Incontriamo Franco Armosino al termine di uno dei consueti appuntamenti della Redazione di “CittaFutura”. Oltre che essere ospitati in Camera del Lavoro abbiamo spesso la fortuna di averlo in Redazione con noi. Motivo per cui viene oltremodo facile avere uno scambio di opinioni con lui su un tema delicatissimo. Riguarda la resilienza vera, quello che – fattivamente – sarà possibile fare nei prossimi mesi per metterci in linea con le direttive europee e soprattutto con quanto stabilito nelle varie COP dopo quella del 2015 (COP 21 di Parigi) che ha costituito un vero spartiacque fra un “prima” parolaio e sognatore e un “poi/adesso” con segnali d’allarme climatico/ambientali sempre più stringenti.
L’innesco della discussione parte dalle riflessioni di Del Corno sul “Fatto quotidiano” di qualche giorno fa … e da lì partiamo.
(1) Il percorso all’Eurocamera sui provvedimenti relativi alle emissioni procede a strappi: da una parte è stato approvato il blocco alle vendite delle vetture, ma dall’altra è stata respinta la riforma del mercato . Lite tra Socialisti e Popolari con la destra Ue che esulta. Europa Verde attacca: “L’intero green deal è sotto attacco dalle lobby” (2). Via libera anche all’emendamento bipartisan “salva Motor valley”
Sulla transizione ecologica il Parlamento europeo va avanti a strappi, per non dire a singhiozzi. Di sicuro il cammino non è lineare: mentre la “maggioranza Ursula” – cioè le larghissime intese che sostengono la commissione Ue – ne paga qualche conseguenza politica, a farne le spese è in particolare il piano di abbattimento delle emissioni approntato dal “governo” europeo.
E’ il cosiddetto pacchetto Fit for 55, che dovrebbe ridurre del 55% rispetto ai valori del 1990 le emissioni di gas serra entro il 2030: la prima tappa del più articolato percorso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
La spaccatura di Ursula –
Ma se da una parte l’assemblea plenaria dell’Eurocamera approva la proposta sullo stop alle vendite di auto nuove a benzina e diesel nel 2035, dall’altra parte ha bocciato il rapporto sulla riforma del mercato Ue Ets firmato da Peter Liese (Ppe, Germania).
Gli Ets (Emission trading scheme) sono diritti di emissioni che possono essere scambiati sul mercato: un’impresa particolarmente virtuosa può ad esempio vendere parte delle sue quote ad un’azienda che non lo è. Il rapporto tornerà a questo punto alla commissione Ambiente (come minimo a settembre). Oltre che nel merito questo secondo voto ha lasciato strascichi anche politici con la spaccatura tra Socialisti e Democratici da una parte e Popolari dall’altra, accuse incrociate e destra dell’Europarlamento esultante. La bocciatura è arrivata dopo che i deputati avevano approvato una serie di emendamenti promossi dal Partito popolare europeo e dai suoi alleati che avrebbero comportato riduzioni delle emissioni più deboli di quanto proposto dalla commissione per l’ambiente il mese scorso. La presidente del gruppo Socialisti & Democratici ha quindi chiesto tre minuti di interruzione per consultazioni. Dopo di che il piano è stato respinto in toto. “Mi dispiace che la plenaria non sia stata in grado di concordare una posizione su Ets oggi. Ets non è solo un fulcro delle nostre ambizioni sulla decarbonizzazione, ma è anche fondamentale per il rifinanziamento di Next Generation Eu.
Spero che le differenze possano presto essere colmate per consentire progressi su questo importante fascicolo”, ha scritto su twitter il commissario europeo. Stop al voto in attesa di un accordo – Un riesame della proposta a Strasburgo potrebbe arrivare non prima di settembre. Diversi gruppi di attivisti hanno segnalato forti pressioni lobbistiche dell’industria fossile sui parlamentari europei avvenute nelle ultime settimane. Il Parlamento ha per ora sospeso il voto finale sul fondo sociale per il clima e rinviato in commissione Ambiente il rapporto sulla “carbon tax alle frontiere“. Vista la bocciatura in Aula della riforma dell’Ets, la maggioranza ha deciso di rimandare altri due voti previsti per oggi sul pacchetto Fit for 55, quello sul fondo sociale per il clima e anche il voto finale sul Carbon Border Adjustment Mechanism, il ‘dazio climatico’. Entrambi sono stati rinviati in attesa che si raggiunga un accordo sulla riforma dell’Ets.
