Odio tutto ciò che è banale.
È sempre stato così, sin da quando ero ragazzo, studente al liceo e poi all’università.
Se una lezione prendeva il corso della banalità, dapprima mi annoiavo, e poi facevo in modo di squagliarmela.
Per me è un dato di fatto.
Ed ora vorrei fare tre esempi di avvenimenti attuali che mi danno questa sensazione di vuoto, di inutilità.
La mania tutta italica di costruire miti nello sport, come il tifo nel calcio, o la mitizzazione di un Jannik Sinner nel tennis odierno e in generale il trasferire emozioni ed entusiasmi su un soggetto esterno, visto che si è poco soddisfatti di se stessi.
È una operazione che mi è sempre sembrata molto banale, poiché ognuno dovrebbe trarre il massimo da se stesso: solo poche, pochissime imprese eccezionali hanno il diritto di estrarre il nostro entusiasmo, ad esempio salire il monte Everest senza respiratore, oppure scendere negli abissi marini per una finalità precisa, ad esempio recuperare il Titanic.
Ma anche queste sono notazioni puramente personali, non universali.
In generale, nello sport, ci sono esaltazioni collettive, con tanto di bandiere e fanfare, per persone che si sono confrontate individualmente, personalmente nel loro sport.
Non hanno bisogno di esaltazioni collettive sulle loro spalle.
In politica, nel nostro paese, le due ragazze del giorno, la Meloni e la Schlein, si danno ad affermazioni del tutto banali ogni giorno.
La prima con declamazioni proto-ciceroniane di dubbio livello, la seconda con una sfilza di slogan da fotocopiatrice.
A parte il discorso di presunte quote rosa, che sono alla moda, contro l’unico trio di Verità composto da “titolo, merito, competenze”, anche qui assistiamo giornalmente ad una ebollizione di dichiarazioni che sono diffuse soltanto perché le due ragazze hanno raggiunto, meritatamente o no, posizioni di potere.
Ma è forse questa la Politica di cui parlavano Platone ed Aristotele, quando alludevano ad una città perfetta?
Mah…
Ma, come ex chierichetto e come ex seminarista, devo dire che le banalità che più mi feriscono provengono dalle labbra dell’attuale Papa.
Mentre il Cristianesimo è sotto attacco in tutte le parti del mondo, e le chiese esplodono sotto i colpi dei terroristi dal nord al sud, l’attuale Vescovo di Roma si concede simpatiche visite pastorali in tutto il mondo, auspicando una pace che tutti, cristiani e non cristiani, si augurano per il loro benessere, mentre egli recita un mea culpa per gli atti di pedofilia all’interno della chiesa, cosa che sarebbe dovuta avvenire almeno cinquanta anni fa.
Non voglio fare il laudator temporis acti, ma la mia veneranda età mi permette di ricordare con affetto le potenti parole messianiche di Papa Wojtyla, o la sapiente parola biblica di Ratzinger.
La parola, signori, conta, specialmente in un contesto religioso: non è qualcosa che si può togliere o aggiungere a caso, ma ha una sua valenza fondamentale.
Per gli amanti del cinema, ricordiamo la mirabile scena di “Ordet” di Dreyer, in cui la parola addirittura ridà la vita.
Il banale, sicuramente, è uno dei nemici della nostra epoca, qualcosa da cui bisogna guardarsi quotidianamente, come da un morso del cobra.
Viator
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