Quando c’era la F.L.M.: storia individuale e collettiva di un quindicennio straordinario

Nell’ampia e bella introduzione a una raccolta di saggi del novecentista Claudio Pavone, David Bidussa si interroga sul mestiere dello storico e rileva che “le cose non parlano da sole. Accanto alle cose stanno gli uomini e gli attori sociali che si candidano e si propongono come ‘narratori’ di storia contemporanea. E stanno coloro che a vario titolo, a scena conclusa, quando si tratta di fare memoria, ripercorrono quelle scene, gli spazi, le parole, vanno alla ricerca delle persone […]. Per questo non è sufficiente raccontare come sono andati i fatti. Ma bisogna scavare intorno ai comportamenti, tornare periodicamente a verificare atti, memorie, racconto. E, insieme, ascoltare […] le voci di coloro che stanno sulla scena”[1].

Nel fare storia, dunque, si tesse una sorta di dialettica tra la staticità delle cose e la dinamicità della memoria che le elabora e rielabora, ricostruendosi e ricostruendo, con i fatti del passato, i volti, i pensieri, le emozioni, i sentimenti, le voci di chi in quel passato ha vissuto e ha agito. Né il mestiere dello storico è algido assemblaggio di mosaici di accadimenti estinti, giacché il passato è materia viva, calda, intessuta di concrete esistenze umane, di storie individuali che si fanno, intrecciandosi le une con le altre in uno scambio continuo, Storia collettiva e si consegnano – lasciti viventi di valori, esperienze e prospettive – alle nuove generazioni.

Tale è l’intreccio virtuoso che attraversa e anima l’ultimo libro di Renzo Penna, socialista lombardiano e dirigente della CGIL, dedicato agli anni delle grandi lotte operaie e sociali tra il 1967 e il 1982 e a quell’esperimento straordinario di ricostruzione dell’unità sindacale che fu la Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici, concepita, allora, come primo, iniziale luogo di incontro, scambio e reciproco arricchimento delle diverse correnti del sindacato sorte dalla drammatica spaccatura del 1948.

L’opera di Penna – assai corposa, ma confortata da una scrittura scorrevole e piacevolissima, il cui ritmo e la cui pacata razionalità intessuta di autentica passione rendono lieve, avvincente, spesso toccante e sempre coinvolgente la lettura – si declina sapientemente intorno a tre componenti, che si intersecano in un costante rimando reciproco, tra racconto e ricostruzione storica: i riferimenti autobiografici, che descrivono la nascita e la storia di una militanza sindacale; gli accadimenti politici e sindacali paradigmatici di una provincia allora fortemente industrializzata e orientata politicamente in senso progressivo, qual era Alessandria; e i fatti salienti del panorama nazionale e internazionale. Così, la storia militante di uno dei dirigenti e protagonisti principali del sindacalismo piemontese e della CGIL diviene apertura protrettica e chiave di lettura della storia più ampia del movimento operaio italiano in quegli anni formidabili, che oggi sappiamo essere tanto irripetibili, quanto obliati e rimossi dal discorso pubblico.

Particolarmente felice è la scelta di introdurre la narrazione mediante l’accostamento, narratologicamente drammatico, di una fine e di un inizio: un brano del 2012 di Luciano Gallino (in cui il sociologo torinese addita l’attacco alla classe operaia, che passa attraverso l’attacco al sindacato, al termine di una lotta di classe che ha visto la vittoria del capitale) e il ricordo di un lontano giorno di sciopero del settembre 1969, allorché Renzo Penna, allora giovanissimo dirigente nella argenteria “Ricci” di Alessandria, entrò al lavoro, ma con il “permesso degli operai”, come scrive, primo segnale di una scelta di classe e di un rapporto rispettoso e paritetico con i lavoratori, che contraddistingueranno nei decenni successivi tutta la sua vita politica e sindacale; e, al contempo, immagine emblematica di un sindacalismo che non fu casta separata, bensì scelta di vita totalizzante, che scaturiva razionalmente, ma anche emotivamente, dalla costatazione dello sfruttamento di fabbrica e dalla ferma, convinta istanza di giustizia sociale.

Il libro si articola in capitoli, la cui scansione è strutturata sulla base di una cronologia che è al contempo modellata sulle più significative vicende autobiografiche e sui principali accadimenti del mondo sindacale e politico del territorio. A un primo capitolo, dunque, dedicato al triennio 1967-1969 a Milano, dove l’autore frequentò un corso di specializzazione organizzato dalla Alfa Romeo e fu poi assunto come impiegato tecnico e del quale Penna rammenta i fondamentali eventi politici e sindacali in ambito nazionale e locale, seguono gli altri, centrati maggiormente sulla provincia di Alessandria, con una parte più ampia riservata al decennio delle lotte sindacali vincenti e alla FLM, tra il 1969 e il 1977 e con la rievocazione, per ogni periodo individuato, del dibattito politico interno alla CGIL nazionale e delle dirigenze del sindacato CGIL, della FLM e poi della FIOM di Alessandria, con riferimenti, sul piano locale, al dibattito presente nelle altre Confederazioni, la CISL e la UIL.

