Si, quel giorno ho visto cose che voi umani….
C’ero in quella bella giornata di luglio, chiamata da quelle energie che solo la passione per chi, come Hesse, sa sollecitare, s’aprono in una relazione dove spazio e tempo hanno altro respiro. Quell’angolo di Montagnola con la Casa dagli occhi di bue, Casa Camuzzi, la piccola torre perimetrata dai larghi platani, s’apriva, a noi amanti di Hesse, come un prezioso scrigno. Jean Olaniszyn, l’ideatore e fondatore del Museo con Heiner Hesse, era riuscito a ridare vita alla vita del Poeta.
La torre: una stanza per ogni piano, raccoglieva gli oggetti che avevamo visto solo in fotografia o immaginato nei nostri cuori durante le ore liete della lettura: i piccoli occhiali tondi, i pennelli e gli acquarelli, la sua macchina da scrivere, gli amabili bronzi degli dei indiani, l’ombrello con incise le sue iniziali, la tela azzurra, da Hesse stesso scelta, per ricoprire i suoi libri.
Libri che ora ci apparivano ancora con più evidenza parte costitutiva della nostra vita: Demian e Sinclair, Klingsor, Narciso e Boccadoro, il lupo della steppa e quel Siddhartha ( mi piace con due H) che venne usato come bibbia in un periodo della nostra gioventù dove pensavamo davvero che potevamo farlo nuovo e bello il mondo. E ancora la sua poltrona e la sua lampada, i suoi gemelli e quell’abito di lino bianco che lo accompagnò sino in India.
Il luogo accoglieva il visitatore offrendogli l’opportunità di sognare più in grande, di allargare ancora di più le carte geografiche che Hesse evocava nei suoi scritti.
Potevi godere il lussureggiante giardino di Klingsor e sentirne il canto e il profumo, potevi toccare da vicino le corde d’arpa che la grande letteratura sa offrire a chi crede nell’invisibile
Un museo non deve essere morto luogo di ricordi, ma risvegliatore di nostalgia, di luoghi dove ancora non siamo stati e qui i molti volti dello stesso volto aleggiavano come benevoli presenze.
Questo e molto altro ancora era allora il museo che Jean Olaniszyn ebbe la sana follia di creare nel luogo dove Hesse visse più di metà della sua vita ma dove nulla, se non una targa isolata in un prato, parlava di lui. Nello stesso anno migliaia di visitatori da tutto il mondo arrivarono a salutare il Poeta, sepolto nel cimitero di Gentilino, vicino all’incantevole della Chiesa di Sant’Abbondio, dove un filare di cipressi invita al silenzio e alla meditazione.
Si, quel giorno ho visto cose che voi umani…..
di Patrizia Gioia
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