`insurrezione e il terrorismo.” Per contro, egli disse che il Congresso stava promuovendo un colpo di stato e una guerra civile, usando una dichiarazione “piena di affermazioni che sono state già confutate in precedenza” e che, nella sostanza e nei fatti (consegnandola direttamente a diversi ministri invece che presentarla al presidente) violava una dozzina di articoli della costituzione in vigore, e sostenne anche che la legislatura stava cercando di usurpare il ruolo dell`esecutivo.

“La democrazia cilena,” scrisse, “è una conquista di tutto il popolo. Non è né l`opera né il dono delle classi sfruttatrici, e verrà difesa da coloro i quali, coi sacrifici accumulati nelle generazioni, l`hanno imposta... Con una coscienza tranquilla... Io sostengo che mai prima d`ora il Cile ha avuto un governo più democratico di quello che io ho l`onore di presiedere... Reitero solennemente la mia decisione di sviluppare la democrazia e lo stato di diritto fino alle conseguenze ultime... Il Parlamento si è fatto bastione contro i cambiamenti... e ha fatto tutto ciò che poteva per perturbare il funzionamento delle finanze e delle istituzioni, rendendo sterili tutte le iniziative creative”.

Continuò sostenendo che i parlamentari usavano l`espressione “Estado de Derecho” (“stato di diritto”, ma anche “stato di giustezza”) per riferirsi ad “una situazione che presuppone l`ingiustizia economica e sociale... che il nostro popolo ha rigettato. Per portare la nazione fuori dalla sua attuale crisi sarebbero stati necessari forti mezzi economici e politici, , e il Congresso stava ostacolando questi mezzi: dopo aver "paralizzato" lo stato, stavano ora cercando di distruggerlo”.

Allende concluse appellandosi “ai lavoratori, a tutti i democratici e i patrioti” perché si unissero a lui nella difesa della costituzione e del “processo rivoluzionario”.

Intanto la situazione del paese degenerava a causa continui scioperi generali, tanto che l’8 settembre Allende annunciò di essere pronto ad indire un plebiscito per conoscere la volontà del popolo nei suoi riguardi. Tale possibilità, però, non ebbe il tempo di maturare: l’ 11 settembre un fulmineo colpo di Stato rovesciò il governo, che fu assunto da una giunta militare.

Il generale Pinochet salì al potere dopo il bombardamento del palazzo presidenziale con dei caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica, durante il quale il presidente Allende perse la vita. Le cause della sua morte rimasero incerte: il suo medico personale disse che si suicidò con un fucile mitragliatore (si presume in genere che sia quello che gli era stato regalato da Fidel Castro), ed un`autopsia confermò questa versione, nonostante altri sostenessero che fu assassinato dalle truppe di Pinochet mentre difendeva il palazzo.

Inizialmente la junta che prese il potere era formata da quattro capi: oltre a Pinochet della fanteria, c`erano Gustavo Leigh Guzmán dell`aviazione, José Toribio Merino Castro della marina, e César Mendoza Durán della gendarmeria, che  si accordarono subito per una presidenza a rotazione e nominarono Pinochet capo permanente.

 Il 13 settembre la giunta sciolse il Congresso e Pinochet si mosse per consolidare il suo controllo contro ogni opposizione mettendo fuori legge i partiti che avevano fatto parte di Unità Popolare. Lo Stadio Nazionale venne temporaneamente convertito in una immensa prigione per contenere gli approssimativamente 130.000 individui che vennero arrestati nei successivi tre anni, mentre il numero di “scomparsi”  (gran parte dei quali erano stati sostenitori di Allende) raggiunse le migliaia nel giro di pochi mesi,.

Il Cile di Pinochet fu un partecipante chiave dell`Operazione Condor, una campagna di assassini e raccolta di informazioni, spacciata per controterrorismo, condotta congiuntamente dai servizi di sicurezza cileni assieme a quelli di Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, ed Uruguay nella metà degli anni `70. I governi militari di queste nazioni sostenevano di stare neutralizzando i “sovversivi” di sinistra, ma la loro definizione del termine era estremamente ampia, ed era noto che le loro operazioni erano indirizzate contro i dissidenti politici[13].

Il bombardamento e l’assalto al palazzo presidenziale, segnarono per la prima volta nella storia del democratico Cile, il tramonto delle libertà civili e l’avvento di un regime militare dittatoriale.

(continua)

 

 

 

 



[1] Rapporto stilato dalla commissione Church, istituita nel 1975 per verificare il coinvolgimento dei servizi segreti americani nella politica interna cilena.

Church Report :Covert Action in Chile 1963-1973, Washington, 1975, in U.S Department of State. Freedom of information act in  http://foia.state.gov/Reports/ChurchReport.asp, parte I, C, 3

 

[2] S.Allende, La via cilena al socialismo, Roma, 1971 p. 51

[3] Sergio Ramos, op.cit. p 80 e ss

[4] Teotonio Dos Santos, La nuova dipendenza, , Milano, 1971 p 137

[5] Marcello Carmagnani, Unidad popular, op.cit., pag 407

[6] José Manuel Balmaceda Fernández (nato a Santo Domingo il 19 luglio 1840 e morto a Santiago il 18 settembre 1891), fu un uomo politico liberale cileno. Fu presidente del Cile dal 18 settembre 1886 al 29 agosto 1891

