Alessandria è stata città militare fino alla metà del XX secolo e ciò ha comportato nel tempo oneri e onori. Sicuramente la presenza dei soldati ha alimentato commerci e traffici di ogni genere, ma ha comportato anche sacrifici per la popolazione, soprattutto quella meno abbiente.
In passato uno dei problemi più gravi per gli alessandrini, ma anche per gli abitanti di tutte le città interessate dalla presenza degli eserciti, è stato quello degli alloggiamenti.
Oggi siamo abituati alle installazioni militari e ai grandi accampamenti, forniti di ogni servizio, ma nei secoli precedenti qual era la situazione?
Caduto l’impero romano si era perso il concetto di accampamento militare razionale e di caserma.
Con il Medio Evo si fece avanti un concetto di organizzazione militare e di logistica a volte “anarcoide”. Sicuramente era uno spettacolo vedere in marcia le formazioni della cavalleria feudale. Marchesi e conti erano seguiti dai loro vassalli, con armamento eterogeneo e abbigliamento diverso, ma accomunati dai colori della casata che servivano.
Anche gli accampamenti erano interessanti, composti dalle grandi tende dei feudatari e dalle piccole, o dai giacigli, dei sottoposti, avvolti da suoni e rumori prodotti da fabbri e maniscalchi al lavoro o da cavalli e carriaggi in movimento. Tutto appariva affascinante e nello stesso tempo caotico, aggravato dalla presenza di centinaia, se non migliaia, di persone ruotanti attorno al campo militare: concubine, prostitute,mercanti e quant’altro.
Il ritorno delle fanterie, con i quadrati svizzeri, e la novità delle artiglierie non cambiarono di molto la situazione logistica.
L’ arrivo dei soldati nelle città era una iattura. I comandanti tendevano sempre ad evitare che le formazioni si accampassero tutte in insieme in uno stesso luogo, sia per la mancanza di strutture capaci di accoglierle sia per evitare che eventuali ammutinamenti potessero avere successo.
Questa distribuzione dei soldati fra la popolazione civile, pratica già diffusa fra la fine del ‘400, poteva avere varie conseguenze, una fra tutte la diffusione di epidemie.
Piazzeforti come Alessandria, Casale Monferrato e altre , in Italia e in Europa, erano fornite di fortificazioni possenti e articolate ma spesso non disponevano di strutture capaci di ospitare migliaia di uomini, in condizioni decenti, per lunghi periodi di tempo. Gli alloggiamenti a volte non erano sufficienti nemmeno per gli uomini del presidio ordinario.
Nel XVII secolo, caserme degne di questo nome erano quelle dei giannizzeri dell’impero ottomano. In Europa installazioni simili, con servizi igienici, cucine e acqua corrente, compariranno nel XVIII secolo. Ma ad Alessandria nel XVII secolo la situazione è diversa. Consultando i documenti dell’epoca scopriamo la preoccupazione degli amministratori per i pesanti oneri imposti dalla guerra dei Trenta Anni.
Appare anche una certa rassegnazione sulla inanità degli sforzi per ridurre le spese del Comune. A questo punto non resta che adattarsi alla situazione e far sì che ci sia il minor danno possibile. Ecco quindi un’organizzazione minuziosa degli alloggiamenti dei reparti che di volta in volta entrano in città, con il coinvolgimento di tutte le famiglie, umili e nobili, e la preparazione delle cosiddette fedi, veri e propri moduli prestampati, compilati in base agli elenchi forniti dai “forieri d’alloggio”(furieri).
I militari, muniti di questo documento, si presentavano ai proprietari degli alloggi a loro assegnati: case private, locande, osterie, conventi. I problemi però non erano pochi. Intanto gli elenchi, spesso erano redatti in cattiva grafia. Poi i cognomi, molte volte dettati in maniera storpiata da soldati analfabeti e altrettanto trascritti da scrivani disattenti. Le fedi, o bollette, erano vere e proprie ricevute, la cui restituzione, da parte dei padroni degli alloggi, comportava il rimborso delle spese. Se i nomi non coincidevano con quelli sui ruolini in mano all’Ufficio del soldo del Comune c’era il rischio di perdere il denaro speso per il mantenimento dei singoli soldati. Le bollette riportavano dati precisi: grado ricoperto e soldo spettante, in denaro o vitto e alloggio. Un capitano percepiva quattro lire al giorno, un sergente tre, un cappellano due, i soldati semplici una.
Era un grave onere per le famiglie, a cui si aggiungevano spesso le spese per i danni arrecati dai soldati alle proprietà. Questo era uno degli aspetti peggiori dell’alloggiamento militare e regolarmente venivano inviate suppliche alle autorità per ottenere risarcimenti.
Fra le tante testimonianze citiamo quella dei padri di San Bernardino (attuale Casa circondariale “Don Soria”): “Alla partenza dei due terzi di infantaria spagnola hanno ritrovato il candor delle mura e la vaghezza delle pitture ridotte a sì negrezza che sembrasi più disabituati tuguri che stanze de Religiosi.” La brutalità della soldataglia non arretra neppure di fronte al sacro, ecco perché tutti cercano di evitare l’onere dell’alloggiamento, anche se, come sempre, solo i nobili vi riescono, con grande disappunto comunque dell’amministrazione locale e del governatore spagnolo. Non si possono però alloggiare tutti i soldati nelle case civili. A volte il numero di questi supera di molto quello degli abitanti di Alessandria.
Nel 1603, dopo 22 mesi di permanenza in città, partono per le Fiandre 18.000 uomini,. Nel 1617, per respingere un attacco franco- sabaudo in territorio alessandrino, vengono concentrati entro le mura 12.000 uomini e cento compagnie di cavalli.
Alessandria, città di 12.000 abitanti, pullula letteralmente di soldati, alloggiati nelle case, accampati nelle piazze, nelle vie , in orti e giardini.
Ciò genera grandi tensioni e scontri con la popolazione locale. A questi soldati si devono aggiungere quelli del presidio ordinario permanente, il cui mantenimento è a carico sia dello stato sia del comune. La vita di guarnigione non è facile. Ci sono troppe frizioni, fra ufficiali e magistrati, fra civili e soldati, fra questi ultimi, per motivi diversi: precedenze in chiesa, cattive forniture, pessimi alloggiamenti, differenze nazionali, gioco, donne. Nel 1626, scoppia una rivolta militare per i ritardi nella corresponsione della paga, verrà domata a fatica. Testimonianza di questi tempi terribili è la costruzione della chiesetta del Monserrato. I soldati sono accomunati dal gioco, carte o dadi. Si gioca ovunque, nel corpo di guardia, negli alloggiamenti, al quartier generale . Spesso si perde tutto si va a letto a stomaco vuoto, nutrendo propositi di diserzione. Eppure molti di loro si sposano con donne alessandrine. Proprio tre presidiari, nel 1573, in segno di protesta per l’ordine di partire per le Fiandre, sporcheranno con lo sterco le insegne reali poste su alcuni degli edifici più importanti della città, pagheranno con la morte il fio del loro gesto. Un episodio gustoso, sempre in questo anno: un soldato tedesco, accusato di essere un untore, a causa di un guscio di noce colmo di unguento per i calli che porta con sé, ne ingoia il contenuto per dimostrare la propria innocenza.
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