Giocare è l’Arte della Vita. Da Las Vegas il no ai robots.

Che arrivi proprio dal regno del gioco questo salutare NO ai robots è cosa su cui riflettere.

Che la città “fantasma del Nevada “ non ami vedersi invadere da altri fantasmi ?!

Vogliamo barman in carne e ossa! Denunciano i sindacati.

Quello che conta è il rapporto con le persone, come potrebbe un adulto giocatore vedersi scecherare il suo cocktail preferito da una mano d’acciaio?

E poi, chi me lo dice ( insinua il pensiero ) che tra poco anche le leggere, sinuose e morbide ragazze che servono ai tavoli, non saranno soppiantate da fax simili che, pur sorridendo con sorrisi smaglianti, mostrano tutta la loro fredda durezza metallica ?

Che sia il regno del gioco, seppure quello degli adulti mai cresciuti, a iniziare ad inveire contro la follia dei “grandi “  lo voglio prendere come buon segno; forse la domanda ancora sotterranea e inconscia è che il giocatore teme, non solo di avere barman e “conigliette “ di ferro, ma anche lo sfidante a tre sette e, alla fine, anche se stesso, trasformato in macchina.

( una roulette con mano e voce d’acciaio, i dadi tirati da dita metalliche, carte buttate sul tavolo verde da un indicibile aggeggio….)

Mi pare la favola di Pinocchio al contrario; sotto sotto temiamo d’essere trasformati in marionette.

Temiamo di non trovare più un amorevole Geppetto, una fata Turchina, un accogliente ventre della Balena, e anche il Gatto e la Volpe, che almeno erano esseri in carne ed ossa quelli che ci truffavano, invece d’essere truffati da macchine che ci vogliono far diventare macchine .

Uomini sempre meno umani, trasformati dal profitto e dalla tecnologia in una patologica rappresentazione di sé stessi, un ologramma che nemmeno più si rende conto che è la macchina che impone le sue regole all’uomo.   La tecnologia, un mezzo che si è trasformato in un fine.

Attività, creatività, fabbricazione  – scrive Raimon Panikkar nella sua “tesi sulla tecnologia”  –

parole che si riferiscono “all’homo faber”, sono parole che riservo per la tecnica – la technè- mentre la parola chiave della civiltà tecnologica è il lavoro. L’uomo non è più un artigiano, è diventato un lavoratore. Non ha più la sua dignità di stare con i piedi sula madre terra e con la testa in cielo. Sta seduto su ruote, su una strada d’asfalto, e può solo guardare davanti a sé.

 

Solo i bambini hanno la capacità di stupirsi, di meravigliarsi, di stare seriamente nel gioco; tornare bambini significa “riacquistare” una nuova innocenza, consapevoli di avere perduto la prima e responsabili di una nuova nascita.

Certo non saranno i giocatori di Las Vegas a riformare il mondo, ma “giocare “ è l’Arte della Vita,

è l’Arte di un essere che crea realtà ben consapevole della sua responsabilità d’ogni altro essere e persino del cosmo intero.

Rinunciamo al potere di controllare ogni cosa, torniamo al valore dell’esperienza, io posso essere il criterio definitivo che sa usare pensiero critico e pensiero del cuore, un essere che non ci sta al potere dell’accelerazione e al potere della quantità; un essere che non ci sta all’affermazione che dice che quel che non può essere misurato “non conta “, e qui il gioco di parole è rivelatore.

“Rien ne va plus”, potrebbe essere oggi verità crudele per la nostra stessa sopravvivenza.

 

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