Il mondo in armi non sta spendendo soltanto dei soldi. Sta spendendo
il sudore dei suoi lavoratori, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi bambini.
(D. Eisenhower)
Capita raramente ma capita….capita di avere una capote sfondata da uno scatenato Gianni Vernetti in versione “antinucleare” (in piedi con megafono), capita di avere l’on. Gianni Mattioli in macchina per un ritorno in aereoporto a Genova. Oppure, in auto come di consueto, per il trasporto veloce, sempre sul filo dei minuti, del già ministro Edo Ronchi ad una conferenza sui Rifiuti ad Alba con l’amico Roberto Cavallo. Capita, anche, – e questa è una rarità – che all’ultimo momento ti chiami Mario Capanna, perugino trapiantato a Milano, coinvolto in tutte le fasi pre e post Sessantotto milanese ed anche parlamentare per l’allora nota Democrazia Proletaria, per “un piccolo giro…tranquillo…serve (sic)”. Si era nei ruggenti primissimi anni Ottanta con grandi idee e una enorme fiducia nel mondo. Si era giovani e belli …e qualcuno – da quei veloci viaggi ad Asti per un manifesto da correggere, a Voghera per un comizio, a Piacenza per un incontro con gli operai della centrale elettrica – mantiene ancora oggi quello spirito “forever young” . Mario Capanna è uno di questi e ricordando quelle fugaci collaborazione finalizzate a qualche voto in più, ne riportiamo una recentissima presa di posizione (1).
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La notizia è stata ibernata: tranne il Corriere dell’Umbria, non ne ha parlato nessuno. Eppure riguarda il polo siderurgico di Terni, fra i più grandi del settore sul piano nazionale, e la maggiore industria dell’Umbria. Si tratta, nientemeno, della riconversione a fini militari della AST (Acciai Speciali di Terni).
Ai primi di maggio si è svolto al ministero dell’Industria e Made in Italy un incontro fra il ministro Adolfo Urso, Mario Caldonazzo (amministratore delegato di Arvedi, proprietaria di AST), Stefania Proietti (presidente della giunta regionale dell’Umbria) e le organizzazioni sindacali.
Il ministro ha dichiarato: “AST si affermerà sempre più come un asset strategico per lo sviluppo industriale del Paese. L’acciaio di AST troverà utilizzo nei settori ad alta tecnologia e che stanno registrando una forte crescita, come la Difesa, l’Aerospazio e l’Energia” (corsivo mio).
Nel dare la notizia, il giornalista Mario Ferrante metteva in rilievo che “nello specifico, l’acciaio prodotto a Terni troverà utilizzo anche nella realizzazione di veicoli militari, aeromobili, componenti strategici per il settore energetico e per la costruzione di centrali nucleari”.
Una riconversione produttiva vera e propria: non di un’industria bellica a fini civili, ma di impianti di lavorazioni civili a fini bellici.
Il piano industriale presentato da AST prevede un investimento di 560 milioni di euro entro il 2028. A questa somma il ministero aggiunge 70 milioni, si badi, a fondo perduto. Regalati, in pratica. Il tutto condito con la decarbonizzazione e l’impiego di energia green. Il che, ovviamente, è un cosa buona dentro un progetto cattivo.
Grazie al governo di destra siamo al Rearm-Umbria dentro il Rearm-Eu. Il tutto con la benedizione entusiastica della presidente Proietti, la cui giunta vede la presenza preponderante del Pd.
E’ questo il suo “riformismo”? Votare a Strasburgo, insieme a Fi, il riarmo europeo (con gli 800 miliardi previsti a debito!) e il riarmo dell’acciaio in Umbria? Dov’è Elly Schlein? Che fa?
L’accordo di programma – fra AST, ministero e regione – dovrebbe essere firmato entro fine maggio. Ma il proprietario dell’acciaieria ha precisato rudemente: “Gli investimenti previsti dal piano finanziario andranno avanti a prescindere dagli accordi di programma”. Vale a dire: noi e il governo andiamo avanti, se la regione si adegua bene, altrimenti ce ne infischiamo.
Sul futuro di AST sindacati e “sinistra” hanno latitato per anni, evitando, per esempio, di confrontarsi con la Confederazione europea dei sindacati, con la Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), con la Igmetal tedesca ecc. , per avanzare proposte alternative.
Nel vuoto di iniziativa politica, ha avuto buon gioco a inserirsi il governo, con il suo progetto di riconversione bellica.
Si tratta di uno spaccato ormai classico: quando la “sinistra” non fa il suo lavoro, spiana la strada alle forze conservatrici di destra. E’ così in Italia, in Francia, in Germania, negli Usa.
L’Umbria, sotto questo profilo, ha rappresentato un caso esemplare: dopo decenni di egemonia, la “sinistra” è crollata, prima a favore della Lega, poi di Fdi e, a Terni, a vantaggio perfino del sindaco Bandecchi.
Ora che ha ripreso in mano la regione, avalla la riconversione bellica dell’industria ternana. Acciai di guerra nella terra di Francesco d’Assisi: un contrappasso fino a oggi impensabile.
La presidente Stefania Proietti come potrà continuare a dichiararsi “pacifista”, se approva un piano di riarmo di questa ampiezza, non discusso nelle sedi istituzionali, ignorato dai cittadini umbri che, se correttamente informati, c’è da supporre che sarebbero contrari a larga maggioranza?
“La pace sia con tutti voi!”: sono le prime parole consegnate al mondo dal nuovo Papa Leone XIV.
Un monito impegnativo, al quale dovremmo finalizzare tutto, anche la riconversione industriale.
Tenendo presente che gli armamenti servono per la guerra, e la guerra, minando la pace, è una sconfitta per tutti.
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