Dialogo tra uno psicoterapeuta junghiano e un “carabiniere”

Il 7 novembre ho partecipato al seminario di psicodramma, con una trentina di psicologi, organizzato annualmente – questa volta forzatamente on line – da Wilma Scategni, presentando il testo teatrale che segue. Esso è tratto, con ovvie varianti, dal primo capitolo, intitolato “Antefatto”, del mio ultimo piccolo libro L’Ombra che uccide. Romanzo psicologico analitico, Moretti & Vitali, Bergamo, 2020. Siccome questo testo, di 99 pagine, è anche un racconto “giallo”, tutto giocato sul rapporto tra un analista junghiano, Orfeo Manin, e un paziente “ombroso”, Gaetano Romeo, spero che esso verrà letto da molte amiche e amici, “vicini e lontani”. Spero, però, che non vi vedranno “soltanto” un giallo, ma una vicenda incentrata sul rapporto analitico tra uno psicoterapeuta junghiano e un paziente, sia pure un po’ particolare, con taluni lati particolarmente “ombrosi”. Infatti questo piccolo libro vorrebbe essere, per lo junghismo, qualcosa di omologo – o quantomeno di analogo – a quello che sono stati i romanzi psicoanalitici di Georg Groddeck, come Lo scrutatore d’anime. Un romanzo psicoanalitico e Il libro dell’Es. Lettere di psicoanalisi a un’amica, un secolo fa, alle origini del freudismo (F. L.).

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PSICOLOGO – (Rivolto al pubblico) Il mio studio di psicologo analitico si affaccia su una piazza di Torino che non starò a nominare per non dare a nessun buontempone l’impressione di volermi fare “la réclame”. Stavo lì, in un afoso giorno di luglio del 2018, quando si presentò a me un tipo un po’ strano …

PAZIENTE – Dottor Manin, ho deciso di fare l’analisi con Lei.

PSICOLOGO – In linea generale non dovrebbero esserci problemi, signore … Ma lo decideremo insieme solo al termine di questo nostro primo colloquio, se a Lei non dispiace.

PAZIENTE – E come mai non si può deciderlo subito?

PSICOLOGO – Porti pazienza, caro signore … Ci sono tante ragioni … Questo primo incontro è sempre preliminare. E infatti, mentre in quelli successivi – se ci saranno – parlerà soprattutto Lei, e io mi limiterò a chiedere qualcosa (brevemente e di tanto in tanto), ora stiamo conversando un poco a ruota libera … Del resto “da me” il primo incontro è “in conto cassa”, gratis, perché è solo un abboccamento preliminare tra due persone che potrebbero anche non vedersi mai più, almeno “in studio”. Alla fine di questa nostra spero simpatica chiacchierata, infatti, Lei potrebbe trovarmi inadeguato alle sue necessità … Capita, sa? – Oppure Lei potrebbe non essere disposto ad affrontare un percorso che non può mai essere – almeno con me – breve … o troppo breve … Oppure io potrei apparirle come un fesso integrale (non si sa mai) … Oppure Lei potrebbe risultare – per me – un vero e proprio pazzo, e in tal caso le servirebbe soprattutto un buon psichiatra, e non già un amico della sua anima come potrei diventare io … Oppure Lei – mi scusi se mi permetto tali illazioni, ma non ci conosciamo affatto – potrebbe essersi macchiato di crimini talmente gravi, e soprattutto disgustosi, da inibire quel “transfert positivo” senza il quale ciascuno resta sulle sue posizioni di partenza, fermo come una roccia. E in tal caso la sua psiche non si smuoverebbe di un millimetro. Insomma, non evolverebbe affatto, ma resterebbe tutta, ostinatamente, incentrata sulle sue pive, e per ciò stesso immodificabile, chiusa a riccio come un porcospino sulla sua eventuale nevrosi … Mentre è proprio sull’orientamento della sua psiche che dovremmo, insieme, lavorare …

PAZIENTE – Dottor Manin, forse ho intuito, grosso modo, quello che Lei vuole dire … Però, se non le spiace, dovrebbe cercare di essere più elementare con me. Anche se mi presento a Lei “in borghese”, io, come le ho detto presentandomi, sono solo un carabiniere del profondo sud … anche se alla fine sono diventato sottotenente … e tre anni fa mi sono persino laureato a Palazzo Nuovo, in Scienze Politiche … Ma la mia cultura ha molti buchi, anche se sono uno che legge moltissimo (ma – ahimè – in modo del tutto disordinato).

