«Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore di Ur-Fascismo».
Umberto Eco, Il Fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano 2019, p. 47
In un bell’articolo su “L’instabilità politica”, l’economista Michele Salvati[1] traccia un parallelo tra la crisi greca e l’attuale situazione italiana. In esso, dopo avere riconosciuto all’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini le doti di “uno straordinario raccoglitore di voti”, esprime su di lui un giudizio fortemente critico, in quanto reo di avere “rivelato anche limiti di cultura politica difficilmente superabili”. Ciò, non tanto con riguardo all’azzardo sulla “gestione insipiente della crisi d’agosto da lui provocata”, quanto piuttosto al fatto che, data la difficoltà di riuscire a conciliare la sua propaganda sovranista con un programma di governo inattuabile “nel contesto europeo e internazionale nel quale l’Italia è inserita”, il “calcolo era comunque azzardato”. “Rallegrarsi dello scampato pericolo – avverte tuttavia Michele Salvati –, è comprensibile, ma è necessario tener presente l’instabilità della situazione politica in cui il secondo governo Conte si troverà ad operare”. Dal momento che il populismo nella “sua versione più insidiosa, il sovranismo, è ancora dominante nella Lega e c’è da scommettere che Salvini gli darà voce con quanto fiato ha in corpo”.
Sulla difficoltà di conciliare la propaganda sovranista con un programma di governo inattuabile nel contesto europeo condivido pienamente l’opinione espressa da Sergio Fabbrini[2], laddove egli giudica infondata l’interpretazione della (nuova) opposizione secondo la quale “Il (nuovo) governo Conte (sarebbe) stato fatto in Europa”. Tre sono i motivi che Fabbrini porta a sostegno della sua tesi: in primo luogo il fatto che “Dal Trattato di Maastricht del 1992, l’Unione Europea (UE) non è più un ambito di politica estera, ma di politica interna”. Da ciò consegue che “Il nuovo governo è europeo in quanto è guidato da persone che sono consapevoli della compenetrazione tra Roma e Bruxelles”. Secondariamente, “Se è vero che l’UE fa parte della nostra politica interna, è anche vero che quest’ultima deve far parte della politica europea.” Da ciò consegue che “i due processi riformatori”, quello della UE, volto “a superare il modello univoco di convergenza che si è imposto nel corso della crisi dell’euro con la creazione di una unità politica e fiscale indipendente dai suoi stati membri”, e quello del nuovo governo, “debbono essere reciprocamente coerenti”. Il terzo motivo, infine, va individuato nel fatto che la “compenetrazione tra Italia e UE non riguarda solamente le politiche economiche ma anche la struttura degli interessi” (geopolitici e di alleanze strategiche con i paesi occidentali), interessi che, “in nome di una ideologia sovranista (che ha le sue radici nel nazionalismo), (…) il precedente governo aveva messo in discussione”. Pertanto, conclude Fabbrini, il nuovo governo non è nato in Europa, ma è portatore degli interessi nazionali nel contesto dell’Unione Europea della quale fa parte.
Vorrei però soffermarmi sul giudizio espresso da Salvati circa “l’insidiosità del sovranismo dominante nella Lega” rifacendomi al pamphlet di Umberto Eco citato nell’aforisma. In questo delizioso libricino[3], l’indimenticato quanto apprezzato semiologo alessandrino richiama la nostra attenzione sugli archetipi del Fascismo eterno, ossia su quei segni che ci aiutano a meglio comprendere l’attuale e permanente versione populistica del sovranismo.
La tesi di Eco è che il fascismo ha molti volti e si è manifestato in maniera assai differente, ma è possibile riconoscerlo in uno dei tanti segni che lo caratterizzano nelle sue varie incarnazioni. Sta poi a noi saperlo riconoscere al fine di prevenirlo e di combatterlo, dal momento che “Il Fascismo eterno – sostiene Eco – può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti, ed è nostro dovere smascherarlo e puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo”.
“Il fascismo – egli scrive – fu certamente una dittatura, ma non era compiutamente totalitario, non tanto per la sua mitezza, quanto per la debolezza filosofica della sua ideologia. (…) Mussolini non aveva nessuna filosofia: aveva solo una retorica”. Ciononostante, “il fascismo italiano è stata la prima dittatura di destra che abbia dominato un paese europeo, e che tutti i movimenti analoghi abbiano trovato in seguito una sorta di archetipo comune nel regime di Mussolini”. Non era “una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni”. In altri termini, “un totalitarismo fuzzy”.[4]
“L’immagine incoerente che ho descritto – tiene a precisare Eco – non era dovuta a tolleranza: era un esempio di sgangheratezza politica e ideologica”. Il fascismo “era filosoficamente scardinato, ma dal punto di vista emotivo era fermamente incernierato in alcuni archetipi” che hanno fatto sì che, a differenza del nazismo, si potesse “giocare al fascismo in molti modi”. Infatti, “è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista. Togliete al fascismo l’imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliete il colonialismo e avrete il fascismo balcanico. Aggiungete al fascismo italiano un anticapitalismo radicale (che non affascinò mai Mussolini) e avrete Ezra Pound”. A “dispetto di questa confusione – scrive Eco –, ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’«Ur-Fascismo», o il Fascismo eterno”. Caratteristiche che non possono venire irreggimentate in sistema: “molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista”.
