Questo film nega le parole della bella poesia di E.E.Cumming, perchè nessuno – nemmeno la pioggia- ha avuto così piccole mani come le ha avute Woody Allen per raccontare, nel tempo di una giornata di pioggia a New York, la quotidiana vita del nostro tempo.
Non è certo a caso che il protagonista si chiami Gatsby, e non è certo a caso che solo i disadattati come lui a questa distorta e malefica forma di vita, possano ancora godere della bellezza che ogni arte offre.
Gatsby si crede sbagliato, non ce la fa a stare legato ad sistema coronato, gli piace suonare il piano dentro quelle atmosfere mood che a New York sanno ammorbidirti l’anima e farti sentire a casa, e gli piace giocare, perchè è solo nel rischiare che la creiamo la vita.
La realtà, infatti, è solo per quelli che non sanno più sognare. E lui vince sempre al gioco.
Questo film non è, come molti hanno scritto, un altro Manhattan, no, qui si sente il tempo che è passato dentro Woody: le sue battute sono vigorose e ovattate, non sono più strali, ma gocce di pioggia che ci entrano nel cuore facendo compagnia a quella malinconica nostalgia, di quello che si è perduto, ma anche di quello che ancora c’è da scoprire e da vivere.
Il mestiere del giornalista ( secondo a quello della puttana ) è messo giustamente alla gogna; registi, sceneggiatori, attori cantanti a attricette vengono svergognati per quello che sono nella loro intimità, poveri esseri senza un ideale, in una spasmodica ricerca di qualcosa che, se cercato così, sarà irraggiungibile.
Solo chi sa camminare per le strade di New York con le mani in tasca, solo chi ha ancora il desiderio di offrire all’altro ( in questo caso alla bella e stupida Ashleigh, la ragazza di Gatsby ) un fine settimana nel luogo amato, ricolmandolo di dolcezze e bellezze, può sentire sulla sua pelle e nella sua anima anche il dolore di vedere che, per la ragazza, vale più l’infatuazione di uno sterile star system che lo stupore di un fecondo innamoramento giovanile.
Ma Gatsby, grazie alla superba rivelazione della madre, ritrova la sua vera identità, perchè solo chi la perde, la troverà.
La fotografia di Storaro dà ai magnifici interni alleniani quella allure inavvicinabile ma respirabile, dove solo la ricca borghesia e i giovani wasp non soffocano.
A differenza del “grande “ Gatsby, il nostro Gatsby non muore dietro alla fascinosa e mortifera Ashleigh – Daisy, ma ritroverà invece quella lei che gli insegnerà a baciare col voto 10.
Patrizia Gioia
21 dicembre 2019
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