…via libera anche all’emendamento bipartisan .
- Dom. – Del Corno va a nozze con le conraddizioni interne alla “maggioranza Ursula” aggravate da crisi pandemica, guerra e fibrillazioni interne agli Stati UE. Cosa sta succedendo Segretario Armosino?
Risp. – Sta succedendo che l’argomento del non poter più vendere automobili con motori diesel o a benzina nel 2035 sta scatenando di tutto… E questo nervosismo è veramente a 360 gradi. E’ legittimo farsi qualche domanda su quanto succede, perché una tale decisione andrà a provocare reazioni di tutto il mondo dell’ “automotive” europeo. Non solo, le reazioni verranno (e si stanno già registrando) dal mondo del petrolio e di tutti quelli che non hanno tanta voglia di decarbonizzare il pianeta. Dall’altra parte anche chi sarebbe d’accordo per questo tipo di nuovo approccio green, con riduzione delle emissioni, con diminuzioni di utilizzo delle fonti fossili, mantiene qualche perplessità sull’insieme dell’operazione.
- Dom. – Tutte queste remore vengono da quelle che sono ancora oggi definite le “lobbies legate all’energia fossile”…Ma sono ancora così forti queste realtà economiche?
Risp. – Sì. Assolutamente.
Dom. – Fra queste anche la nostra ENI ?
Risp. – Certo. D’altra parte il conservatorismo è una delle caratteristiche del sistema industriale mondiale. Ci sono sempre remore al cambiamento, specie quando vanno a toccare abitudini e organizzazioni del lavoro difficili da cambiare in poco tempo.
- Dom.- Tu sei a contatto, oltre che al mondo dei lavoratori, alle realtà industriali anche nei suoi livelli più decisionali e, pertanto, puoi verificare se esistono segnali di rinnovamento vero…di coraggio industriale che porti a nuove produzioni e a organizzazioni del lavoro in linea con con le varie COP che si sono succedute dopo Parigi 2015. Esistono questi segnali di rinnovamento?
Risp.- Beh, sì. Ci sono segnali positivi e per far capire la situazione vi faccio partecipi di una mia esperienza. Qualche giorno fa c’è stata l’assemblea annuale di Confindustria Alessandria ed ero invitato come Segretario sindacale. Lì c’erano, in questo panel di tavole rotonde coordinate dal direttore del Secolo XIX , diversi gruppi di approfondimento. In uno di questi c’erano sia Edoardo Garrone, il presidente del Gruppo ERG, che Federico Ghizzoni, il presidente della Rotschild Italia. I due hanno fatto un ragionamento assolutamente interessante, da due punti di vista diversi.
Allora…il rappresentante della Banca Rothschild, a nome del suo gruppo ma non solo, ha fatto presente di avere al momento una grande quantità di risorse economiche da investire. Detto in modo molto concreto e comprensibile: “Abbiamo tanti soldi da spendere ma anche la necessità di chiudere i rubinetti agli altri”. Quindi abbiamo oggi un cinque per cento che potrebbe beneficiare di grandi risorse da investire e un 95% che rischia di morire a breve. Dall’altra parte Garrone dice “sì…è così…noi siamo convinti che questa sia la strada…”. Anzi, arriva ad affermare che bisogna essere “veloci”, perché abbiamo a che fare con una struttura Paese troppo lenta. Per Garrone l’unico modo per renderlo più veloce è quello che ha fatto Draghi per la Pandemia. Occorre trovare una figura una figura tipo generale Figliolo che si assuma le responsabilità del caso, convochi tutti i possibili interlocutori e arrivi a conclusioni chiare.
- Dom. – Questa figura di cui parli potrebbe essere Cingolani?
