Dopo l’assassinio dei coniugi Rosenberg, la Guerra Fredda procede a suon di spie e l’arresto di Abel è riprodotto magistralmente (una spia russa che cerca di avere informazioni su basi atomiche ed installazioni militari).
E’ ben colta anche la reazione del pubblico americano, che vorrebbe a tutti i costi giustiziare Abel: per fortuna, l’avvocato Donovan (Tom Hanks) vuole che il giudizio corrisponda alle caratteristiche di garanzia del sistema giudiziario americano, solo contro tutti.
Abel si salva, pur rimanendo in prigione condannato a una lunga pena detentiva.
Questo è un fatto storico, come storico è quello relativo all’U2 di Francis Gary Powers, il pilota abbattuto da un missile sovietico nel 1960.
A questo punto diventa possibile lo scambio fra la spia Abel e Powers, pilota di un aereo spia, e nuovamente interviene l’avvocato Donovan quale intermediario fra le due parti.
Vista la difficoltà delle possibili discussioni fra Stati Uniti ed Unione Sovietica, bisogna che il dialogo abbia luogo a Berlino, dove entrambe le superpotenze hanno interessi da ostentare.
Gli Stati Uniti hanno già supportato il famoso ponte aereo del 1948 e sostengono fortemente la Berlino Occidentale.
L’Unione Sovietica ha supportato la D.D.R., la cui capitale è appunto a Berlino (Pankow).
Il punto di vista degli operatori americani è piuttosto macchiettistico e rispecchia i cliché che il cinema ha infiorettato su FBI e CIA negli ultimi 20-30 anni, quasi una parodia della Guerra Fredda.
C’è poi il punto di vista russo di quegli anni, ben rappresentato dal gigionismo di Kruscev fuori e dentro le Nazioni Unite: cioè difendere i loro interessi come noi immaginiamo lo farebbero dei comunisti post-stalinisti.
La nota più interessante è il punto di vista della D.D.R., che vuole a tutti i costi giustificare la sua esistenza e la sua autonomia da Mosca.
Schiacciati dai giochi delle due superpotenze, i Tedeschi della D.D.R. vogliono avere un ruolo effettivo su questo dissidio, che si gioca sul loro territorio, ma è proprio qui, a Berlino Est, la parte più debole del film, e perfino un regista abile come Spielberg gioca male le sue carte con degli interventi macchiettistici.
Il punto di vista di Donovan è quello sano, quello cioè che rappresenta l’America onesta dei film del vecchio Frank Capra, in cui il volto affilato di James Stewart rappresenta l’americano con gli ideali che avevano reso a suo tempo integra l’America degli individui contro il potere delle classi politiche corrotte.
Donovan rappresenta l’America come dovrebbe (e potrebbe) essere, cioè quella che, Bibbia alla mano, difende gli interessi morali delle classi meno abbienti e, forse, più integre.
Ci sono tutti gli elementi del dramma, ed anche i relativi personaggi,ma qui casca il palco.
Mentre Donovan mantiene il suo atteggiamento di alfiere della Costituzione Americana, e Abel mantiene le caratteristiche della classica spia che non parla e non svela i suoi segreti, alcuni degli altri attori assumono toni quasi caricaturali: ad esempio l’agente della CIA che vuole indirizzare le scelte di Donovan viene definito ed è un “figlio di buona donna”, gli altri fautori dello scambio, siano essi americani o russi, vogliono portare a termine l’operazione per impedire sia a Abel che a Powers di svelare i loro segreti e non hanno alcun interesse al lato umano della vicenda.
Poi, ci sono delle ingerenze quasi macchiettistiche, come l’atteggiamento dei vopos della D.D.R. contro un cittadino americano; inoltre, un incontro tra Donovan e un gruppo di ragazzotti della Berlino Est che gli soffiano il cappotto.
Queste due scene a mio avviso non sono molto riuscite, perché alludono a partiti presi dell’opinione pubblica americana e qui Spielberg è molto debole.
A una Berlino Ovest sfavillante fa da riscontro una Berlino Est grigia e diroccata: ma il tutto è trattato con molta semplicità, oserei dire puerile.
Quello che convince di più invece è l’atteggiamento di Donovan verso i doveri che deve affrontare, che gli sono chiari ed onesti, mentre tutto attorno Russi ed Americani si avvolgono nel fango.
Donovan è quindi super-partes, e quindi può rappresentare un personaggio che fa dell’onestà, una volta tanto, un mezzo vincente.
Non a caso, l’immagine finale è significativa e simbolica: Donovan sta in mezzo al ponte fra il mondo Occidentale corrotto e quello Orientale egualmente corrotto, come dire che il riallacciarsi ai propri doveri individuali contro gli schemi di massa è l’unica garanzia di fare il Bene, inteso in senso etico-religioso.
Giorgio Penzo
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