Non so se si possa fare il paio con “l’isola che non c’è”, ma si dà il caso che la questione si possa riproporre, in aere alessandrino, con “la domanda che non c’è”. Nel senso che forse è solo in ritardo, forse, inaspettata, giungerà travestita, o forse non verrà mai alle labbra o alla penna.
Oggi non risulta, non compare, non si sente in giro nonostante alcune solide premesse sul campo: è un fatto, di indole locale, da registrare semplicemente, sia pure con qualche sorpresa.
Riguarda il teleriscaldamento che si va impiantando a vasto raggio, in questa città, dai primi dell’anno. Inizialmente con il cantiere, in zona “Casetta”, per la prima, imponente centrale termica (la seconda sorgerà a suo tempo a in zona Orti) e poi, da giugno, con gli scavi per la stesura delle tubazioni – in andata e ritorno – che raggiungeranno, in periferia e in centro, le utenze previste per il servizio collettivo di riscaldamento (ambienti e acqua domestica), sostitutivo di quello tradizionale o di fabbricato.
Ad oggi, e siamo ai Santi, i lavori procedono sveltamente e in pace con l’opinione pubblica come registrata dai media. Si potrebbe dire che i grandi lavori di sbancamento e “intubazione” ( vedi via S.G.Bosco) in corso da oltre un mese – e con l’impeto e i mezzi di uno sbarco in Normandia – abbiano destato più ammirazione, per l’opera di ingegneria, che sconcerto per l’impatto sulla viabilità e le pertinenze di cantiere.
Giacché i disagi per la circolazione sono già stati parzialmente “assaggiati” – e altri ne verranno a lungo, sia pure scaglionati – questo atteggiamento, quantomeno neutrale, significherebbe che la cittadinanza, con le relative delegazioni e rappresentanze, valuta gli aspetti ambientali (emissioni) ed economici (tariffe d’uso ventilate) del progetto in corso, positivamente ed in misura chiaramente sovrastante i disagi finora incontrati o intravisti.
Alcune perplessità, a dire il vero, si sono manifestate (dicembre 2018) al momento della presentazione al Comune del progetto esecutivo, da parte del M5S e del cd. “quarto polo”, ma non hanno avuto seguiti di qualche rilievo.
La domanda d’esordio potrebbe quindi risultare, a questo punto, discretamente intempestiva (troppo in anticipo) o insignificante (generale consenso in atto, problema inesistente).
Resterebbe tuttavia, e non per mero onor di firma, uno spiraglio di dubbio: ma gli alessandrini, assistiti dalla politica e dall’informazione, avranno inteso, o intuito, a che cosa la città andasse incontro con un’iniziativa e un programma di lavori che, per intensità e durata, poteva ben richiamare i fasti leggendari dell’Acquedotto Borsalino (peraltro applicati ad un contesto urbano molto più contenuto e con esigenze di mobilità imparagonabili ad oggi)? Senza disporre, tra l’altro, di indicazioni topografiche, e non solo chilometriche, delle zone e delle strade della città interessate via via ai lavori di rete (almeno per la prima tranche corrispondente alla prima centrale).
L’opera procede comunque in un clima di “laboriosa discrezione”: poco a che vedere, ad esempio, con l’enfasi prolungata, specie sotto il profilo politico-mediatico, che ha accompagnato la costruzione e l’inaugurazione del Ponte Meier. Nessuna corsa, tra l’altro, ad intestarsi, o condividere, tra Giunte diverse (iniziatori e continuatori), i meriti di un progetto e di un intervento del calibro del teleriscaldamento alessandrino.
Altro stile, altri protagonisti, altra cautela nei confronti della lunga e complessa intrapresa
Dario Fornaro.
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