PSICOLOGO – A dir la verità, mi era parso di essere stato chiaro … Se l’è forse presa per le mie illazioni? –

PAZIENTE – Illazioni?? Che significa? –

PSICOLOGO – Parlando di “illazioni” mi riferivo alle ipotesi senza il minimo fondamento, ai processi alle intenzioni: insomma alle idee campate in aria che fraintendono il prossimo supponendo qualcosa senza alcuna base reale … Comunque – al di là della parola “illazioni”, benedetto signore – che cosa c’è mai di oscuro in quel che le ho appena detto?

PAZIENTE – Non ho compreso la faccenda del transfert …

PSICOLOGO – In questo … ha proprio ragione … Non ci avevo pensato … Non possiamo dare per scontato che tutti sappiano che cosa noi psicoanalisti intendiamo per transfert … Si tratta di una delle parole chiave della psicoanalisi: tanto più per quegli psicoanalisti che la pensino come me (i cosiddetti junghiani). È sinonimo di traslazione, che vuol dire “trasferimento”, passaggio. In analisi è la traslazione, il trasferimento, il passaggio d’interesse, da lei a me e da me a lei: una specie di coinvolgimento profondo tra le nostre anime. Perché la relazione tra paziente e psicoterapeuta funzioni, i due debbono imparare a volersi bene, e al tempo stesso a comprendersi. Da entrambe le parti … Col tempo, naturalmente …

PAZIENTE – Insomma, è una sorta di fusione … Detto così mi sembra una specie di omosessualità, stante il nostro sesso maschile.

PSICOLOGO – Niente omosessualità … E neppure – se Lei fosse una bella donna – eterosessualità … Ma un po’ di affettività vera, accompagnata da un senso di reciproca comprensione, tra psicoterapeuta e paziente serve per davvero … Se io fossi anaffettivo – cioè uno privo o povero di sentimenti di vero affetto verso il mio prossimo, e in specie verso i miei pazienti – resteremmo due estranei. E nulla si modificherebbe nel suo, e anzi “nostro”, atteggiamento … Vale anche per Lei nei miei confronti (o almeno potrà valere da un certo momento in poi) … Certo Lei, come ipotetico psiconevrotico – che è poi solo uno che si senta più o meno disadattato, o almeno che si senta tale un po’ troppo spesso, sicché gli sembra che gli vada tutto storto … o cui va effettivamente tutto storto – potrebbe anche essere un tipo anaffettivo: insomma, potrebbe pure essere uno che non sente niente per gli altri, che se ne frega di tutti e segue il proverbio che qui a Torino, per fotografare il personaggio, compendiano nel detto: “Mòrt mì, mort tûti”. Potrebbe essere uno come quel tale che diceva alla moglie che aveva mal di denti: – Hai mal di denti? Io non sento niente … – E per ciò Lei potrebbe essere uno pronto a veder soffrire, o persino a far soffrire gli altri, come se niente fosse, non accorgendosene nemmeno … Potrebbe essere uno così anaffettivo da avere la pelle di elefante, curandosi poco o nulla persino dei sentimenti altrui che lo riguardino … anche se questo è molto raro … In questo momento Lei è certamente anaffettivo con me …, o quasi …, e lo sono persino io con Lei … perché ancora non ci conosciamo per niente …, o quasi … Ma se Lei continuasse a infischiarsene di me come persona, seguitando a considerarmi un estraneo anche tra sei mesi (e viceversa naturalmente), vorrebbe dire che la cura non sta funzionando affatto; che tra noi non c’è, appunto, nessun transfert; che tutto seguita come all’inizio, e che perciò Lei sta buttando via i suoi soldi dalla finestra.

