Ulissidi e stanziali

Dividerei l’umanità in due grandi categorie: gli Ulissidi e gli stanziali.

Ma chi sono gli Ulissidi?
Chiaramente coloro che considerano la vita o parte di essa come una grande avventura, in cui mettono in gioco se stessi.
L’esempio più classico è chiaramente Ulisse, Odisseo, sicuramente quello del poema di Omero, ma forse ancor di più l’Ulisse dantesco, colui che, uscito dalle Colonne d’Ercole, si lancia nell’oceano aperto sino a trovare la gigantesca montagna, da cui si genera un turbine che assale la nave di Ulisse, sino a farla rapidamente affondare.
E’ un Ulisse temerario, che sembra sfidare gli dei o il Dio cristiano, per una sorta di volontà assoluta di conoscenza.
Ma Ulisse è l’Uomo, con tutte le sue contraddizioni.
Come Uomo è Marco Polo, che parte dalla sua Venezia per affrontare un viaggio immenso, anche qui apparentemente sacrilego, pur di conoscere un’altra civiltà, un’altra realtà, così lontana, eppure così vicina, quella dell’Umanità in progresso.
Ma di questi Ulissidi è piena la Storia.
E proprio all’inizio dell’era moderna avremmo gli esempi più eclatanti, come Cristoforo Colombo, che scopre, involontariamente, un continente sconosciuto, mentre le spezie, tanto ricercate, sono altrove.
E poi i portoghesi, così audaci e al tempo stesso privi di scrupoli, pronti a tutto per un carico di spezie: da Vasco de Gama a Magellano.
Ed inoltre i Caboto, che si rivolgono verso l’America del Nord.
Tutti hanno una spinta alla conoscenza, unita alla forte volontà di accumulare denaro rapidamente, di scalare molte classi sociali, con l’aiuto della ricchezza.
E in questo, permettetemi di dirlo, gli Inglesi sono dei maestri, da Francis Drake a James Cook, che non compiono le loro gesta soltanto per la gloria della corona britannica, ma per i benefici che ne trarranno.
Finora, abbiamo visto soltanto gli Ulissidi dell’Orbe terraqueo, ma ci sono quelli che hanno puntato più in alto, e i nomi non sono difficili da farsi: potremmo ricordare Werner Von Braun e, dall’altra parte della cortina, il misconosciuto Korolev.
Questa rassegna di Ulissidi è del tutto esemplificativa, ma significa comunque qualcosa, implica una forza dinamica che si contrappone a quella statica.
Al contrario, chi sono gli stanziali?
Sono coloro che ratificano l’esistente, per cui nulla mai cambia, non c’è bisogno di salti (saltus) o rivoluzioni, poiché tutto dovrebbe rimanere come è.
Il nonno passa le sue esperienze e il suo modo di vivere al figlio, il figlio fa altrettanto con il nipote.
E’ una sorta di continuità, che permette il mantenimento dello status quo, ma, fatalmente, non porta da nessuna parte, se non al passato.
L’Ulisside quindi non come forma fracassona del Futurismo, ma come una molla necessaria per creare il futuro, affinché il mondo non si riduca ad una pozza immota.
Ci sono vie di mezzo?
Forse, ma io preferisco una contrapposizione netta, quasi meccanica, che ci indichi fisicamente come procedere: certo, il futuro in movimento è sempre pieno di rischi, anzi, è un rischio colossale, ma, senza questi rischi, possiamo procedere, possiamo progredire?
Spesso mi guardo intorno ed osservo coloro che corrono, quelli che camminano, quelli che siedono ed alcuni che affondano nelle sabbie mobili.
Il paragone non è infelice.
Per quanto mi riguarda, quando riesco a salire la scaletta di un aereo, quando mi siedo e sembro non avere più pensieri, non mi interessa la meta del viaggio, quante ore ci vorranno per raggiungerla né che lingua parlerà la gente attorno a me, ma il benessere che avrò per aver cambiato la mia vita, nel tentativo di darle un senso.
Sono, a mio modo, un Ulisside.
Giorgio Penzo

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