Cosa ci dice la vittoria in Emilia Romagna

Prima di tutto parla al cuore (e alle coronarie!) di quanti temevano che anche questo grande esempio di buona governo, che dura da decenni, potesse scivolare nelle mani della destra nazionalista, passando per il lubrificante del rancore e delle calunnie alimentate in campagna elettorale. Ero tra quelli che lo temevano, mi sbagliavo e ne sono ultracontento. Ora, lasciamo a Bonaccini il compito di fare ciò per cui è stato eletto, dopo aver bene amministrato nel suo primo quinquennio. Secondo punto, ora dobbiamo subito rimetterci al lavoro: e, per quanto mi riguarda direttamente, il prossimo obiettivo è, a maggio, strappare la Liguria dalle mani di un centrodestra che conclude il suo mandato con un nulla di fatto. La vittoria di Bonaccini e le prossime regionali liguri ci sfidano a riconquistare posizioni nel Nord del Paese, essenziale a decretare il ruolo nazionale di un partito. Terzo punto, non me ne voglia Zingaretti (cui va riconosciuto il grande merito di non aver seguito Salvini sul terreno dello scontro), i risultati ottenuti dal Partito in Emilia, ma anche in Calabria, ci dicono che un congresso serve, per aprire il Pd a nuove energie, per riscriverne la missione e la stessa natura, ma non certo per scioglierlo in qualcos’altro, così come suggeriscono, senz’altro in buona fede ma sbagliando, alcuni di coloro che in questi anni sono stati artefici di fallimentari scissioni. Quarto punto, i risultati di ieri dicono con chiarezza che la strada da fare per costruire un progetto competitivo e alternativo alla destra sul piano nazionale è ancora lungo, ma con altrettanto indiscutibile nitore pongono la centralità del Pd quale soggetto primario di questa costruzione. Senza arroganza, ma anche senza cedevolezza, questo evidente stato di fatto va tutelato dal gioco paralizzante di forze rispettabili, ma spesso centrate sulla ricerca autoreferenziale (peraltro di esito non particolarmente brillante) di quote marginali di consenso. Da ieri, questa evidenza vale anche per i 5S, che, è vero, godono di una rappresentanza parlamentare prevalente, ancorché in progressivo sfaldamento, ma che non si può fare a meno di considerare sul campo come il residuo istituzionale di una stagione politica chiusa. Da questo tema si diparte la riflessione su un quinto punto: la politica delle alleanze è fondamentale, ma oggi essa deve rivolgersi in primo e prevalente luogo alla costruzione diretta di un rinnovato rapporto di rappresentanza con i segmenti e i fermenti della società che, a partire dall’Emilia, hanno avuto un ruolo decisivo nel sospingere Bonaccini al successo, arrivato nonostante la disastrosa defezione dei 5S e l’attendismo di IV. In questo passaggio, questo nuovo protagonismo ha preso il volto delle “sardine”, alle quali va rivolta una sincera, rispettosa e determinata attenzione, senza chiudere gli occhi su altre esperienze che possono nascere, proprio per il segnale che le elezioni di ieri hanno dato, circa la forza che le mobilitazioni civili possono esprimere, condizionando la politica. Spostare il peso della nostra iniziativa politica dalle stanze in cui si svolgono le baruffe tra stati maggiori ai luoghi dove si svolge la vita delle comunità è il sesto punto, che riguarda anche l’azione di governo. Sono d’accordo anch’io che sbaglia chi dice che il Conte 2 non sta facendo nulla. Ma penso nel contempo che sino ad ora siano stati troppi i veti incrociati che le forze minori e i 5S hanno posto, impedendo al governo di interpretare quella necessità di cambiamento, che dovrebbe stare alla base dell’assunzione di responsabilità di ciascuno verso il Paese. Voltare pagina è fondamentale perché non si può continuare a chiedere al Pd di tollerare oltre, su molti e rilevanti punti, l’immobilismo dei 5S a difesa dei disastri prodotti nella stagione della loro alleanza con la Lega. Questi sono i temi da porre al centro della discussione congressuale annunciata da Zingaretti. Non il progetto astratto dell’ennesimo nuovo partito, che può trovare senso solo alla fine di un percorso che ne faccia emergere, necessità, ragioni, identità.

 Daniele Borioli

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