Ius scholae, una legge necessaria

Tutto il mondo della Scuola ha ben presente cosa significhi un inserimento vero all’interno di un corpo classe di una alunna o di un alunno di origine straniera. Non tanto per il fatto di non essere italiano quanto piuttosto per le difficoltà che, spesso, si porta dietro. Difficoltà di comprensione ed espressione inerenti la lingua, problemi di socializzazione e interazione con il gruppo classe,  desiderio di integrazione vera non sempre possibile per una infinità di motivi. Non ultima la ostilità di parte dei compagni (parliamo soprattutto dell’ultima fase delle Scuole primarie (già Elementari) fino al secondo/terzo anno delle Superiori) oltre che alla inerzia tipica della Scuola italiana nel suo complesso. Una fase delicatissima che coincide con l’adolescenza e quindi con uno dei momenti più complessi della vita di una donna o di un uomo. Inutile ingannarsi l’ “inclusione” , come ben argomentato qui sotto da Gianna Fracassi, è difficile e non sempre agevole per cui, è vero, a volte si assiste a forzature di comodo, tollerate a livello di dirigenza scolastica, con la formazione di classi ghetto o, semplicemente, l’emarginazione dei “casi” più complessi, proprio quelli che necessiterebbero più attenzioni. Quando invece ci vorrebbe altro….

Una “inclusione” difficile

E queste “attenzioni” possono essere solo e soltanto il frutto di una maggiore presenza dell’istituzione scolastica, con un maggior numero di insegnanti (anche “a sostegno” più che di sostegno), con più spazi a disposizione e, possibilmente, con la creazione di percorsi di studio e recupero ad hoc per chi ne ha bisogno. La mortalità scolastica maggiore, quella che tocca il suo apice a fine seconda classe delle Superiori, riguarda soprattutto chi proviene da famiglie straniere e si trova in condizioni di handicap culturale se non adeguatamente seguito. Le “spallucce” di chi afferma “è sempre stato così e sempre sarà” sono esattamente il contrario di quello che si vorrebbe con una “inclusione matura” nel quadro di una Scuola Statale per tutte e per tutti, non solo a parole. L’aumento documentato dall’ISTAT a partire dal 2014 , incrementatosi durante e dopo l’epidemia di Covid, del ricorso a scuole private, spesso dal costo proibitivo per le famiglie (un aumento percentuale a livello nazionale del 13,3 per cento), conferma questa tendenza a cercare strade alternative , praticamente “scorciatoie”, alla via maestra, quella del sostegno serio ad una inclusione di qualità all’interno del Sistema Scuola Statale. Ma ci vogliono mezzi, personale, idee, strumenti moderni non chiacchiere e, in questo come in altri settori, il Governo Meloni continua un trend confuso e autolesionista, iniziato con i primi Governi  Berlusconi. Ottima, pertanto, la presa di posizione della CGIL nazionale che qui rilanciamo integralmente in quanto ci ricorda le competenze dei vari “Ius” in ballo ormai da troppo tempo. E che, guarda caso, non trovano soluzione concreta negli iter parlamentari previsti, anzi sono fra i primi a perdersi nei meandri dei lavori di Commissione, dei distinguo pelosi e degli emendamenti strumentali.

Cosa propone la Confederazione Generale del Lavoro tramite la FLC

La Flc Cgil chiede l’intervento legislativo del Parlamento: “Sarebbe di grande valore civile e sociale”. Quasi un milione i bambini interessati (1)

Nel dibattito intorno al diritto di cittadinanza ripartito in questi giorni, arriva la posizione della Flc Cgil. “Noi pensiamo che chi nasce in Italia è italiano e chi cresce in Italia è italiano. Lo ius scholae è molto meno dello ius soli, ma sarebbe importante, un passo in avanti. Stiamo parlando di quasi un milione di bambini e bambine ragazzi e ragazze con background migratorio che frequentano le nostra scuole”. A dirlo all’Ansa è Gianna Fracassi, segretaria generale della Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil. “È una tremenda ingiustizia e fonte di disagio – spiega – la condizione di questi studenti che sono divisi da barriere invisibili rispetto ai loro compagni di scuola. Sarebbe di grande valore civile e sociale un intervento del parlamento in questa direzione”. Per Fracassi, “la scuola è il primo luogo di integrazione ed è il luogo dove si costruisce la cittadinanza attiva e consapevole: per questo come lavoratori e lavoratrici della conoscenza non possiamo che sostenere gli avanzamenti in questa direzione. Spiace che su un tema così importante si ripropongano eloquenti silenzi o le solite bandiere ideologiche retrograde dal tetto agli alunni con background migratorio alle classi differenziali: tutto il contrario dell’inclusività che caratterizza la scuola italiana”.