Apre la lista delle caratteristiche il culto della tradizione[5], che va coniugato in una combinazione di forme diverse tali da “tollerare le contraddizioni”. Infatti, anche quando “sembrano dire cose diverse o incompatibili è solo perché tutti alludono, allegoricamente, a qualche verità primitiva”. Un’altra caratteristica importante è il rifiuto del modernismo, rifiuto che fa sì che “l’illuminismo, l’età della ragione vengano visti come l’inizio della depravazione moderna”. Questo fatto è tanto più vero se si considera che il Fascismo eterno “può venire definito come «irrazionalismo»”, un atteggiamento di pensiero dal quale discende il culto dell’azione per l’azione. Ed è quest’ultimo che “nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici”, rende la cultura sospetta. Tant’è vero che “il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo”: nella misura in cui costituisce un segno di diversità per il Fascismo eterno il disaccordo è tradimento. Esso, infatti, “cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della differenza”. Non a caso, “il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi”. Ragion per cui, l’Ur-Fascismo “è dunque razzista per definizione”. Quanto alle sue cause, esso “scaturisce dalla frustrazione individuale e sociale” e ciò “spiega perché una delle caratteristiche tipiche dei fascismi storici è stato l’appello alle classi medie frustrate”.
Un altro segno rilevante è poi l’ossessione del complotto, un’ossessione che ha da essere “possibilmente internazionale”, giacché il “modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia”. Nei sistemi fascisti del primo Novecento, la xenofobia veniva esercitata prevalentemente nei confronti degli ebrei, mentre oggi è rivolta verso i rom e tutti gli immigrati, nonché verso coloro che si apprestano a divenire tali. I seguaci dell’Ur-Fascismo, “pur essendo i fascismi condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare con obiettività la forza del nemico”, debbono tuttavia “essere convinti di poter sconfiggere i nemici”. E dal momento che, la vita è una guerra permanente, va da sé che il pacifismo è allora collusione col nemico. Inoltre, poiché “tutti gli elitismi aristocratici e militari hanno implicato il disprezzo per i deboli”, il Fascismo eterno “non può fare a meno di predicare un «elitismo popolare»”.
A questo punto Uberto Eco passa a descrivere le caratteristiche del leader, il quale “sa bene come il suo potere non sia stato ottenuto per delega, ma conquistato con la forza, sa anche che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un «dominatore»”. Ora, dal momento che “il gruppo è organizzato gerarchicamente (secondo un modello militare), ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti. Tutto ciò rinforza il senso di un elitismo di massa”. L’Ur-Fascista, sottolinea ancora Eco, “trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali. È questa l’origine del machismo (che implica il disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità)”.
Il Fascismo eterno, infine, “si basa su un «populismo qualitativo». In una democrazia i cittadini godono di diritti individuali, ma l’insieme dei cittadini è dotato di un impatto politico solo dal punto di vista quantitativo”. Per l’Ur-Fascismo, scrive Eco, “gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il «popolo» è concepito come una qualità, un’entità monolitica che esprime la «volontà comune»”. Volontà della quale “il leader pretende di essere l’interprete dei suoi seguaci”. Pertanto, nel “nostro futuro si profila un populismo qualitativo TV o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la «voce del popolo»”, in ragione della quale “l’Ur-Fascismo deve opporsi ai putridi governi parlamentari”.
Se questi sono gli archetipi, i segni del Fascismo eterno, a quale conclusione porta l’analisi di Eco? Un ricordo lontano gli rimbalza nella mente: il “messaggio (che) celebrava la fine della dittatura e il ritorno alla libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica. Queste parole, «libertà», «dittatura» (…) era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinato uomo libero occidentale”. “Libertà e liberazione – conclude Eco citando le parole del 32° Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt – sono un compito che non finisce mai. Che sia questo il nostro motto: «Non dimenticate»”.
Alessandria, 13 settembre 2019
- M. Salvati, “L’instabilità politica”, Corriere della Sera, lunedì 9 settembre 2019. ↑
- S. Fabbrini, “Un governo europeo, non fatto in Europa”, Il Sole 24 Ore, Domenica 8 settembre 2019. ↑
- Nel quale è stato recentemente ripubblicato in lingua italiana il testo di una Lectio tenuta da Umberto Eco, davanti “ad un pubblico di studenti americani” presso i dipartimenti d’italiano e francese della Columbia University, in occasione della celebrazione della liberazione dell’Europa il 25 aprile 1995. ↑
- “Il termine fuzzy – precisa Eco in nota – potrebbe essere tradotto come «sfumato», «confuso», «impreciso», «sfocato»” (p. 25). ↑
- Tutte le caratteristiche del Fascismo eterno riportate nel pamphlet di Eco sono in corsivo, così come abbiamo ritenuto di riprodurre nel testo. ↑
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