Risp. – Di sicuro no. Nella mente di qualche imprenditore, tipo Garrone, si pensa a qualcuno al difuori delle dinamiche politiche parlamentari, un “nominato” che però non avrei idea di chi potrebbe essere. Lo sapranno loro…Dal “loro” punto di vista di certo si dovrebbe trattare di un “figlio del mondo dell’industria”. Da notare che Garrone ci ha detto pure un’altra cosa. Siccome tutta questa evoluzione necessita di una velocità importante, bisognerà tenere in conto anche una grande perdita di posti di lavoro…
- Dom. – Sarà un salto talmente veloce che non ci permetterà fasi di adattamento e/o intermedie…
Risp. – Nessuna “fase intermedia”, se non la predisposizione di arginature sociali, con maggiori controlli e possibili centri per la riconversione del lavoro. In modo particolare ci dovranno essere ammortizzatori sociali (predisposti dallo Stato) che possano intervenire in questi momenti di nuove crisi. L’occhio del mondo industriale, quando pensa ai prossimi vent’anni di forte riorganizzazione, va direttamente alle possibilità offerte dal PNRR Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza. Si tratta, come è noto, di più di duecento miliardi di finanziamenti, in parte a fondo perduto che dovrebbero servire “anche” per tamponare i danni provocati dalla trasformazione obbligata ma non graduale.
- Dom. – Visto questo quadro generale, cosa potrebbe fare il Sindacato?
Risp. – Vorremmo capirci di più come movimento sindacale e, sinceramente, non ci crediamo che fra 13 anni saremo in grado di ottemperare alle richieste in oggetto. Teniamo conto che abbiamo nel solo Piemonte circa 40.000 persone che si occupano di “automotive” specie per la parte componentistica e, in tutta Italia, circa 70.000. Tra l’altro la stragrande maggioranza di questi addetti non è coinvolta nei settori “in innovazione”, tanto meno nella filiera dell’ “elettrico”. Una condizione di arretratezza e debolezza che verrà pagata carissima al 2035. Non c’è il tempo materiale per le riconversioni e non conosciamo nemmeno con precisione quali siano i materiali e le tecnologie di cui nel prossimo futuro ci sarà più richiesta. Anche il cittadino che dovrà acquistare una nuova automobile ci dovrà pensare due volte prima di procedere all’acquisto. Tenendo conto pure dei prezzi ancora molto alti delle auto elettriche e della scarsezza dei servizi in rete.
A parer mio, ma non sono solo io a pensarla così in questa fase, il Sindacato dovrebbe essere sfidante. “Come facciamo ad arrivare all’appuntamento del 2035 con le carte in regola per rinascita e resilienza?”. Questa domanda diventa ancora più importante e, purtroppo, senza risposte , se andiamo a ragionare su nuove materie prime e tempi di trasformazione delle aziende. A questo, però, il mondo politico/economico e quello industriale cerca di dare peso, rimandando le scelte importanti. Si tratta, in realtà, di un confronto zoppo…. Abbiamo i Francesi e i Tedeschi che hanno una buona industria dell’auto e che sono molto più avanti di noi nella progettazione di mezzi con carburanti “resilienti”. Partiamo pertanto con un handicap spaventoso. Inoltre, un altro problema che ci si pone innanzi subito è quello dei mezzi pesanti…Come ci vogliamo rapportare con questi?.
- Dom. – Una preoccupazione rinforzata da alcuni segnali, per esempio dall’aumento della presenza di TIR sulle strade e dai tempi di ammortizzazione dei mezzi, solitamente molto lunghi.
Risp. – Infatti si tratta di un ulteriore elemento di preoccupazione. Specie in pianura padana, naturale area di transito di merci per e dal Mediterraneo. E il ragionamento vale sia per la trazione elettrica, in ritardo qui da noi come rete e supporto tecnologico, ancor più per la componente “idrogeno”.