Eletto presidente della Repubblica nel 1886, grazie al buono stato dell’economia avviò un vasto programma di spese pubbliche con la fondazione di istituti scolastici e scientifici, di ospedali, infrastrutture portuali e ferroviarie, bonifiche, e potenziò le forze armate. Incorporò al territorio nazionale l’Isola di Pasqua e ristabilì relazioni regolari con la Santa Sede, permettendo la nomina di Mariano Casanova ad arcivescovo di Santiago. Dal 1890 però, entrò in contrasto con la nuova maggioranza conservatrice del Congresso, che reclamava una lettura in senso parlamentare della Costituzione del 1833 e sosteneva la concessione a società private dello sfruttamento dei giacimenti di nitrati del Deserto di Atacama; quando il Congresso respinse la Legge Finanziaria per il 1891, Balmaceda confermò quella per il 1890. Nel gennaio 1891 il Congresso denunciò le mire dittatoriali di Balmaceda, e lo destituì; Balmaceda rispose sciogliendo il Congresso: scoppiò una guerra civile che, dopo otto mesi, si concluse con la vittoria dei conservatori, appoggiati dalle Forze armate e guidati da una Giunta presieduta dall’ammiraglio Jorge Montt Álvarez. Il 29 agosto Balmaceda dovette cedere i poteri al generale Manuel Baquedano González, che si era mantenuto neutrale, e chiese asilo nella legazione argentina. Balmaceda si tolse la vita il 18 settembre 1891, termine del suo mandato costituzionale come presidente, lasciando un manifesto politico in cui difendeva il proprio operato, criticava il parlamentarismo e difendeva il presidenzialismo

[7] Abraham Oyanedel Urrutia (nato a Copiapó il 25 maggio 1874 e morto il 25 gennaio 1954) fu un giurista cileno. Fu vicepresidente del Cile dal 2 ottobre al 24 dicembre 1932.

Laureatosi in Giurisprudenza all`Universidad de Chile nel 1897, sostenne il Congresso Nazionale durante la guerra civile del 1891 contro il presidente liberale José Manuel Balmaceda. Nominato giudice della Corte Suprema nel 1927, ne divenne presidente e in tale veste nel 1932, alla caduta del generale Bartolomé Blanche, assunse la vicepresidenza della Repubblica. Gestì il ritorno all`ordine costituzionale indicendo le elezioni presidenziali di ottobre, dalle quali uscì vincitore Arturo Alessandri Palma, al quale cedette il potere il 24 dicembre 1932

 

[8]  Vedi nota 43.

[9] A. Valenzuela, Il crollo della democrazia in Cile, in “Rivista italiana di scienza politica” n I, 1975.

[10] Augusto Pinochet Ugarte nato a Valparaiso nel novembre 1915, dove suo padre lavorava come ufficiale delle dogane, compì gli studi nel seminario di San Rafael e nel collegio dei padri Francesi di Valparaiso,  mostrando fino da giovane una profonda fede religiosa e una rigorosa morale personale.

Entrò alla Scuola Militare a 17 anni. Nel 1971 divenne Generale di brigata e fu nominato Comandante Generale della guarnigione dell’esercito a Santiago.

[11] The agreement that Chile’s Chamber of Deputies approved by 81 votes against 47, on August 22 1973.

Testo pubblicato nel giornale governativo La Nación il 25 agosto  1973 in http://www.josepinera.com/pag/pag_tex_quiebredemoc_en.htm

[12]La respuesta del Presidente Allende”, 24 agosto 1973

Discorso al paese del Presidente de la Repubblica, Salvador Allende Gossens, in risposta all’ Accordo della Camera dei Deputati del 22 agosto 1973 in http://www.josepinera.com/pag/pag_tex_respallende.htm

 

[13] Vedi capitolo IV, Operazione  Condor

19/09/2008 12:00:00
17.11.2008
Marcella Guido
A conclusione è doveroso far notare come gli avvenimenti cileni, ed i rapporti stesi dalla stessa Cia, non debbano essere visti come un caso unico ed eccezionale, contingente e localizzato, ma come il paradigma di una concezione della politica nella quale la lotta al comunismo ha rappresentato la giustificazione...
 
10.11.2008
Marcella Guido
La “caduta” di Pinochet, a lungo considerato in Cile un intoccabile, tanto che negli ambienti militari continua ad avere numerosi seguaci, iniziò il 22 settembre del 1998, quando, in occasione di una suo viaggio a Londra per una operazione chirurgica, Amnesty International e altre organizzazioni chiesero...
02.11.2008
Marcella Guido
Vale la pena di analizzare attentamente le cifre della repressione[1]Nel periodo gennaio-giugno 1974, si possono distinguere chiaramente due tappe. Nel primo trimestre furono i membri delle Forze Armate che effettuarono le massicce e indiscriminate detenzioni, nel secondo trimestre, invece iniziò la...
 
30.10.2008
Marcella Guido
Nel 1980 i 2/3 della popolazione latino-americana viveva sotto regimi militari. La repressione sarà sistematica con soppressione delle libertà e dei diritti civili, commissariamento dei sindacati, annientamento delle confederazioni, divieto di scioperi e contrattazioni collettive, imbavagliamento della...
26.10.2008
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Il 12 luglio del 1975, il diario vespertino “La Segunda” pubblicò in prima pagina: “Due mila marxisti ricevono istruzione in Argentina, per organizzare azioni di guerriglia contro il Cile”.Nelle pagine interne, si aggiungeva: “Forze di sicurezza dell’esercito argentino, scoprono che dirigenti del MIR,...
 
12.10.2008
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Il 22 dicembre 1992, in un commissariato di Lambarè, alla periferia di Asunción in Paraguay, il giudice José Agustín Fernández investigando sul caso Martín Almada[1] scoprì casualmente due tonnellate di documenti d’archivio della dittatura Stroessner[2] che portarono alla luce la più ampia e famosa...
08.10.2008
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05.10.2008
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01.10.2008
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28.09.2008
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