Sono partiti tutti. L’abbandono di un borgo dell’Alta Val Borbera

Anche pensando alla cara Carla Nespolo, che amava molto questi luoghi montani ma “vicini”, pubblichiamo questo intervento dell’amico Elvio sulla località di Reneuzzi. Un soffio d’aria leggera che ci fa ricordare Carla, Davide (citato nel testo) e tanti altri amici. (n.d.r.)

“In memoria di Davide Bellomo sono salita al borgo abbandonato di Reneuzzi, dove, trovato il piccolo cimitero, sono stata sulla sua tomba.  L’ho fatto perché colpita dalla sua vicenda: le grandi tragedie, infatti, consacrano i protagonisti all’ immortalità. Davide, col suo gesto disperato, ha forse ottenuto ciò che auspicava: non essere abbandonato, non essere dimenticato, e con lui neppure il borgo dove è vissuto, e i suoi abitanti. Davide appartiene alla fine di un’era sulle montagne della Val Borbera, dove si subiva la depressione della fine di un’attività, e la montagna veniva a mano a mano abbandonata, per trovare condizioni meno grame in città, si doveva scegliere se lasciare quella vita o restarne imprigionati. Davide fu travolto dal cambiamento. Nessuno muore davvero finché le increspature che causa nel mondo non scompaiono; il tempo potrà far crollare le case, e la vegetazione nasconderle coprendole, ma non dobbiamo dimenticare come vissero i suoi abitanti, perché dimenticare storie significa impoverire la nostra vita”  (Lorella Torti).
Reneuzzi è un paese di 1075 m., abbandonato dal 1961, nell’Alta Val Borbera, frazione di Carrega Ligure, ai piedi del monte Antola. Si raggiunge con una mulattiera che parte da Campassi. Fu un paese di contadini, relativamente ricco; la prima attestazione della sua esistenza risale al 1576. Il catasto napoleonico, degli inizi dell’800, conta 40 case e 200 abitanti; definì le proprietà di ciascuno: casa, fienili, stalle, campi, prati, frazioni del bosco. Posto sulla Via del Sale, era un punto obbligatorio di sosta per i mercanti, che dalla Liguria salivano verso il Nord Europa.  C’era l’osteria, per mangiare e dormire, e diffondere notizie. Il borgo aveva un’economia autarchica: oltre alla caccia, l’allevamento di capre, mucche, asini, galline, conigli, maiali. Quindi latte, formaggi, burro, ricotta, uova. Gli orti per la verdura, le patate e la frutta. Il bosco forniva la legna da ardere e il legno per costruire gli attrezzi e le suppellettili domestiche; oltre a castagne, grano e noci. Ciascuna abitazione, costruita in pietra e calce, aveva la cisterna all’interno, impermeabilizzata e cementata; furono costruiti i canali di scolo delle acque. La manutenzione del bosco e delle strade era compito di tutti gli abitanti, come la coltivazione della terra comune. A metà 800 il sindaco di Carrega mandò la maestra, che si stabilì in paese, impossibilitata a muoversi, soprattutto in inverno. La figura più importante era il parroco, che gestiva la chiesa per le funzioni religiose, a cui ci si rivolgeva per risolvere le controversie tra gli abitanti.
Paradossalmente il paese fu abbandonato proprio quando stavano per arrivare la strada e la corrente elettrica. Le famiglie rimaste cercavano la scuola per i propri figli, un lavoro retribuito e meno faticoso, e una vita non più grama.  Si trasferirono in Liguria, a Novi, Serravalle, Arquata, ove tuttora vanno a lavorare gli abitanti della Val Borbera.
Impietosa la curva anagrafica. Nel 1872 abitanti censiti 96; 1892, ab. 66; 1922, ab. 32; 1954 ab. 18; 1960 ab. 4.  Proprio nel 1961 una tragedia sancì l’abbandono definitivo del borgo.
Davide ha 31 anni, solitario timido introverso, è innamorato ricambiato di Maria, ventenne, sua cugina di primo grado – le madri sono sorelle –  per cui i genitori non vogliono che lo sposi. Si incontrano verso sera nel bosco, scambiandosi teneri baci. I genitori di Davide sono anziani, e non possono lasciare la loro casa a Reneuzzi. Maria abita con la sua famiglia, a Ferrazza, poco distante da Reneuzzi, e Davide va a trovarla tutti i giorni. Nel 1961 la famiglia decide di lasciare Ferrazza, per stabilirsi a Novi Ligure, portando con loro Maria, la quale, essendo minorenne, è obbligata a seguirli; ma anche lei è stanca della vita di sacrifici in montagna. Davide non può seguirla e neppure sposarla. Impazzisce per il dolore; prende la pistola che il padre aveva portato dall’America, va a Ferrazza, Maria si è attardata, la sua famiglia l’attende poco distante. La uccide, si nasconde nel bosco e si toglie la vita. Il corpo verrà ritrovato da un contadino dopo 23 giorni.  Nel piccolo cimitero di Reneuzzi si trova la sua tomba, con la foto e la lapide. Non fu una tragedia della pazzia, causata dall’angoscia della solitudine; l’omicidio/suicidio sono stati provocati dall’abbandono, dalla paura di restare solo con i genitori anziani da accudire. La tragedia fu il definito colpo di grazia per il borgo, da allora disabitato. Intanto “Un’orda di nuovi barbari depredarono gli attrezzi da lavoro, le suppellettili, i mobili, le panche della chiesa, sfondando porte finestre tetti. Sparirono piatti e posate, le ciotole ove veniva messo il formaggio a stagionare, i lumi a olio, i gioghi dei buoi, i basti dei muli, gli otri di pelle di capra, tutte le attrezzature necessarie alla vita delle famiglie. Oggetti finiti nei negozi di antiquariato dei paesi del Novese (Giovanni Meriana). Oggi ci vanno gli escursionisti, affascinati dalle belle case, ormai coperte dalla fitta vegetazione.
Ci siamo avvalsi dell’importante saggio “Sono partiti tutti. Gli ultimi giorni di Reneuzzi” scritto dallo  studioso Giovanni Meriana, Genova Sagep 2010.
Elvio Bombonato

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*