Un secolo prima, all’inizio del ‘900, le potenze europee controllavano praticamente il mondo, con i loro imperi, a parte gli Stati Uniti d’America, che iniziavano la grande scalata al potere mondiale.
All’inizio del 2000 si sentivano vari statisti europei parlare di una grande Europa, capace di controllare l’economia mondiale con una potente valuta, l’Euro.
I ricordi vanno ad Helmut Kohl e alla sua discepola Angela Merkel, l’allora rampante Tony Blair, i presidenti francesi ed il grillo parlante Silvio Berlusconi, in antitesi con il prelato Romano Prodi.
Una serie di personaggi ormai finiti nelle paludi della storia, mentre nuovi protagonisti si sono affacciati sul palcoscenico.
Nel 2024 ci ritroviamo con il solito binomio, USA e Russia, mentre la Cina la fa ormai da forza mondiale autonoma, dato l’enorme progresso economico degli ultimi trent’anni.
In questo teatro notiamo non senza sorpresa l’assenza dell’Europa: il continente che ha amministrato il mondo negli ultimi cinquecento anni si trova desolatamente disperso, privo di un nucleo e di una consistenza unitaria.
Da Bruxelles arrivano fiotti di parole assolutamente inconcludenti, una marea di soldi sparsa a pioggia senza alcuna finalità principale, senza programmi a lunga scadenza.
Dove è finita l’unità della difesa europea? Dove è finita l’omogeneizzazione dello sviluppo economico? Oggi non c’è un’unione politica compatta, ma ventisette paesi che vanno ciascuno per conto proprio, a seconda degli interessi di ciascuno.
I protagonisti di venti, venticinque anni fa si diradano e scompaiono nel nulla, come Tony Blair in Gran Bretagna, i due galletti Prodi e Berlusconi, litiganti nella piccola pozzanghera Italia, ma soprattutto Angela Merkel, tanto lodata all’apice del suo potere, quanto criticata dopo la caduta.
La Mutti “alleata” della Russia ha sbagliato tutto su grande scala come se fosse stata soltanto un’insegnante di economia domestica e non la guida di un grande paese, per cui oggi l’industria trainante in Europa arranca fra una competenza industriale e una grande voglia di buttarsi nel capitale finanziario.
I nanetti, come l’Italia, stanno alla finestra e guardano ciò che succederà, speranzosi in qualche miracolo.
In generale poi è arrivata su questa Europa una quantità di quote rosa che possano anche emozionare le femministe ante litteram, ma che non ci dicono ancora nulla sulle effettive capacità: la storia, solo lei, ci dirà se Ursula, Christine Lagarde e la Meloni saranno in grado di costruire qualcosa e di uscire dall’impasse in cui l’Europa si trova.
In generale, noto che il trio Titoli-Merito-Competenza è ampiamente calpestato e che si va verso una politica di imitazione acquiescente dei modelli imperiali (vedi USA).
Oggi, a oltre trentacinque anni dalla caduta del muro di Berlino, notiamo come la situazione politica sia estremamente fluida, ma manca la presenza fisica dell’Europa, che diventa non solo fluida, ma addirittura gassosa, evaporata.
I conclamati leader, in gonnella o in pantaloni, degli ultimi trent’anni, hanno fatto poco o niente per il benessere dei loro concittadini e per un Rinascimento europeo: a me sembra che vadano costruiti nuovi modelli e nuovi programmi per non farci sentire quello che in realtà siamo sempre stati, una piccola propaggine geografica dell’Asia.
Per il momento l’Europa è schiacciata, ma potrebbe anche risvegliarsi: attendiamo un nuovo Messiah.
Viator
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