L’anti ’68

Aveva perfettamente ragione Mario Capanna a definire formidabili quegli anni.

Quel triennio ‘68,’69,’70 è stato veramente un raggio di luce dopo i bui anni della conservazione democristiana.

Certo, in quel periodo ci fu il boom economico e il decollo dell’Italia, ma molte cose erano rimaste come prima, come durante il ventennio fascista.

Basta pensare al rapporto studenti-baroni: il professore appariva il primo giorno dell’anno accademico e poi scompariva fino all’ultimo, lasciando il lavoro agli assistenti.

Ma fu nel novembre del ‘68 che, per la prima volta, io vidi uno studente secco e allampanato alzarsi in piedi, rivolgersi al professore e comunicargli che tutti ci saremmo rivisti il giorno dopo e così via per almeno sei mesi.

La rabbia del professore, noto per le sue spedizioni assenteiste, fu evidente, ma non poté nulla contro gli studenti che levatisi in piedi applaudirono il loro rappresentante.

E così, di protesta in protesta, di voce in voce, nacque quel ‘68 bello ed indefinibile, forte come una corrente di vento che porta aria nuova nelle fatiscenti università, e così anch’io, dalla mia piccola università, passai a Padova e Bologna, per finire a Milano, in quel coacervo di riunioni ed assemblee che volevano, in fondo, una sola cosa: ”l’immaginazione al potere”.

Molti studenti erano di Sinistra, pochi di Destra, ma quello che spirava era un vento di cambiamento, di scossa tellurica della società ingrigita.

Certo, ora sappiamo che poi ci furono gli anni di piombo, quelli del terrorismo, ma in quel triennio si aprì un vaso di Pandora che doveva rimescolare tutte le carte e che molti definirono “la seconda Resistenza”.

Dopo cinquant’anni, ci guardiamo attorno e cosa vediamo?

Un governo di Destra, figlio e nipote ideale di quel fascismo stracciato nel 1945, votato da un popolo senza memoria, dedito alla presenza dell’effimero, del momentaneo, senza capacità di riflessione.

E allora giù, specialmente a Roma, schieramenti di poliziotti, di carabinieri, di finanzieri, tutti ricoperti di medaglie, come i vecchi funzionari sovietici e tutti desiderosi di parlare di ordine e disciplina, come se un mondo carcerario dovesse essere sempre più vicino.

Ma chi sono i nemici? Gli immigrati, i derelitti, i poveri di corpo e di spirito, mentre si annuncia oscura la nube dell’anti-semitismo.

Dov’è l’apertura mentale, la potenza dell’azione del ‘68, l’andare verso un futuro magari incerto, ma fantasioso e forse luminoso?

Niente di tutto questo oggi, una cappa grigia di informazioni e formazioni, che parla soltanto di un futuro incerto per i più giovani.

Senza lavoro, senza soldi, senza pensioni, immaginati come pedine senza cervello in un mondo che non potranno comprendere.

Le prospettive del 1968 e del 2024, come vedete, sono molto diverse, quasi antitetiche, come lo sono la parola libertà, anche di sbagliare, e la parola schiavitù, ormai in atto.

Non basta che la Costituzione diffonda delle parole belle e radiose, bisogna che esse siano applicate nella vita di ogni giorno, ma così non è, e sembra che ciò che appariva 50 anni fa l’arrivo di un vascello su un’isola ricca e felice, si rivela oggi soltanto un miraggio.

Viator

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