PAZIENTE – Così va meglio ….

PSICOLOGO – Ma Lei come mai ha pensato proprio a me? Ormai noi psicoterapeuti siamo tanti – freudiani e anche junghiani, o d’altra scuola – pure qui a Torino …

PAZIENTE – Sono un suo ascoltatore …, e anche … un suo ammiratore.

PSICOLOGO – E perché mai, caro signore?

PAZIENTE – Ho ascoltato alcune sue conferenze su Jung al Circolo dei lettori di via Bogino … Con interesse … Soprattutto quando ha parlato dell’Ombra … Se ho capito bene, Lei ha sostenuto che come ogni corpo ha la sua ombra, ciascuno di noi ha il suo lato oscuro … nascosto …, e persino un po’ tenebroso …

Quest’Ombra – se ho capito bene – sarebbe una figura che in noi c’è sempre (mi pare che Lei l’abbia chiamata un archetipo). Insomma, quell’Ombra lì, nostra, starebbe sempre tra i cabagigi (come direbbe “il commissario Montalbano”) … A dirle la verità la faccenda della perenne presenza dell’Ombra come qualcosa di innato in tutti, mi puzza un po’ troppo di sagrestia …, di peccato originale … con quel male che incomberebbe su tutti di continuo (essendo un archetipo sempre all’erta, una specie di disposizione naturale, come l’amore e la morte) … Ma siccome purtroppo questo mi pare proprio vero, io – badi bene – non ho proprio niente da eccepire … Ci mancherebbe ancora … Anzi …

Certo in noi, per fortuna – a quel che mi è parso di capire – “l’Ombra” non è la sola presenza importante che si aggiri “da sempre” e “per sempre”, come domineddio, nella nostra mente …, manco fosse un fantasma … Ci sono pure fantasmi più buoni …

PSICOLOGO – Veramente gli archetipi non sono “fantasmi”. Ma non importa … Dica pure come le piace …

PAZIENTE – Lei, infatti, oltre che di Ombra, ha parlato di Anima, di Sé e d’altro ancora … Mi sembra che i fantasmi perenni nella nostra mente per Lei, comunque, siano soprattutto questi tre qua: l’Ombra, l’Anima e il Sé … Ma quel che mi ha colpito di più nei suoi discorsi è stato la sottolineatura del fatto che quando uno dentro sé stesso soffre le pene dell’inferno – ed è, un po’ troppo spesso, incazzato nero … e sente l’anima in pena …. e insomma sta male, molto male …, e quasi non si sopporta …, e per ciò fa star male la gente con cui vive …, e si lamenta tutti i giorni come un bambino … e inoltre dorme male …, e ha troppe fantasie di morte a danno altrui e pure proprio – vuol dire che in lui ci sono due parti che lottano l’una contro l’altra come se fossero Caino e Abele: manco fossero – dico io – i nazisti contro gli ebrei, o il contrario … Questo – se ho capito bene – avrebbe molto a che fare con l’Ombra, perché tutti quei pensieri cattivi verrebbero dalla parte buia di noi stessi, che è una specie di male oscuro annidato nel profondo … Ma forse qui divago a vanvera perché “il male oscuro” triste come la morte – come ho letto in un romanzo di un certo Giuseppe Berto – è il tumore maligno.

PSICOLOGO – Ma anche i mali della mente talora sono una specie di cancro dell’anima, com’è spesso la follia (Dio ne scampi) … Quindi la sua formulazione l’accetto …

PAZIENTE – Mi pare che Lei sostenga che l’analisi mira innanzitutto a mettere d’accordo quei due lì: il dottor Jekill e Mister Hyde, la coscienza e l’inconscio … Lei – se ho capito bene – sostiene che i due – l’Ombra e la Luce, Hyde e Jekill – in sostanza l’inconscio e la coscienza, la voce selvaggia degli istinti e quella delle nostre buone intenzioni – che sono come le due metà della mente – andrebbero almeno messi d’accordo … Invece di essere nemici, dovrebbero imparare a volersi un po’ di bene, a scendere a patti reciprocamente, a trovare a poco a poco un buon modus vivendi … che piaccia a tutti e due. Questo sarebbe il minimo vitale buono che l’analisi promette di raggiungere.