Cittadinanza arenata

Le proposte di legge in materia di cittadinanza non sono mai mancate, ma nessun governo ha mai avuto la forza politica di farne approvare nemmeno una in via definitiva. Vediamo quali sono le proposte sul campo e le diverse strade possibili per ottenere, oggi, la cittadinanza.

Ius soli: la cittadinanza è acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello Stato nel quale si risiede. Una proposta di legge è arenata in Parlamento dal 2013 e introdurrebbe uno ius solis temperato, almeno uno dei genitori deve essere titolare del diritto di soggiorno permanente;

Ius sanguinis: la cittadinanza è acquisita per discendenza o filiazione, se i genitori immigrati hanno la cittadinanza anche i figli sono cittadini italiani (legge 91 del 1992);

Ius scholae: si acquisisce la cittadinanza al compimento di un ciclo di studi. Anche in questo caso il tema è oggetto di una riforma della legge sulla cittadinanza del 2018 che è ferma in Parlamento dal 2022 e che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici;

Ius culturae: i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il dodicesimo anno di età, possono ottenere la cittadinanza dopo avere “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”: un’altra proposta di legge approvata dalla camera nel 2015 e che ha avuto lo stop in Senato nel 2017. (2)

L’esperienza ci suggerisce ben altro…

Non sappiamo (e non abbiamo mai  saputo), se i vari provvedimenti ministeriali, a partire dalle storiche riforme scolastiche di questi  ultimi vent’anni, siano elaborati/pensati in presenza di almeno qualche insegnante per i diversi ordini e gradi scolastici e non solo da politici di professione o da burocrati tuttofare. Speriamo ardentemente che ci sia una loro (nostra) presenza fattiva e di peso perché le questioni riguardanti il futuro di Scuola e Cultura in Italia sono, è giusto ricordarlo, di interesse strategico. Non sembra, però, che ci sia questa “mano positiva e consapevole” in quanto tutte (o quasi) le  iniziative di questo Governo (e, in parte, anche di passati Governi non ufficialmente di “Destra”)  paiono ispirate da un unico criterio di fondo: limitare le spese e tirare a campare. Ed è un peccato grave, questo. Perché, anche nelle condizioni attuali  di non particolare attenzione e sensibilità alle necessità di questa fetta importante di popolazione scolastica (i “non direttamente italiani” sono secondo l’ISTAT, con dati 2023, ben il 16 per cento della popolazione scolastica della fascia dell’obbligo, con punte del 34  in alcune zone periferiche di grandi città, (3 ) e i loro risultati sono spesso da buoni a eccellenti. Innumerevoli sono i “100” di fine Scuole Superiori di alunne ed alunni con padre e madre non italiani, spesso con la sola cittadinanza di origine, con performances – a volte – superiori a quelle dei loro compagni/compagne “italiani al 100 per 100”. Una forza intellettuale importante che potrebbe diventare una risorsa  per le scelte lavorative possibili di queste persone e che, invece, vediamo a volte abbandonare l’Italia proprio a inizio percorso universitario, specie se con votazioni brillanti. L’Italia, semplicemente, “sta stretta” a queste giovani persone e, con molta facilità, trovano nelle realtà francesi, tedesche, inglesi, spagnole (e oltre) quello che non riescono a intravvedere qui da noi.  Una perdita grave che va a sommarsi con quelle che sono le tendenze di questi due ultimi anni post Covid: per chi viene da fuori Europa, per chi deve valutare se fermarsi in Italia o procedere oltre sta prevalendo sempre più la seconda scelta… quella penalizzante per il nostro Paese, sempre più chiuso, provinciale e irrimediabilmente anziano.

Ne vogliamo parlare seriamente…anche nelle Commissioni nazionali e regionali preposte a queste scelte? Oppure continueremo ad ingannarci e ad ingannare gli italiani?

.1. IUS SOLIIUS SCHOLAESCUOLAINTEGRAZIONE

.2. https://www.collettiva.it/copertine/italia/ius-scholae-una-legge-necessaria-mscrgs3c?fbclid=IwY2xjawEy8KRleHRuA2FlbQIxMQABHSoQXduu5tgAP6b66xPZYNDWkEvYoTyZm4Jr29soG5xf7s_6rW3uUjC1YQ_aem_rKnvP4g4H7Q1fOmqAAdA2w&sfnsn=scwspwa

.3. https://www.istat.it/it/files/2023/10/Report-livelli-di-istruzione-e-ritorni-occupazionali.pdf   

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