Chiaramente non mi riferisco alla defunta regina Elisabetta II, ma al complesso rock che mi ha accompagnato durante trenta anni della mia vita, e, soprattutto, il formidabile Freddie Mercury, un grandissimo animale di spettacolo e di musica. Indimenticabile.
Se devo proprio parlare della dinastia inglese, preferisco ricordare la regina Elisabetta I, che, in un certo senso, è stata colei che ha creato, anche se in modo non ufficiale, le basi del futuro, grande, Impero britannico.
Certamente non si può dire lo stesso di Elisabetta II, che ha visto, durante i settanta anni del suo regno, il tramonto dello stesso Impero.
E poi, senza voler essere cattivo, rammento che questa dinastia Windsor è in realtà, come dice la storia, una dinastia tedesca, quella degli Hannover-Coburgo, quindi anche in questo caso un abile gioco di carte che si è realizzato durante la Prima Guerra Mondiale, quando non era ideologicamente possibile combattere contro fratelli di sangue, gli Hohenzollern.
Ho sempre sorriso del fatto che il viceRe d’India, Lord Mountbatten, si chiamasse, in realtà, Battenberg…
Alla faccia del nazionalismo e dell’isolazionismo inglese…
Secondo me, quello che dovrebbe essere ricordato nel mondo è il segno lasciato, nella seconda metà del secolo scorso, dalle grandi band rock inglesi, quelle sì destinate ad una memoria non peritura, ma eterna.
Ai Beatles dedicherei Buckingham Palace, ai Rollling Stones la reggia di Windsor, agli Who il castello di Balmoral.
Non ho aggiunto le altre band che ci hanno allietato per anni e anni durante serate noiose o stupide.
Questa è l’Inghilterra che ci piace, questa è quella che amiamo, al di fuori di riti, miti e storie di ordinaria follia.
A proposito, per essere chiari e precisi, io sono fermamente repubblicano.
Viator
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