PSICOLOGO – O meglio, sarebbe il minimo – il quale è anche un minimo-massimo – che l’analisi psicologico analitica cerca di raggiungere, e che può persino raggiungere … E se la cosa riesce, la mente- per così dire sbloccata – chissà dove arriverà … Ma se si riuscisse a calmare in modo durevole una mente profondamente divisa e lacerata sarebbe già qualcosa, non Le pare?

PAZIENTE – In effetti è così … Comunque spero che non considererà questi commenti ai suoi discorsi come un’indebita invasione di campo.

PSICOLOGO – Al contrario … A dir la verità mi ha fatto molto piacere …

PAZIENTE – Non l’avrei mai creduto … Credevo che voi psicoanalisti – che non siete affatto nevrotici, ma anzi li curate – foste al di là della lode e del biasimo …

PSICOLOGO – Siamo umani anche noi, caro signore, e a volte troppo umani … Spero che il mio compiacermi per il fatto che Lei abbia così ben compreso la sostanza del pensiero che ho espresso al Circolo dei lettori non Le parrà una vacua forma di vanagloria … Riconosco, però, che fa saltar fuori, in me, un pizzico – e anzi una buona dose (ahimè) – di narcisismo (insomma di autocompiacimento eccessivo) … Spero che il mio riferimento al narcisismo non le parrà troppo forzato … Ricorda il mito di Narciso, no??? – Era quel bellissimo giovinetto che non si lasciava attrarre neanche dalle belle ninfe del bosco, perché amava solo la propria immagine riflessa in uno stagno, che al pari di alcuni bambini piccolissimi, o di certi cani allo specchio, credeva fosse di un altro. Perciò affogò nello stagno nel vano tentativo di abbracciare la propria bellissima immagine … Ma Lei deve sapere – se già, come sospetto, non lo sa – che anche i più seri analisti, pure junghiani, non sono – appunto – immuni da un qualche narcisismo … Ma questo narcisismo – che troppo spesso può indurci a guardarci con troppo piacere l’ombelico o, come dicono dalle mie parti, “la punta de l’oseo” – purché sia un narcisismo “benevolo”, che non faccia male a nessuno, si può anche accettare. Non è poi un gran male …, non le pare?

PAZIENTE – Mentre la ringrazio della confidenza, un poco mi stupisco … Mi era parso – alle sue conferenze – che Lei legasse il narcisismo a una cosa molto negativa chiamata inflazione dell’Io. Mi ricordo anch’io di questa strana formula dell’inflazione dell’Io perché mi aveva fatto venire in mente il mio esame di “Politica economica” a Palazzo Nuovo con Siro Lombardini. Io l’avevo intesa così: l’inflazione è un eccesso di moneta circolante, che proprio perché è in eccesso fa perdere valore ai soldi, come capita a ogni merce quando ce ne sia troppa sul mercato. E l’inflazione dell’Io è un eccesso di autostima. Uno si dà troppo valore, ma invece … vale meno di quel che dovrebbe, o meglio vorrebbe … o crede lui; o magari non vale un cazzo (scusi la parola, ma ha cominciato lei) … Un mio collega delle sue parti, amico mio, quando il maresciallo ci casca, lodando sé stesso in modo puerile (narcisistico. no?), aspetta che sia uscito dalla stanza e poi ghignando mi dice: “Se ‘a fa, se ‘a dise e se ‘a conta” … Ma lei … non mi pare proprio uno così … Insomma, non mi sembra che Lei sia un trombone privo di spirito …

