In margine a “Giornata della Terra, mentre i Governi sono in conflitto col pianeta”

Angelo Bonelli (*) su Huffington Post ci ricorda quello che, forse,  già sappiamo ma che tendiamo a dimenticare con troppa facilità. E questo succede a chi dovrebbe già avere dimestichezza con queste notizie e, anzi dovrebbe essere riuscito a metabolizzarle e a farle riverberare in un ambiente sociale e comunicativo quanto mai povero. Figuriamoci gli altri. Quelli che non vogliono nemmeno sentire questi numeri. Non sanno chi è Bolsonaro e che si ripetono….”sì…ma intanto la foresta è enorme…”.  Provare a mettere in discussione questo “negazionismo da struzzo” è fatica inutile. L’esempio di quel che ci ha suggerito l’evento pandemico è servito a poco. La voglia di tornare “a prima” sta prendendo un po’ tutti come un desiderio di un rifugio ombroso e tranquillo. Ma non sarà più così. Non potrà più esserlo. Le pandemie che si sono ripetute dalla fine del XX secolo e che hanno toccato il loro apice nella Sars-Covid-19, ci hanno confermato che qualcosa non funziona, che la misura è colma. Sono gli animali, incoscienti portatori dei virus in qualità di “passaggi” intraspecie, che ci ricordano tutti gli errori fatti con gli allevamenti intensivi, con i beveroni di concime misto a calce e polvere di loro simili, con gli steroidi anabolizzanti e mille altre porcherie. Sono le piante, gli esseri in via d’estinzione a rammentarcelo. Una catena della vita danneggiata in alcune sue componenti dove non c’è più equilibrio, non c’è ricambio. Dove tutto  si accumula, incancrenisce e – alla fine – crea le condizioni per la proliferazioni di esserini invisibili continuamente in mutamento, difficili da catalogare e inertizzare. Lo stesso sta succedendo per le materie prime, per l’acqua, il legname, per la ricerca di combustibile. Tutto drammaticamente sul filo del rasoio…con – al di là – il nulla. Del testo di Angelo Bonelli abbiamo mantenuto anche il titolo, come monito, ma dubitiamo che possa servire.  (n.d.r.)

La Terra agli inizi del 1900 era abitata da 1,6 miliardi di abitanti, abbiamo chiuso il secolo scorso in più di 6 miliardi, nel 2019 siamo arrivati a 7.6 miliardi ed oggi le previsioni più recenti delle Nazioni unite ci dicono che potremmo arrivare nel 2050 a quadi 10 miliardi di abitanti nel pianeta. Il nostro modello di sviluppo basato sulla crescita continua del prelievo di risorse naturali e di materie prime, della produzione di rifiuti, dell’utilizzo di energia e al consumo di suolo sta mostrando la sua insostenibilità ambientale e sociale  per due motivi:

1. Non ci sono risorse sufficienti per continuare con questo stesso modello economico e produttivo per garantire cibo, sviluppo e benessere per la crescente popolazione della Terra;

2. Il cambiamento climatico avanza e gli ecosistemi e i processi naturali su cui si fonda la vita sul nostro pianeta sono stati profondamente alterati a causa delle emissioni in atmosfera e della dispersione di rifiuti solidi e liquidi prodotti dalle attività umane. La crisi climatica, delle risorse, del petrolio, dell’acqua, l’aumento demografico, la deforestazione, la perdita di biodiversità, la riduzione delle riserve ittiche, la perdita di suolo fertile, le crescenti diseguaglianze fra la parte più ricca dell’umanità e quella più povera, le migrazioni di massa da un continente all’altro causate dalla fame, dalle guerre e  dalla desertificazione dei suoli, sono i problemi epocali che devono di un’unica grande sfida che l’umanità deve lanciare per salvare il pianeta Terra.

Nel giorno in cui celebriamo la Giornata della Terra, migliaia di conflitti ambientali si sviluppano a causa dello sfruttamento delle risorse naturali che portano anche a gravi violazioni dei diritti umani. L’atlante globale della giustizia ambientale ( www.ejatlas.org ) ha censito oltre 3.500 conflitti ambientali, anche l’associazione italiana ASud lavora nella costruzione di un atlante dei conflitti ambientali.

In Africa, ed in particolare nel Congo, la guerra per lo sfruttamento del Coltan un minerale utilizzato per la fabbricazione  di telecamere, cellulari e apparecchi elettronici ha anche favorito l’inserimento di diversi gruppi armati nel controllo dei processi estrazione di questo materiale. Complice il diffuso stato di povertà e di disoccupazione della popolazione congolese, negli impianti minerari all’interno della foresta vengono sfruttati donne, giovani e bambini, costretti a estrarre il minerale con mezzi rudimentali per paghe bassissime, possono arrivare a  10 centesimi al giorno, per un valore di vendita del Coltan sul mercato di circa 600 dollari al kg.