Con pudore tutto piemontese, Penna non si sofferma che per pochi tratti sul suo personale cammino da giovanissimo partecipante a un Corso di specializzazione post-diploma organizzato dall’Alfa Romeo, a impiegato, a responsabile di produzione, a delegato di fabbrica, a dirigente della CGIL provinciale e poi regionale e da sindacalista a deputato della Repubblica, un cammino vissuto e narrato come impegno di lotta e rigorosa scelta politica ed etica e che serve all’autore per introdurre e accompagnare la storia delle lotte operaie e studentesche in Alessandria e in Italia, dal Sessantotto e dall’autunno caldo del 1969, alle riforme ottenute dalla mobilitazione della società e dalla sapienza dei dirigenti politici di quel periodo, agli attentati della strategia della tensione, agli anni drammatici del terrorismo, fino a quella Marcia dei quarantamila a Torino, che fu organizzata minuziosamente dai dirigenti Fiat e che rappresentò l’inizio del lento e inarrestabile declino dell’egemonia operaia e della sinistra in Italia. I cenni agli anni 1967-’68 e 1980-’82 consentono al lettore di comprendere i prodromi e la conclusione di quella stagione straordinaria.

La rievocazione dei fatti e delle persone si interseca con alcuni momenti di interpretazione politica – sempre equilibrata e mai polemica o faziosa -, che rivela il punto prospettico di osservazione peculiare di un dirigente socialista aperto alla collaborazione con le diverse identità presenti nel sindacato e nella FLM, alla mediazione, alla ricerca di soluzioni praticabili e alla analisi pacata degli accadimenti e delle prospettive di sviluppo che si sarebbero aperte o bloccate. In particolare è interessante e, a distanza di quattro decenni, particolarmente persuasiva la riflessione che Penna tratteggia sul contesto, sulle cause e sulle conseguenze della Marcia dei quarantamila a Torino.

Quest’opera, che abbina, come dicevamo, storia locale e storia nazionale, microstoria e storia collettiva, costituisce una indispensabile documentazione e un prezioso materiale di ricerca per chi intenda studiare quegli anni: attingendo, infatti, al proprio archivio personale, agli archivi sindacali e agli archivi dei giornali dell’epoca, nonché a una imponente bibliografia, sullo sfondo degli avvenimenti nazionali Penna rammenta con puntualità tutte le lotte operaie e studentesche in Alessandria e tutti i loro protagonisti, le contrattazioni collettive e gli accordi nelle numerose fabbriche alessandrine, i dibattiti all’interno del sindacato CGIL e le sue forme organizzative, la nascita e il funzionamento delle “150 ore”, la storia delle principali aziende del territorio della provincia e delle conquiste operaie che le contraddistinsero; e raccoglie nel volume un numero elevatissimo di volantini sindacali e di fotografie scattate durante le manifestazioni, i convegni, la vita del sindacato CGIL in quel quindicennio, cosicché quest’opera diviene anche un tributo ai tanti che militarono nel sindacato e vi dedicarono parte significativa della loro vita e del loro tempo, tanti di cui oggi va illanguidendo il ricordo e che Penna restituisce alla memoria collettiva del movimento operaio e della opinione pubblica tutta e alla nostalgia di chi visse nella CGIL quegli stessi anni e quelle stesse lotte. Non casualmente, con la sensibilità piena di pudico riserbo che queste pagine rivelano essere peculiare del loro autore, Penna conclude il suo libro con una commovente dedica, ch’egli ritiene doverosa, ai delegati e alle delegate, ai lavoratori e alle lavoratrici delle fabbriche argentiere di Alessandria con i quali ha condiviso l’esperienza sindacale degli anni per lui “migliori, più intensi” trascorsi nel Consiglio di fabbrica della “Ricci” e nella Lega di zona della FLM.

Ma certamente l’aspetto forse più importante e prezioso di questo libro è costituito dal lascito di una storia di lotte e di idee che richiamano la migliore storia socialista e che si offrono ai lettori, richiamando d’improvviso in essi la consapevolezza della persistente esistenza di una classe operaia che la narrazione oggi imperante vorrebbe scomparsa e l’evidenza di quanto sia cogente una nuova lotta, che postuli ancora e ancora i diritti del lavoro, con la coerenza e la fermezza e il coraggio che contraddistinsero quel movimento operaio e quella sinistra politica e sindacale. Si tratta di un lascito non memoriale, non celebrativo, non monumentale, non pietrificato nella nostalgia o nella vuota commemorazione del passato, bensì vivo, attivo e che spinge all’azione politica volta ostinatamente verso la giustizia sociale e una società più eguale e più umana.

Penna, Renzo, “IL LAVORO COME VALORE – Quando c’era la F.L.M. Gli anni delle lotte sociali, della tensione, dei diritti e dell’unità (1968-1980)”. Alessandria, Falsopiano ed., 2022, pagg. 659, euro 20

di Patrizia Nosengo

Alessandria, 24 giugno 2022

  1. D. Bidussa, Scrivere di storia. Su Claudio Pavone, gli uomini e la storia, in C. Pavone, Gli uomini e la storia. Partecipazione e disinteresse nella storia d’Italia, Bollati Boringhieri, Torino, 2020, pag. 9

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