PSICOLOGO – Non deve sopravvalutare né me né la mia categoria. Per quanto eventualmente bravi, anche noi psicanalisti – come tutti gli uomini – siamo dei “poareti”, mi creda … Del resto vale per tutti quanti i “curatori dell’anima”: psichiatri, psicoanalisti, preti di lungo corso (sebbene spesso educati da Santa Romana Chiesa ad essere untuosamente “umili”, il che non mi piace un cazzo di niente) …, per tacer dei “guru”, con o senza turbante, che pretendono di trasmettere il sapere dell’India antica attraverso complesse, e per altro salutistiche, e calmanti, contorsioni, da loro dette “Yoga”: contorsioni corroboranti – non fosse altro che come ginnastica da camera – accompagnate da predicozzi edificanti più o meno ingenui, simili a quelli dei preti alla Messa …, ma presentati come verità profondissime, anche se per lo più sono la scoperta dell’acqua calda … Tuttavia – nel pizzico di autocompiacimento che lei potrà aver rilevato o rilevare in ogni curatore di anime – a mio parere non c’è niente di male (o quasi) … Infatti se il compiacersi un po’ troppo di noi stessi – che pure quando lo fanno gli altri può farci ghignare – non è rivolto contro altri, per me si può accettare (o quantomeno non deplorare, né in presenza dell’interessato né alle sue spalle … perché nessuno è perfetto). Ricordarlo sempre fa bene all’anima … L’importante è, caro Romeo, non proiettare le nostre idiosincrasie sul nostro prossimo: ad esempio su colleghi che abbiano fatto più carriera o abbiano avuto più successo di noi … L’evitare di avere spirito di risentimento verso gli altri, e soprattutto di proiettare il male, di cui soffriamo, contro di loro, come fa il genere di narcisista che direi “negativo” (o “più negativo”), e come fa più di tutti il paranoico, è l’A B C per poter contrastare le nevrosi altrui (e soprattutto quella propria); e quindi vale tanto più per noi psicoanalisti, che ci facciamo pagare per curare le nevrosi, o quantomeno per ridurle il più possibile … L’importante è non proiettare il malum nostrum sul nostro prossimo cercando sempre un presunto colpevole su cui scaricare le nostre frustrazioni, o debolezze, o sconfitte … E, più in generale, è importante non basare sull’abbassamento del prossimo l’autostima che raggiungiamo … Insomma, se abbiamo ripulito ben bene le condutture della nostra psiche – così da evitare d’infettare gli altri con le nostre nevrosi personali, e da non essere infettati troppo facilmente a nostra volta dalle loro – anche un pizzico di follia narcisistica, a mio parere, si può tollerare, e per quel che mi riguarda si può persino accettare … Per contro, caro Gaetano, se il troppo amor di sé si fa aggressivo – basato sulla colpevolizzazione appassionata di altri – dietro la vera e propria ferita narcisistica “aperta” fa capolino – anche nei curatori d’anima migliori – appunto l’Ombra selvaggia: la potente immagine personificata di quello che per ciascuno di noi è il malum interior, il malum nostrum, insomma il fantasma del male vero … Quest’attitudine porta infatti a vedere in innumerevoli persone – e anzi quasi in tutte – dei tipi a noi ostili, più o meno immaginari, da contrastare in ogni modo, cominciando col metterli nella peggior luce possibile … Tanti coglioni, che nella loro sicumera non pensano di aver bisogno proprio di noi psicologi dell’anima, fanno proprio così, come se fosse la cosa più normale del mondo. E così fanno male agli altri e prima di tutto a loro stessi … Questi nostri “compagni di viaggio” nella vita, troppo esposti al loro proprio disagio psichico – tanto da cercare di scaricare sistematicamente la colpa sugli altri – fanno così per non stare troppo male loro stessi …, o addirittura nell’illusione assoluta che ciò li faccia stare bene. E se non scatenano l’Ombra a occhi aperti, lo fanno a occhi chiusi, nei loro sogni ossessivi.