In Asia il conflitto tra Cina e India per lo sfruttamento energetico del Yarlung-Tsangpo-Brahmaputra, uno dei più grandi e potenti sistemi fluviali del mondo, che nasce dai ghiacciai dell’Himalaya, sta portando alla costruzione di centinaia di dighe in una competizione senza limiti tra i due paesi per il controllo energetico di questo ecosistema.  La riduzione della portata d’acqua ridurrà l’approvvigionamento,169.000 m3 al secondo,  per 130 milioni di persone che vivono in questo bacino idrico dove sono concentrate aree agricole e povere

In Amazzonia solo nel 2020 la deforestazione ha distrutto 21.000 km/q di territorio , di cui 13.000 solo in Brasile. In questo scenario drammatico dal punto di vista ambientale di cui il presidente Bolsonaro è quota parte responsabile, due mesi fa è stato pubblicato un decreto presidenziale che regolarizza le occupazioni illegali di terre nella foresta e autorizza le attività minerarie, di ricerca di risorse idriche nelle terre indigene e di sfruttamento commerciale del legno. Il livello d’impunità  per le attività svolte contro gli indios in violazione delle leggi della stessa repubblica federale brasiliana ha raggiunto livelli mai toccati nel passato. Due giorni fa il ministro dell’Ambiente Riccardo Salles ha licenziato il capo dei controlli ambientali (IBAMA) dello stato federale del Paranà Antonio Fabricio Vieira perché sequestrava tutti i carichi di legna abbattuti illegalmente nella foresta.

Nel Polo Nord,  a causa del “ global warming “,  secondo alcune simulazioni, nel 2050 le acque artiche potrebbero essere navigabili perché ogni estate l’Artico perde il 13% dei ghiacciai, e il 4% nella stagione invernale. Il Polo Nord oggi è un luogo potenziale di conflitto ecologico-energetico. La Russia nell’estate del 2007 ha collocato la propria bandiera, inserita in un cilindro di titanio, sul fondale del Polo Nord geografico, a 4200 metri di profondità, grazie all’ausilio di due sottomarini,  per rivendicare l’appartenenza territoriale della dorsale di Lomonosov. I fondali del Polo Nord custodiscono di riserve di petrolio e gas per circa 150 miliardi di barili e Canada e Stati Uniti hanno aumentato gli investimenti in navi rompighiaccio, per esercitare il controllo sull’Artico nei prossimi anni, mentre la Danimarca è impegnata a dimostrare che la dorsale Lomonosov è in realtà un prolungamento della Groenlandia,  e quindi di sua proprietà.

In Arabia saudita il principe Bin Salman, sostenuto anche dall’ex premier Matteo Renzi, vuole realizzare il progetto “The Line” una città che si sviluppa lungo una striscia lunga 172 km, 33 volte più grande della città di New York, tutta robotizzata, che sorgerà nella regione desertica di Tabuk. In quel deserto da secoli ci vive la comunità tribale degli Huwaitat: il regno saudita ha ordinato lo sfratto dalle loro case per realizzare il progetto inserito nell’ambito del programma Saudi Vision 2030. La distruzione delle comunità tribali coinvolte dal progetto Neom segue decenni di tensioni tra la Casa dei Sauditi che esercita il controllo sul territorio attraverso progetti di costruzione o la distruzione di alcuni siti del patrimonio. Nel 2017, le Nazioni Unite hanno condannato la demolizione forzata, realizzata con i bulldozer da parte del regno saudita, della città sciita murata di Awamia, nella regione del Qatif orientale, per violazione dei diritti umani, e 20.000 residenti su 30.000 sono fuggiti.

Questi sono solo alcuni esempi di conflitti che nel mondo stanno accelerando il consumo delle risorse naturali causando inquinamento, degrado e povertà sociale. La via da prendere con determinazione è solo una, quella della conversione ecologica dei modelli produttivi e di un concreto patto globale per la tutela della biodiversità e il rispetto dei diritti umani a partire dai luoghi di conflitto ambientale. L’energia solare ed eolica rappresentano l’alternativa all’attuale modello energetico, solo nel 2019 ha dato lavoro nel mondo a 11,5 milioni di persone con 200 GW di energia elettrica installata. Rilanciare e valorizzare l’agricoltura locale o di filiera corta darebbe un impulso agli agricoltori aumentando la sicurezza alimentare, fermare il consumo di suolo e rigenerare suoli desertificati a fini agricoli aiuterebbero a  ridurre quelle che vengono chiamate le migrazioni climatiche in modo particolare nel continente africano.

(*) Angelo Bonelli. Ecologista. Già coportavoce dei Verdi.  Testo integrale su:

https://m.huffingtonpost.it/entry/giornata-della-terra-mentre-i-governi-sono-in-conflitto-col-pianeta_it_60810ae8e4b0e7cb020a70c0?utm_hp_ref=it-homepage

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