Dio, la morte e il male: viaggio tra psiche ed eternità

Pubblichiamo con piacere la recensione all'ultimo libro di Franco Livorsi, scritta dal professor Davide D’Alessandro e comparsa su HuffPost Italia del 27/04/2023.

Franco Livorsi indaga, nel primo volume di una trilogia, sulle domande cruciali della vita. Si affida al religioso, all’ateo e allo psichico per invitarci a una riflessione profonda, a un confronto serrato e ineludibile

 

Ci sono libri di filosofia e di pensiero noiosi, eternamente noiosi, direi, e ce ne sono altri curiosi, interessanti, senza perdere alcunché della forza del concetto, del peso che le parole hanno, che debbono avere. Franco Livorsi, ordinario di “Storia delle dottrine politiche” all’Università di Milano, da qualche anno in pensione, ne dà prova con “Psiche e eternità. Alla ricerca del dio perduto”, edito da Moretti&Vitali.

È un libro sulle domande centrali e cruciali della vita: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Dio è morto, vivo o rinascente? C’è la morte, ma c’è pure un oltre la morte? E il male è qualcosa di assoluto o è superabile nella vita umana? C’è una via, o sentiero, o viottolo che possa condurci a una vita infinita, o quantomeno più o meno stabilmente felice?

Basterebbe fermarsi qui e lasciarvi alla lettura e alla scoperta. Invece, occorre aggiungere che è il primo volume di una trilogia. Seguiranno “Nietzsche dopo la follia. Romanzo dionisiaco” e “Il dio nella vita. Lo svelamento dell’Essere dopo la morte di Dio”.

Scrive Livorsi: “Dobbiamo certo seguire la scienza su ogni problema che concerna la difesa della vita e la sicurezza personale e collettiva, nella certezza che in tale ambito non ci sia niente di meglio da fare a questo mondo. Ma sui ‘problemi ultimi’ richiamati, ardui e pure imprescindibili per ogni essere umano (gli piaccia o non gli piaccia), siamo costretti tutti quanti, dal primo all’ultimo, a procedere a tentoni, inoltrandoci – non potendo certo farne a meno – su ardui sentieri. Siamo indotti a seguire quello che più ci persuada e ci appassioni, anche senza ‘evidenza’. Comunque lo facciamo pure quando amiamo, o quando ci battiamo per una giusta causa, talora sino alla morte. Anche in tali campi, almeno per la persona intelligente, non c’è evidenza. Ma la verisimiglianza ci basta e avanza, talora persino per rischiare la pelle. Accade così pure per i problemi che concernono il ‘significato e fine dell’esistenza’, come li avrebbe chiamati Karl Löwith in un suo grande saggio”.

Per ogni parte del testo, dal Dio vivo o morto? alla morte oltre la morte, fino a giungere al male oltre il male, Livorsi si affida a tre posizioni: il Religiosus, l’Atheus e lo Psychicus. Spetta al primo tracciare la strada, ribadire la forza e l’essenza della tradizione; al secondo, allarmare, sconvolgere, abbattere; al terzo tirare le somme, cercare una sintesi che tenga conto delle ragioni e delle sragioni del primo e del secondo.

Così, sia che si tratti di Dio, della morte o del male, il lettore non avrà modo di annoiarsi, anzi si sentirà sollecitato e incalzato a guardarsi dentro attraverso gli altri, a intraprendere un cammino personale di ricerca appoggiandosi su chi ha già percorso quelle strade, a cominciare da Dante il quale, a sua volta, si appoggiò a Virgilio.

I sentieri non sono scontati, c’è di che essere d’accordo e in disaccordo, c’è la possibilità di nutrirsi del qui e ora e dell’eterno che talvolta ci invade e talaltra spaventa, che talvolta accogliamo e talaltra respingiamo. C’è la consapevolezza di non poter scappare di fronte a quelle domande, di non poter rimandare un confronto serrato e ineludibile. Serve per dare senso e sostanza alla vita, alla vita che ci sfugge, alla morte che incombe, al male che è sempre qui, accanto a noi.

Livorsi ha scritto un libro per andare non solo alla ricerca del dio perduto, come recita il sottotitolo, ma per invitarci a staccare un po’ da terra, a metterci in sospeso, come la donna di Marc Chagall che in “La promenade”, impreziosisce la copertina. Stando sospesi, più o meno in equilibrio, troviamo l’ardire di guardare giù senza mai smarrire ciò che ci chiama e ci sovrasta.

di Davide D’Alessandro
HuffingtonPost  del 27/04/2023
https://www.huffingtonpost.it/

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