PAZIENTE – [Con voce tremante e volto oscuro] E Lei … Lei è riuscito a sconfiggere … definitivamente … quello che chiama narcisismo cattivo?

PSICOLOGO – Riconosco che eliminare il narcisismo negativo – il volto interiore “ombroso” – o meglio tenerlo almeno in un cantuccio al caldo così che non possa nuocere – non è sempre facile … Neanche per me, o per i migliori tra noi psicologi dell’anima … Ti puoi persino chiamare Jung, ma lì casca l’asino (glielo potrei documentare) … Almeno di tanto in tanto … Infatti l’Ombra – l’animale selvaggio “interiore” – che sta nella cantina della nostra psiche, e in molti casi nella sua stessa casa (o essere), se così posso dire … – sta sempre tra le palle … È, infatti, l’animale totalmente irrazionale che c’è in noi (anzi, che è “noi”, un aspetto di noi), pure nei tipi più “spirituali”.

PAZIENTE – Infatti in una sua conferenza Lei ha detto – credo riferendo un’opinione di questo suo maestro Jung – che c’era persino in Gesù Cristo … La cosa mi aveva colpito, ma poi Lei non ha detto altro … Forse avrà temuto di scandalizzare qualche faccia da prete, cattolico bacchettone, tra il pubblico.

PSICOLOGO – Forse ha ragione … Lei ha davvero dei riflessi mentali molto acuti … Tuttavia, oltre che dall’opportunismo – cui io pure indulgo talora, spero eccezionalmente, e mio malgrado – credo che la mia reticenza – voglio dire il mio non dilungarmi sull’esempio di Gesù Cristo – sia stata determinata anche da un’altra ragione. A mio modo, come moltissimi junghiani io mi sento uno spirito che è sì eretico, ma anche molto religioso. A modo mio … a modo nostro, s’intende … Perciò non mi piace passare per uno che – come Voltaire faceva col cristianesimo (o con la sola chiesa, non mi ricordo bene) – dica: Ecrasez l’infâme (“Schiacciate l’infame”) … Ma qui mi fermo, su ciò, perché per chiarire o approfondire minimamente questa faccenda, dovrei parlare almeno una mezz’ora, e non è il caso … e non sarebbe giusto. Perciò per ora mi limito a dirle questo … Lei ha colto il vero, o quello che a me è parso tale: la figura dell’Ombra è presente con grande forza persino in Gesù Cristo, naturalmente nel suo essere “vero uomo”, e non nel suo reale o preteso essere anche – o prima di tutto – “vero Dio”. Nei quaranta giorni di digiuno nel suo deserto, quando Satana lo visitò, non fu forse tentato di conquistare la gente trasformando le pietre in pane o facendo miracoli? E non desiderò forse il potere mondiale sulle genti? … Anche se seppe resistere a Satana, cioè alle proprie tentazioni (che però – se non l’avessero solleticato molto – non sarebbero neppure state tentazioni) … E non era tutto contento quando la gente, mentre si avviava verso Gerusalemme sul somaro, inneggiava a lui come al nuovo “figlio di Davide”, re d’Israele?

Insomma, pure in quel che si dice un uomo divino o persino Dio fatto uomo, un sant’uomo senza pari, c’è l’Ombra: la bestia è latente (per così dire nell’angelo). Anche in lui sonnecchia l’uomo della cieca suggestione, il mago, il “miracolista”. Anche in lui sonnecchia il potere corruttore, che dà o promette i beni del ventre, il pane materiale. Anche in lui sonnecchia la cieca volontà di potenza personale, che aspira alla corona. Dunque queste cose sono latenti pure nei migliori, anzi nel migliore … Del resto Satana stesso è stato l’angelo più bello, prima di ribellarsi a Dio. E magari nell’aspetto esteriore lo sarà stato pure dopo … Così come nel malvagio più tenebroso c’era stato (prima) l’angelo “buono”, l’angelo sonnecchia pure nella bestia umana. Perciò nessuno di noi è puramente “buono” o puramente “cattivo”, fosse pure san Francesco in persona, o addirittura – Dio mi perdoni l’involontaria blasfemia – Gesù Cristo stesso (nel caso del “più buono”) o Hitler (nel caso del “più cattivo”). Insomma, l’altra parte della luna è latente tanto nell’amore incarnato quanto nella distruttività fatta persona.