- Dom. – Bene…anzi, ripensando al futuro che ci aspetta “meno bene”. Comunque, toccando l’argomento “idrogeno per autotrazione” proviamo a ragionare sulle opportunità della nostra provincia. Di “celle ad idrogeno” per esempio se ne è parlato rispetto alla Solvay di Spinetta Marengo…
Risp. – Vero. La Solvay di Spinetta (e tutto l’indotto collegato) è abbastanza avanti nel campo dell’idrogeno e, per alcuni aspetti anche dell’ “elettrico”, anche se in compagnia di altri. Sull’ “idrogeno”, sulla possibilità di arrivare a motori e componenti di quella particolare filiera, invece gli impianti di Spinetta M.go hanno di fatto una forma di monopolio. Si tratta di una particolare tipologia di lavorazione che riguarda non il motore in se’ ma le batterie. E sembra anche che gli studi e le applicazioni conseguenti siano ad un buon punto. Comunque stiamo discutendo di una tecnologia che non è pronta. Magari lo fosse… ma non è così. Invece il 2035 è “domani”, industrialmente parlando, e questo fatto preoccupa molto il mondo sindacale. Inoltre c’è un altro argomento di cui tenere conto: noi facciamo ragionamenti sul “termine dell’uso degli idrocarburi” ma, essendo una disposizione che avrà vigore in ambito UE e difficilmente oltre, come la mettiamo con i camion che arrivano dall’Iran, dalla Turchia, dalla Bulgaria ecc. ? Molto probabilmente il termine del 2035 non varrà per loro…Con quali effetti? Avremo distributori destinati solo a loro consumo, affiancati alle prese ufficiali elettriche, secondo stime, dovrebbero andare a rivoluzionare tutto il sistema di approvvigionamento nazionale e internazionale? Tutte questioni da approfondire e da confrontare, con numeri e previsioni reali, con i portatori di interessi con idee chiare. Con quali passi progressivi verso il tutto elettrico, con quale nuova rete di distribuzione? Con quali costi aggiuntivi? . Tutto questo con il co0ncomitante rivoluzionamento di tutta la rete globale dei distributori, sia autostradali sia sulle strade statali, provinciali ecc. Anche questo solo sulla carta…
- Dom. – Ritorniamo sul territorio provinciale. Quali sono le tue impressioni rispetto a questi “cambiamenti epocali”?
Risp. – Purtroppo vedo la nostra provincia poco protagonista e sostanzialmente a ruota di un cambiamento che, evidentemente, si attende da realtà esterne. Poco protagonista nel preservare se stessa sviluppando la logistica ferroviaria, da considerare non solo come opportunità di lavoro specifico ma anche come disponibilità ad intervenire nelle fasi di organizzazione e assemblaggio dei prodotti a fine destinazione o in transito. Dobbiamo riuscire a concretizzare ciò di cui si parla da tempo: essere veramente il retroporto attivo e operativo dei due grandi porti liguri di Genova e di Vado-Savona. Riprendendo in considerazione quello che era un triangolo naturale con vertici a -Alessandria smistamento, – Novi San Bovo / zona Tortona uscita Terzo Valico e – Acqui/San Giuseppe di Cairo, presentando al mondo una piattaforma logistica di prim’ordine in grado di portare merci a Rotterdam e ovunque, via ferrovia. Questa dovrebbe essere una delle grandi opportunità per una crescita compatibile e resiliente dell’intera provincia, senza andare ad intasare di nuovi TIR le autostrade con conseguenti emergenze ambientali , tanto da considerare l’insieme della Pianura Padana una vera e propria camera a gas. Una rete stradale e autostradale, è bene ricordarlo, non all’altezza di una massa di merci in movimento di tale entità. Una trasformazione che non potrà avvenire in poco tempo, mentre invece tramite la rotaia ci si presentano molte più opportunità…Per tutti questi ragionamenti operare correttamente nel comparto ferroviario per noi è vitale.
- Dom. – Provincia di Alessandria con una importante tradizione nel settore chimico: Spinetta M.go, il bacino dello Scrivia, Casale M.to, Felizzano / Quattordio, ecc. Si può dire che tutto il comparto deve essere rivisto, rinnovato e rivitalizzato?
Risp. – Di fatto è una chimica un po’ superata, che produce cose “vecchie” che verranno dismesse a breve, a meno che ci sia una rigenerazione del settore. Ad esempio la “chimica delle vernici auto” non potrà più essere quella tradizionale delle scocche in metallo perché le carrozzerie del comparto elettrico sono differenti da quelle in lamierino delle attuali auto. Dovranno cambiare …e anche in breve tempo. Ci sarà anche una evoluzione nel campo delle stesse materie definite “plastiche” con caratteristiche nuove che, sulla scorta delle esperienze passate, vedranno i nostri centri di produzione provinciali pronti al cambiamento ma, purtroppo, sempre un pochino a traino di altre realtà più innovative.
