La maschera e il volto

Senza entrare negli abissi del teatro pirandelliano, voglio riferirmi alla differenza sostanziale fra il mondo delle maschere, cioè quello costruito ad arte, ed il mondo reale.

Si può sostenere con esattezza che i canali televisivi, siano essi statali o commerciali, possono rappresentare un momento di manipolazione, di variazione dalla verità, mentre la verità stessa è qualcosa che è difficile da raggiungere o da esprimere.

In questi giorni, dopo la morte di Berlusconi, si parla molto dell’impero mediatico da lui costruito, ed ai più accorti osservatori risulta chiarissimo come i canali televisivi da lui posseduti fossero un elemento potente di intromissione politica, nel senso che non si trattava di uno strumento neutro, ma di qualcosa diretto a difendere e diffondere le idee base del berlusconismo.

Come molti tycoon prima di lui, a partire dal celebrato Hearst di Orson Welles, anche Berlusconi ha lanciato il suo messaggio populista, volendo significare il motto: “Io sono eguale a voi, quindi tutti voi potete assurgere al mio status”, il che è una evidente menzogna, poiché sappiamo che il Capitalismo, come una sorta di divinità, opera in modalità oscure.

Berlusconi, assolutamente simpatico come un goliarda cronico, in realtà ha esercitato un potere non solamente mediatico, ma anche politico, negli ultimi trent’anni della Repubblica Italiana.

Sono stati gli anni della decadenza assoluta, quelli in cui questo paese, così lanciato drammaticamente verso il futuro nei primi decenni dopo il dopoguerra, ha trovato le sue sabbie mobili in questo intrico di terrorismo rosso e nero, tentazione dei colpi di stato, apogeo del potere mafioso ed infine Tangentopoli, con la caduta degli equilibri politici durati quasi cinquant’anni.

Da allora, da circa trent’anni ad oggi, questo gioco di maschere e volti è diventato sempre più evidente, ma soltanto ai critici più acuti, mentre il resto della popolazione acquisisce bellamente e tranquillamente le informazioni (sic) che vengono propinate dalla Rai o dalle televisioni commerciali, che non ti fanno pagare un canone, ma ti fanno pagare un prezzo molto più alto in termini di acquiescenza e servilismo.

A Roma poi, questa dislocazione fra maschera e volto raggiunge il suo apogeo, il livello massimo: assistiamo quotidianamente a cerimonie, commemorazioni e riti governativi (molto probabilmente costosissimi), in cui si vede una pupetta bionda o un canuto presidente in mezzo a centinaia, migliaia di cicisbei, la cui unica funzione è, evidentemente, quella di aumentare il debito pubblico.

Ma, in sostanza, cosa fanno questi signori? Rassicurano, rassicurano il popolino ignorante, che duemila anni fa c’è stato un Impero romano e cinquecento anni fa un Rinascimento italiano, come se ciò bastasse a sopperire le enormi buche fisiche e mentali con cui si scontra ogni giorno il cittadino, che potrebbe ben a ragione essere definito suddito.

Ci vorrebbero dei personaggi arguti, intelligenti, veritieri, come nel ‘700 un Jean Jacques Rousseau, oppure nel ‘900 il controverso ma vitale Pier Paolo Pasolini; purtroppo oggi esistono soltanto simulacri, per cui, concittadini, tenetevi le vostre maschere e guardatevi bene dal mostrare il volto.

Viator

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