PAZIENTE – Ma allora non ne verremo mai a capo … E a quel che capisco per Lei non esistono neanche i santi …, che – almeno quando lo sono – sono dei senza peccato, sino a prova contraria …

PSICOLOGO – Forse … non ci son santi … Ma uno può essere “quasi” un santo, no? O “quasi” un demonio … E non si tratta di cosa da poco … Comunque, vedendo la questione in termini generali, io credo che dobbiamo sempre ricordare che ciascuno di noi è sempre un composto (come quando diciamo che l’acqua è H2O, due atomi di idrogeno e uno di ossigeno). Ora prevale un’attitudine ed ora quella contraria, anche se per fortuna ogni nostro atto, e persino ogni nostro pensiero, sposta di continuo l’ago in una direzione o nell’altra … Male e bene salgono e scendono in noi come la pressione … Dico ciò pure ammettendo che non solo ci siano tra noi persone così aperte all’infinito, all’eterno e all’empatia – similmente a Gesù, o a San Francesco d’Assisi – da farci sentire – quando le incontriamo – che Dio è presente tra noi (e per ciò eventualmente pure “in noi”), ma che ci sono anche delle carogne così radicali, come Eichmann e tanti altri sgherri anche d’altre aree politiche, da farci fare il segno della croce quando le incontriamo …, o almeno da indurci a farcelo col pensiero, se proprio non possiamo farlo “in pubblico” per non far ridere i polli … Però quando vediamo un individuo che nell’anima appare “tutto bianco” o “tutto nero”, o – come diciamo a Torino – tût pra’ o tût camp, possiamo essere certi di sbagliarci. Nessuno è per davvero così, per nostra disgrazia o fortuna. Se poi a credere che tutto sia bianco o nero sia uno come me, cioè uno che per professione fa il curatore d’anime, per me è imperdonabile … Nessuno è mai così – “tutto bianco” o “tutto nero” – caro signor Romeo (glielo ribadisco). In ciascuno di noi è sempre latente la bestia: anzi, una bestia che ha anche dei canini, i quali come si sa sottendono l’animale da preda; e al tempo stesso qualche tratto di bontà c’è nel peggiore degli uomini. Chi se ne dimentica, perde il senso dell’appartenenza a un genere umano a tutti comune, non le pare?

PAZIENTE – Dunque c’è un quid di male che è ineliminabile … Ma quando la sentii al Circolo dei lettori credetti di comprendere che per Lei non era così.

PSICOLOGO – E ha inteso bene … Intanto noi siamo sì dei predatori, ma siamo anche erbivori. E del resto persino un predatore non lo è in modo assoluto. Tutt’altro … L’animale – pure quello che viva di caccia – può essere dolcissimo con la prole, e anche con quelli della sua specie, come vediamo nei lupi. Basta guardare i cani che giocano su una spiaggia, anche se sono l’uno ignoto all’altro (e i cani sono poi semplicemente, dal primo all’ultimo, dei lupi addomesticati) … Tuttavia la bestia – persino la più tenera, della razza dei cani – può diventare aggressiva, e persino assassina, se si senta minacciata, e soprattutto tormentata e ferita.

PAZIENTE – Ma Lei, dottore, lo direbbe anche per i grandi assassini? Non c’è il rischio di dire che in fondo anche l’assassino vuol bene alla mamma? E che in fondo pure Hitler era una brava persona?

PSICOLOGO – Non è facile rispondere, caro signor Romeo. Probabilmente c’è pure il legno storto per natura: gente che sembra non avere la minima empatia per i propri simili … Ma io credo che anche nel caso delle più gravi propensioni, nell’uomo ci sia sempre qualcosa di buono. –

PAZIENTE – Anche in Hitler?