E’ giusto tenere presente, però, che dovranno accadere due fatti importanti. Il primo, fondamentale, è la reindustrializzazione dell’intero territorio provinciale mantenendo però le strutture esistenti abbandonate, che sono una quantità incredibile. Quindi tutta la parte del Casalese che è abbandonata e che potrebbe avere un grande ruolo, per esempio nella cosiddetta “catena del freddo”, potrebbe essere riorganizzata in vista di uno stretto collegamento con Vado Ligure dove arrivano in quantità le “merci deperibili”. Soprattutto fiori e frutta dal continente africano. Sempre, però, nell’ottica di rivalutare ciò che già si ha a disposizione. Pertanto…non costruire nuovi capannoni ma riadattare quelli esistenti, spesso fatiscenti. Una opportunità vera che abbiamo a disposizione e che dovremmo sfruttare al meglio perché, vi assicuro, le merci deperibili a Vado ci sono davvero. In secondo luogo, se da un lato è pur vero che “Solvay” di Spinetta M.go è la punta avanzata della chimica del sud Piemonte, con caratteristiche di forte proiezione verso il futuro, non è ammissibile che continui ad avere questa immagine negativa di azienda che presenta lati oscuri in tema di tutela della salute dei propri dipendenti e degli abitanti circostanti. Su questo punto, e soprattutto sui “perfluorati” non si può continuare a tenere girata la testa dall’altra parte. Una questione che deve trovare una soluzione seria a più livelli: a partire dal Governo nazionale che non può pensare di continuare a non stabilire vincoli/ soglie precise di inquinamento, giù giù fino al sistema dei rilevamenti e controlli, per finire con l’azienda che dovrà rispettare tali vincoli senza infingimenti.
- Dom. – Di fatto si attua un gioco delle parti per non portare a soluzione nulla…
Risp. – Assolutamente sì, con un responsabile maggiore (il livello governativo) che non si sente in dovere di porsi/porre limiti di soglia. “Non vedo perché mi dovrei autolimitare…” sembra quasi comunicare a chi, e sono molti, chiedono al massimo livello decisionale nazionale di uscire allo scoperto. In presenza anche di una forte difformità nelle legislazioni dei vari Paesi, con situazioni paradossali. Anche con autorizzazioni valide a parità di lavorazioni in certi Paesi e in altri no. E’ per esempio il caso degli Stati Uniti dove vi è una rapida definizione, estremamente precisa, di ciò che è cancerogeno (anche se poi non viene ritirato) , mentre invece in Europa quasi sempre ciò non accade. Con il risultato che si possono anche aspettare trent’anni prima di avere la definizione ufficiale della cancerogenicità di un prodotto.
- Dom. – c’è qualche Nazione in Europa che è un po’ più sensibile e “pressa” maggiormente i colossi della chimica?
Risp. – Sì. Qualcuno è più sensibile, qualcuno ha elementi di prudenza maggiore, qualcuno fa studi avanzati (ancora una volta viene citata la Germania, n.d.r.). I Paesi Scandivani hanno particolari attenzioni per certe famiglie di materie plastiche, fra queste gli “ftalati”, solo che tutto rimane bloccato ai confini. Non vengono assunte queste situazioni virtuose, se non con difficili ricerche, né dal punto di vista della documentazione né – tanto meno – da quello dell’effettivo intervento migliorativo in azienda. Per finire, ancora un esempio assolutamente attuale: è successo che allo stabilimento di Quattordio della PPG siano arrivati prodotti definiti “cancerogeni” negli States (loro luogo di produzione) e siano stati trattati con le dovute cautele, mentre lo stesso prodotto, se proveniente da Stato con altra legislazione – più tollerante – può essere messo in lavorazione senza problemi, giustificandone l’utilizzo con la mancanza di divieti in origine. Incredibile…ma è successo. C’è da fare tanta strada…davvero.
….
.1. “Il fatto quotidiano”. Mauro del Corno. https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/08/ok-delleuroparlamento-stop-a-vendite-di-auto-a-benzina-e-diesel-dal-2035-ma-boccia-la-riforma-del-mercato-sulle-emissioni-di-co2/6619715/
.2. (da un TW di Eleonora Evi, parlamentare europeo Europa Verde del 16 giugno 2022: “ #Cingolani difende apertamente gli emendamenti di Forza Italia e dei popolari che miravano a lasciare in vita il motore a scoppio e contestualmente il governo italiano manda agli europarlamentari le indicazioni su come votare addirittura sui singoli emendamenti. @EleonoraEvi”
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