Dopo la
scandalosa sentenza di Prescrizione della Corte di Cassazione, e le discutibili
Motivazioni di essa, con il P.G.Iacoviello che affermava essere il magnate
svizzero proprietario dell'Eternit:
"Un criminale miliardario che non ha neppure un segno di umanità e
prima ancora di rispetto per le sue vittime". Dopo l'intervento dell'avvocato Luca Santa Maria, già docente alla Cattolica di
Milano, che dimostrava la Sentenza della Cassazione essere viziata dal fatto
che prima ammette l'immutatio loci (la devastazione dell'ambiente operata
dall'Eternit) e l'epidemia (tremila morti tra Casale e gli altri luoghi), e poi
le nega quando decide di far partire la prescrizione dalla data della chiusura
della fabbrica (per richiesto autofallimento), cioè proprio nel momento in cui
esse hanno proseguito ad agire, in continua inarrestabile escalation, che
durerà fino al 2025. Fabbrica
abbandonata a se stessa, coi vetri rotti, tonnellate di amianto dappertutto, le
discariche al vento, il Po inquinato dall'acqua , nel canalino, usata per lavare il pavimento e i macchinari,
dato che il miliardario svizzero non si riteneva tenuto alla bonifica. Non è già questo un reato permanente, prova
del dolo in atto?
La
Cassazione invece, la I Sezione, chissà perché, quando prima di allora tutti i reati
riguardanti l'ambiente erano stati affidati alla IV Sezione, decretava la
prescrizione senza rinvio, affermando che i due processi di Torino non
avrebbero dovuto neppure essere stati celebrati, perché il reato (grazie alla famigerata legge Cirielli che
dimezza i tempi per la prescrizione, legge che ha provocato la cancellazione di
centinaia di processi finora) era già da considerarsi prescritto.
Fortunatamente
la Corte Costituzionale respinge il bis in idem, invocato dalla difesa dello
svizzero (sentenza n.200 del 21/7/16) e consente di rifare il processo, non più
per il reato di disastro ambientale doloso e permanente, bensì per omicidio,
dichiarando prescritti quelli già giudicati.
No problem, di morti ne abbiamo in quantità esorbitante.
Ed ecco la
novità denunciata dal Comunicato dell'AfeVa: il giudice ha deciso di
derubricare il reato da omicidio doloso a colposo, come si trattasse di un
incidente automobilistico dovuto a
sbadataggine.
Che il
comportamento del magnate svizzero sia stato doloso è provato da molte
circostanze. A Neuss in Germania nel giugno del '76, nel convegno di
industriali da lui voluto, nella relazione introduttiva, dichiara che l'amianto
procura il mesotelioma pleurico. Gli operai dell'Eternit svizzera vengono
avvertiti e dopo un anno la fabbrica viene chiusa. All'Eternit di Casale, deliberatamente,
nessuno viene avvertito, e la fabbrica sarà chiusa solo 10 anni dopo, per
dichiarato autofallimento (fatti
ricordati dalla stessa Sentenza della Corte di Cassazione).
Lo stesso
abbandono della fabbrica a Casale, sopra descritto dimostra il dolo pervicace
del reato.
Per il
possibile futuro, il Comunicato Stampa dell'Afeva è chiarissimo.
Nelle considerazioni riprendo il mio lungo saggio, pubblicato dall'AfeVa, e dai
principali giornali via mail alessandrini, intitolato La prescrizione, consultabile su GOOGLE, al
primo posto nella voce Analisi delle
Motivazioni della Cassazione sull sentenza Eternit, pubblicato nel gennaio
2016.
COMUNICATO
STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME AMIANTO
In
relazione alla decisione assunta oggi dal Giudice per l’udienza preliminare di
Torino nell’ambito del procedimento cd. “Eternit-bis”, l’Associazione Familiari
Vittime Amianto di Casale Monferrato e Cavagnolo, in accordo con CGIL,CISL,UIL,
dichiara quanto segue:
“Due
anni di attesa per questo risultato; dire che la montagna ha partorito il
topolino pare riduttivo. Dopo udienze su udienze, discussioni, un’interruzione
(a dir poco evitabile) di un anno in attesa della decisione della Consulta,
altre discussioni, sei ore di Camera di Consiglio… siamo giunti a questo: il
giudice che sembrava non voler mai decidere alla fine… ha spezzettato il
processo Eternit-bis per le varie Procure d’Italia. Sono molti i motivi per i
quali questa decisione lascia un profondo senso di insoddisfazione. Anzitutto,
perché è stata derubricata a ‘colposa’ una condotta dolosa di sconcertante
gravità.
Tutti
gli atti d’indagine, tutti i testimoni del primo processo ne avevano dato
prova; è ormai chiaro a chiunque (meno che a questo Giudice, purtroppo) che
Stephan Schmidheiny, malgrado fosse pienamente a conoscenza (grazie ai centri di
ricerca dell’Eternit) delle morti che la lavorazione dell’amianto avrebbe
causato, ha continuato come se nulla fosse. La morte di centinaia, migliaia di
persone è stata cioè trattata dal proprietario di Eternit un ‘costo necessario’
in nome del profitto; questo si chiama, in qualsiasi cultura e tradizione
giuridica, dolo di omicidio.
Secondo
motivo di insoddisfazione (ma non per importanza), le conseguenze in punto di
prescrizione; centinaia di casi in attesa di giustizia, alcuni addirittura
assenti dagli elenchi del primo processo, sono stati spazzati via con un colpo
di spugna. Per l’ennesima volta ci vediamo costretti a subire le conseguenze di
una disciplina sulla prescrizione a dir poco assurda, che protegge il criminale
anche dopo che sono state avanzate formali accuse nei suoi confronti, senza
considerare in alcun modo la posizione della vittima.
Tra
i tanti motivi di delusione, bisogna anche prendere quel poco di buono che, in
teoria, può derivare da questa decisione. La speranza è allora che, se non
altro, la ripartizione della decisione tra vari giudici consenta di accelerare
e semplificare il processo di accertamento della verità, impedendo che
l’imputato Schmidheiny possa trarre un paradossale vantaggio dal fatto di aver
causato ‘troppi’ morti. Il recente processo di Ivrea ha dimostrato che, quando
i numeri sono più contenuti, i Tribunali italiani sono in grado di assumere
decisioni soddisfacenti per le vittime e in tempi ragionevolmente rapidi. I
tanti processi “Eternit-bis” che si instaureranno nei prossimi mesi saranno
quindi, per la giustizia italiana, un nuovo banco di prova.
In
conclusione, se all’indomani della sciagurata sentenza di Cassazione del 2014
l’AFEVA, in collaborazione con le sigle sindacali, aveva raddoppiato i propri
sforzi, adesso, a giudicare dal numero di Procure coinvolte, dovrà quantomeno
quadruplicarli. Ci impegniamo a farlo, con la consapevolezza che neppure questi
processi potranno rendere giustizia ai nuovi casi di mesotelioma che, purtroppo
ogni anno, continuano a funestare Casale e dintorni; l’obiettivo, e il
conseguente impegno che ci assumiamo, è di non lasciare indietro nessuno. La
strada è ancora lunga e ha preso, purtroppo, varie ‘diramazioni’: la nostra
speranza (il nostro impegno) è che quei casi, oggi separati, siano un domani
riuniti da un comune e soddisfacente esito finale”.
Per
il Direttivo di Afeva Giuliana Busto -
Presidente