Proprio nel Sud profondo, a Lecce, sono stati avvertiti il bisogno e l’urgenza di svolgere un corso di formazione politica. Lo ha organizzato con successo e con una nutrita presenza di partecipanti una piccola forza politica, aprendolo a tutti, a provenienze politiche di ogni tipo e di ogni tipo di esperienza pubblica. Sono state tenute, da novembre a maggio, nove lezioni da docenti provenienti da quattro diverse università e con approcci “di scuola” ai singoli temi assai diversi. E’ stata la conferma della esistenza di una domanda diffusa di conoscenza e approfondimento delle modalità del nostro stare insieme e di argomenti riguardanti la condizione di cittadini che intendono esercitare i diritti di cittadinanza in modo consapevole.
Purtroppo opportunità come questa, in Italia in generale e nel Sud in particolare, non ve ne sono molte. Proprio in una fase storica come l’attuale ci sarebbe invece bisogno di una cultura politica aggiornata. Proprio il decadimento della vita pubblica che stiamo vivendo richiederebbe la disponibilità di una più solida cultura civica: per cercare di capire meglio e di reagire a una realtà che ci allarma e di fronte alla quale spesso ci sentiamo disarmati e impotenti. C’è la crisi della politica e il trionfo dell’antipolitica, la sfiducia in una organizzazione politica comune, l’isolamento individualistico preda di una informazione distorcente, c’è la crisi del partito, dei soggetti della mediazione senza i quali sono destinati a vincere il populismo e l’avventura carismatica; c’è la crisi della democrazia, della partecipazione, della tutela di diritti inalienabili. Capire diventa così fondamentale perché davvero, nella situazione data, come dice John Locke, “la sola difesa possibile contro il mondo consiste nel conoscerlo”.
Ma l’impressione è che di questo non ci si preoccupi abbastanza. Quel che è rimasto dei partiti si interessa molto poco alla formazione politica, come poco se ne occupano i sindacati, la scuola, l’università, i comuni. Si ritiene che la politica possa fare a meno della cultura e che la cultura a sua volta possa disinteressarsi della dimensione pubblica: della politica, appunto. Invece, occorre coniugare politica e cultura per avere la percezione precisa dei mutamenti colossali e repentini che avvengono su scala nazionale, europea e mondiale. Serve capire e spiegare la congiuntura storico-sociale che viviamo e, dunque, una cultura politica ricca e aggiornata per aprire prospettive non effimere di alleanze solide e di governo. Invece, la distanza fra politica e cultura è ulteriormente aumentata proprio quando è più evidente che la politica da sola non ce la fa -proprio perché ha bisogno della cultura- e che anche la cultura da sola non ce la fa -proprio perché ha bisogno della politica.
A quest’obbligo di unità porta l’altezza della sfida e la complessità dei problemi.
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Il Paese è nel pieno di una fase storica gravida di molti rischi ma anche aperta a possibilità eccezionali. Abbiamo di fronte un compito difficile e grande nello stesso tempo: quello di costruire una nuova Italia che sappia stare in Europa con la peculiarità della sua ineguagliabile ricchezza culturale. Per assolverlo, dobbiamo essere capaci di andare oltre i soli problemi politici contingenti e di affrontare i ritardi strutturali, antichi. Bisogna porre il confronto fra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ non tanto sul terreno della crescita quantitativa quanto su quello della qualità della crescita, e per farlo occorre appunto sciogliere nodi specifici della nostra storia, il più intricato dei quali, specialmente nel Sud, è proprio la ‘tenacia’ della nostra disunità, vale a dire della quasi totale assenza di valori comuni, di comuni orizzonti, della consapevolezza di un destino comune.
Il compito più concreto, perseguibile con un impegno personale possibile -perché aiutati dal sistema democratico (ancora) in vigore- appare quello di tenere in piedi le attuali istituzioni e vivo il sentimento di un interesse comune. Tale impegno deve essere maggiore nel Sud perché proprio nel Sud più fragile è la cultura del pubblico. La questione meridionale sempre più si qualifica come la questione della qualità ed efficienza delle sue istituzioni pubbliche. Non è solo l’arretratezza economica che rende più difficile la soluzione dei problemi di molte regioni meridionali ma anche la scarsa tenuta del loro tessuto istituzionale e civile. Nel Sud il compito principale è quello di elevare il tasso di civismo: di costruire la comunità rafforzando il sistema democratico e la coscienza dei propri doveri civici. Si tratta -lo si comprende bene- di un fatto eminentemente di “cultura” e di riuscire, appunto, a mettere in campo nuove risorse intellettuali e culturali. L’impegno culturale si rivela così come lo strumento più efficace per la crescita comune e per la risoluzione degli stessi problemi materiali.
La dimensione culturale, dunque, deve essere sempre più ritenuta la dimensione “normale” della nostra vita e della nostra quotidianità. Essa è indispensabile per costruire una comune identità civica, per guardare oltre i semplici interessi mercantili e guadagnare quelli di lungo periodo (pace, tutela dell’ambiente, solidarietà sociale), per essere partecipi consapevolmente della vicenda di tutti.
Egidio ZACHEO
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