Roma, Roma, Roma… e gli altri?

Nelle ultime settimane c’è stata una sorta di ubriacatura su Roma e sulla sua centralità in Italia e nel mondo.

Prima di tutto, la malattia di Francesco, la sua morte, la presenza di molti capi di stato ai funerali, il Conclave, la nomina del nuovo Papa e la presenza dei capi di stato alla inaugurazione del soglio papale.

È sembrato per un po’ che Roma fosse il centro del mondo, forse non a caso.

Ma questo riguarda la Chiesa, questa particolare entità sovranazionale che risiede a Roma, poiché venti secoli fa Roma era effettivamente al centro di una struttura imperiale.

Tutto bene, però dobbiamo ricordare che la Repubblica italiana è uno stato laico, per cui hanno spazio ed uguale dignità protestanti, ortodossi, buddisti, induisti e tutto il variopinto sciame (detto senza spregio) di credenze religiose presenti fra tutti i popoli del mondo.

A me sembra, come ex fedele ed ex chierichetto, che in queste settimane la chiesa cattolica abbia avuto sui canali nazionali, su quelli berlusconiani e su quelli del neo tycoon Cairo, una strombazzata assolutamente troppo rilevante, troppo violenta, per effettuare quello che una volta si chiamava “épater le bourgeois”.

E ripenso ad una figura che incede lenta ma dritta sulle strade del pellegrino in un saio agostiniano, come sarà agostiniana la dimora che lo accoglierà a Roma.

È evidente che si tratta di un intrepido monaco sassone a nome Martin Lutero, per il quale, dopo il lungo soggiorno nella città eterna, egli avrà solo parole di insofferenza per lo scandalo dei costumi, precursore di quella Riforma che scuoterà il mondo cristiano.

E, attenti, Riforma vuol dire rinnovamento, pulizia, non Rivoluzione o scisma, ma le cose sono andate in altro modo, l’establishment ha reagito in modo violento, non ha dato spazio alle critiche e ha respinto in modo acritico le posizioni di un povero frate.

Le teorie di Roma “caput mundi” spuntano da ogni parte, ma quando la signora Meloni sostiene, col suo accento romanesco, che Roma deve essere la capitale di Europa, bisognerebbe chiederle cosa ne pensano Parigi, Londra, Berlino ed altre prominenti città.

E poi, diciamolo francamente, Roma capitale d’Italia è stata una creazione piemontese, nel 1870 una modesta dinastia savoiarda aveva bisogno di un richiamo mondiale, di più spazio nell’agone politico, per cui ha spostato la capitale da Torino a Firenze e poi Roma, in ritardo di qualche secolo.

L’Italia è una realtà talmente complessa che ci sono molte capitali e tutte a buona ragione.

Da Torino è partito il Risorgimento italiano, e già questo sarebbe un buon motivo per nominarla capitale, Milano è senza dubbio il motore economico ed industriale di tutto il paese, non solo del nord, Venezia, a buona ragione, ha creato un suo impero marittimo e ha combattuto per quattrocento anni, con alterne fortune, contro gli Ottomani.

Scendendo verso sud, Bologna, prima università del mondo e grande centro di studi giuridici. Firenze non è solo il capoluogo della Toscana, ma è un grande riferimento culturale, madre della lingua e padre del Rinascimento.

Scendendo ancora, Napoli ha rappresentato per secoli il centro più importante del mezzogiorno, non solo culturalmente; ma anche altre città del sud, come Bari in Puglia e Palermo in Sicilia, mezcla di tanti popoli in migliaia d’anni, anch’esse hanno il diritto di chiamarsi capitali in momenti storici particolari.

A mio avviso, gli italiani sono figli dapprima delle loro regioni, che li contraddistinguono, poi di una unità linguistica che li rende simili, ma non uguali, ed infine tutti appartenenti alla cultura europea, questa sì onnicomprensiva sotto le tre tradizioni latina, germanica, slava e credenti, per lo più in una fede cristiana, sia essa cattolica, protestante o ortodossa.

Non quindi un nazionalismo esasperato, che cerca radici in un volk più immaginario che reale, come quello del fascismo o del nazismo, ma una realtà di valori vissuti con rispetto del vicino e con la giusta considerazione di se stessi e degli altri.

A questo punto, non c’è bisogno di Fori Imperiali o di carri trionfali, ma di efficienti centri politico-amministrativi in grado di gestire un continente di cinquecento milioni di persone.

Meno fasti, più sostanza.

Viator

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