Una strategia per la fase 2

E’ giusto incominciare a predisporre una strategia per la Fase 2, quella cioè che deve prevedere un allentamento delle misure restrittive e contemporaneamente una ripresa graduale delle attività produttive,  evitando di compromettere lo sforzo ed i sacrifici fatti sino ad ora dall’insieme dei nostri concittadini.

C’è poco da fare, il Paese si riprende se entra in campo il lavoro, la massa dei lavoratori dall’industria all’agricoltura, dall’artigianato al commercio, unitamente al variegato mondo delle libere professioni.

In contemporanea è necessario riprendere l’insegnamento scolastico ad ogni livello, per evitare che la pandemia abbia a compromettere oltre misura la formazione scolastica e culturale delle nuove generazioni.

La fase 3 deve riguardare l’inizio della normalità, vale a dire consentire ai cittadini di riappropriarsi di tutti gli spazi di libertà individuali e collettive, dalla libera uscita, alla libera circolazione. Ripresa delle attività culturali e ricreative: teatro, cinema, concerti, conferenze, attività sportive e turismo.

La fase 3 naturalmente prevede un superamento definitivo dell’attuale pandemia sanitaria. Per questo bisognerà attendere ancora una messa a punto di un vaccino che in ogni caso consenta di annientare il coronavirus senza rischio per la vita di ogni cittadino.

La fase 2 invece è la più prossima e la più delicata. Si tratta di contemperare una prima esigenza che è quella di assicurare la salute dei cittadini liberandoli dall’ossessione per la propria vita e nello stesso tempo attivare tutti gli strumenti di liquidità finanziaria necessari all’insieme del sistema economico produttivo per la ripresa, dalle aziende al mondo del lavoro, alle famiglie.

E’ evidente che lo Stato può farsi carico di tutti e di ogni cittadino per due o tre mesi, ma non oltre. L’apparato pubblico, tra Stato, Regioni ed Enti locali, ha un carico di circa quattro milioni di dipendenti, i cui costi gravano sul sistema fiscale. L’Inps a sua volta eroga assegni a circa 12 milioni di pensionati, più 4 milioni di pensioni di reversibilità e 2 milioni agli inabili (totale 18 milioni di assegni erogati mensilmente dall’Istituto di previdenza). Non dimenticando che anche il bilancio dell’Inps a sua volta è alimentato dai versamenti periodici effettuati dai lavoratori in produzione e se la produzione viene meno cessano le fonti di alimentazione alla cassa dell’Istituto medesimo.

Gli occupati nel settore privato, tra industria, commercio, artigianato, partite Iva e liberi professionisti, raggiungono circa 17 milioni di unità. Di questi, i vari Decreti emanati dal Governo in questi ultimi due mesi hanno previsto la continuità del lavoro per i dipendenti dei servizi di pubblica utilità come l’energia elettrica, il gas, l’acqua, i telefoni, i distributori di carburante, i trasporti pubblici, siano essi urbani, aerei che ferroviari, le poste, i mezzi d’informazione, le banche, l’industria farmaceutica e la rete delle farmacie. L’industria di trasformazione dei prodotti alimentari per persone ed animali nonché la rete distributiva dei relativi prodotti.

Le misure di sostegno previste dai vari decreti governativi: cassa integrazione, in deroga alle leggi vigenti, per tutte le attività produttive sospese, contributi alle Partite Iva e ai liberi professionisti, contributo ai Comuni per i soggetti bisognosi (buoni spesa alimentari). Sono misure giuste e necessarie ma sostenibili solo per periodi limitati. Di conseguenza la ripresa delle attività economiche e produttive diventa essenziale.

Per questo la fase 2 si presenta come la più delicata, perche deve potenziare l’attenzione del sistema ospedaliero e sanitario nel suo complesso sul problema della prevenzione nei confronti dei cittadini e nel contempo attuare le prime misure di ripresa produttiva. Evitando che le seconde abbiano a compromettere le prime.

Nel secondo caso si tratta di garantire liquidità al sistema delle imprese produttive per metterle in condizioni di investire in materie prime e beni di consumo, nonché di pagare stipendi e salari ai propri lavoratori.

L’ultimo decreto governativo ha messo in campo 200 miliardi di euro per l’economia interna e 200 miliardi per le aziende impegnate all’esportazione dei propri prodotti, per un totale di 400 miliardi, che aggiunti ai precedenti decreti porta l’ammontare complessivo della manovra a 750 miliardi di euro.

Una manovra senza precedenti che raddoppia le previsioni di spesa annuali del bilancio dello Stato. Manovra che dovrebbe assicurare alla nostra economia una buona ripresa.

Le minoranze parlamentari continuano a ringhiare contro l’Europa. L’Europa dopo non pochi tentennamenti ha messo in campo 750 miliardi di euro  e si presta ad attivare linee di credito per 100 miliardi a favore dei disoccupati. Resta aperto il confronto circa gli strumenti finanziari da attivare per il recupero di questa massa di risorse finanziarie che nel tempo dovranno essere ripagate. Si sa che i paesi nordici sono sempre stati ostili in ordine alle richieste di flessibilità finanziaria e creditizia reclamata dai paesi mediterranei considerati scarsamente rigorosi in materia di spesa pubblica.

 Nel caso specifico alcuni Stati propongono la normativa comunitaria così detta “Salva Stati”, utilizzata a suo tempo nei confronti della Grecia e dell’Islanda.

L’Italia è contraria e propone l’emissione di Euro Bond da parte della BCE.

La norma “Salva Stati” è troppo invasiva nei confronti degli Stati che ne fanno ricorso, in quanto prevede l’accettazione di rigide norme restrittive imposte dalla “Troica” (costituita dal Fondo Monetario Internazionale, dalla BCE e dalla Commissione dell’UE), norme che solitamente impongono tagli drastici al Welfare, colpendo in particolare la sanità, l’assistenza sociale e le pensioni.

La norma “Salva Stati” è stata concepita come strumento che coinvolge gli Stati membri dell’UE ad intervenire finanziariamente in aiuto al Paese momentaneamente in difficoltà.

La situazione alla quale ci troviamo ad affrontare ora, non riguarda un solo paese, ma tutti gli stati della Comunità Europea. La pandemia del coronavirus sta investendo oltre all’Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, anche paesi come la Germania, l’Austria,    l’Olanda, la Danimarca ed il Belgio oltre alla Francia, meno coinvolti i paesi scandinavi come la Svezia e la Finlandia e quelli baltici, per cui si ritiene che una proposta di compromesso circa l’emissione di Euro Bond da parte della BCE, possa essere trovata.

    Alfio Brina

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