PSICOLOGO – Forse il suo terribile padre ebbe le sue responsabilità. Chissà quanto l’avrà picchiato tra infanzia e fanciullezza … Forse le continue frustrazioni subite durante la prima adolescenza e prima giovinezza lo persuasero del fatto che l’umanità come insieme fosse malvagia. Se età decisive della vita come fanciullezza, adolescenza e primissima gioventù fossero state contrassegnate da minori frustrazioni continue, quel tipaccio assassino su scala di massa sarebbe stato meno furioso nei confronti dei nemici reali e, soprattutto, immaginari, come i poveri ebrei … Tuttavia non vorrei essere frainteso da Lei. Anche se pure il peggiore assassino ha circostanze attenuanti (ad esempio adorava la mamma, come quell’Hitler), il male che fa lo decide lui: allargando la macchia dell’anima invece di restringerla (come dovrebbe e potrebbe fare). C’è chi addomestica il cagnaccio che sta negli abissi della mente; chi lo tratta come un cane alla catena, picchiandolo con un randello; e chi, poi, lo lascia libero di andare in giro, incazzato nero, a fare il male … Se stiamo alla Bibbia, persino Dio, accortosi della cattiva disposizione al male di Caino, prima che quello assassinasse Abele gli consigliò di resistere alla tendenza al male che lo pervadeva. Evidentemente secondo Lui avrebbe potuto farlo, no? (Se no, non gliel’avrebbe detto).

Noi siamo animali pensanti e volenti, caro Romeo; e per ciò – anche quando abbiamo molte attenuanti – non siamo mai innocenti se facciamo male a qualcuno … Se no, male non sarebbe. Non lo sarebbe per gli altri, e neppure per noi stessi … Lo so anch’io che parlare di bene e di male potrebbe pure essere discutibile, in una Natura che pare non curarsene affatto … Ma se il male fa male pure a chi lo fa, come potremmo dire che siamo al di là del bene e del male, come ha detto qualcuno?

PAZIENTE – A dir la verità, dottor Manin, mi gira un po’ la testa … Fatico a starle dietro. Per cui sarei portato a farle solo un’ultima domanda: se Lei dovesse ricavare una specie di conclusione facile facile, comprensibile pure a una testa da carabiniere come la mia … come la enuncerebbe?

PSICOLOGO – In sostanza in noi – risposi – sonnecchia pure una mala bestia, come il serpente spesso rappresentato ai piedi del dio Shiva (o che era “di casa” pure nel paradiso terrestre). Dobbiamo intendere – e sotto sotto lo sappiamo sempre – che anche quando la nostra bestia selvaggia interiore non nuoce, in certe circostanze potrebbe farlo. L’Ombra non è mai una bazzecola. Non ci si può tanto scherzare sopra … Ad esempio se la bestia, in noi, sia troppo allettata dal piacere a portata di mano, le è difficile resistere (anche se è possibile). Oppure è difficile che la bestia – o Ombra selvaggia che dir si voglia – non diventi folle o omicida se sia resa – magari tramite tormenti ripetuti – furibonda, appunto come un cane tenuto alla catena per farlo “stare buono” …, oppure come un cane che d’istinto creda di trovare sulla propria strada qualcuno che voglia perpetuare – oppure acuire ulteriormente – il suo dolore facendogli ulteriormente male (anche se quello, a differenza di altri persecutori anteriori, manco ci pensi). E in tal caso “Dio” aiuti quello contro cui si scatena, perché il minimo che possa fare la cara nostra bestiola interiore arrabbiata, spaventata e comunque esasperata, è azzannarci, o avvelenarci l’anima mordendoci al modo di un serpente con una lingua biforcuta.

Ma di queste cose, se vuole, potremo parlare le prossime volte, per almeno un paio d’ore la settimana, se Lei la vorrà.

di Franco Livorsi

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