Who.. are you ?

(Dal libro di Solly Ganor, Light one Candle del 1995, non tradotto in italiano)

Con queste poche parole, in un inglese stentato, un giovane ebreo lituano, di nome era Solly Genkind , poi Ganor. si rivolse ad un soldato americano che gli aveva appena comunicato che da quel momento era libero. Subito dopo gli offerse una tavoletta di cioccolato. Ciò accadde il 2 maggio del 1945 sulle montagne bavaresi vicino ad un paesino che si chiama Waakirchen. Il giovane ebreo lituano proveniva dal ghetto di Kaunas, divenuto tale nel 1941. Prima la città di Kaunas era stata occupata dai sovietici per effetto della parte segreta del patto Molotov-Ribbentrop. Anche durante l’occupazione sovietica la famiglia Genkind corse gravi rischi sia per il mestiere del padre, commerciante, sia per il fatto che il padre era stato un menscevico conosciuto e che aveva ricoperto ruoli pubblici. Come se non bastasse la famiglia aveva avuto rapporti amichevoli con Trotsky prima della rivoluzione.

Solly crebbe quindi in una famiglia non sionista , i cui ideali erano sempre stati socialisti ed internazionalisti. Il ghetto di Kaunas era l’ottavo per dimensioni ed ebbe una storia importante di solidarietà e di resistenza al nazismo. Solo per fare un esempio prima dell’evacuazione e del trasporto verso Dachau i nazisti furono costretti a sterminare la polizia ebraica e lo Judenrat per i suoi legami con la Resistenza interne ed esterna e per aver nascosto un migliaio di ebrei non registrati. Per chi volesse conoscere la storia del ghetto è disponibile, tra gli altri, il diario di Avraham Tory, Surviving the Holocaust. The Kovno Ghetto Diary del 1990. Con l’avanzata dei sovietici verso la Lituania gli ebrei lituani furono trasportati verso altri campi, Stutthof e Dachau, all’interno della Germania fino ad arrivare al campo di lavoro di Kaufering dove venivano costruite parti del famoso caccia Me 262, il primo aereo a reazione della seconda guerra mondiale. Per inciso questo è il campo che fu liberato dalla Band of Brothers, la famosa compagnia E, 506 reggimento di fanteria del 101^ Divisone Aviotrasportata e dal 522° battaglione d’artiglieria da campo. Le immagini del campo sono state correttamente ricostruite nell’episodio n. 9 della serie televisiva. Parecchi chilometri da Kaufering e dopo una terribile ultima marcia della morte, Solly Ganor fu liberato da elementi del 522 ° battaglione. La sorpresa di Solly era dovuta al fatto che i soldati del 522° erano tutti giapponesi. In particolare il soldato che lo soccorse fin da subito era Clarence Matsumura. Un nisei, giapponese di seconda generazione come tutti i suoi commilitoni. Il 522° battaglione era infatti una unità “segregata” che era stata formata nel 1944. Matsumura era stato anch’egli internato nel 1942 in un campo destinato agli americani di origine giapponese a seguito del notorio Ordine Esecutivo 9066. Tale ordine presidenziale confinava in appositi campi d’internamento i cittadini americani con un’origine etnica e una provenienza da nazioni che erano nemiche degli Stati Uniti; in conseguenza di ciò 120.000 giapponesi tra issei, nisei e sansei ( rispettivamente prima, seconda e terza generazione, una derivazione dei numeri cardinali giapponesi ) furono privati dei loro diritti ed internati in campi in particolare in California. Solo due anni, nel 1944, 20.000 giapponesi furono richiamati nell’esercito, nell’unità segregata che abbiamo già citata e che divenne l’unità più decorata delle forze armate statunitensi. Le possibilità che un americano di origine giapponese, e di seconda generazione, sia stato protagonista nella liberazione di un giovane ebreo di nazionalità lituana sulle montagne bavaresi, sembrano veramente poche, ma, a ben riflettere, si tratta del risultato di due programmi razzistici diversi. Da una parte la messa sotto controllo di una “razza gialla” pericolosa ed infida, buona solo per il duro lavoro. Dall’altra un progetto di genocidio continentale che non dava scampo per nessuno, uomini, donne, bambini e vecchi. Il punto di vista a favore della divisione gerarchica per razze era di fondo la stesso, ma i risultati erano stati radicalmente diversi. Ciò deve indurci a riflettere sulle tattiche, consenso e violenza, resistenza e fuga, da adottare per contenere e battere i “razzismi” con cui oggi ci troviamo a che fare.

I due, Solly Ganor e Clarence Matsumura, si reincontrarono solo 47 anni dopo per iniziativa del museo americano fondato per ricordare l’internamento dei nisei. Ma non tutte le storie sono così lineari. Il libro di Ganor, Light one Candle del 1995 si apre con la descrizione di una battaglia disperata per il controllo di una collina durante la prima guerra arabo israeliana nel 1948. Ganor è appostato sulla collina e sta apprestandosi a sparare contro i soldati di origine africana che combattono per gli arabi con una MG 42, un’arma da guerra della Germania nazista fornita dagli ebrei cecoslovacchi. Si accorge che sulla canna della sua arma c’è incisa una svastica. “ In quel momento [ prima di sparare ] un sentimento totalmente inaspettato mi assalì. Io avevo visto il mio popolo essere la vittima per così tanto tempo in Europa. Avevo visto così tanti ebrei assassinati che pensavo di essere in grado di uccidere i nostri nemici senza alcuna esitazione. Ora mi trovavo a non essere in grado di premere il grilletto. L’idea di uccidere quei giovani mi devastava. Tu non ucciderai. Questa convinzione, che mi era stata instillata da generazioni da insegnanti ebrei, riemerse in quel momento critico. Di fronte a quei giovani che mi stavano venendo addosso con le baionette innestate, semplicemente non riuscivo a premere il grilletto. La morte era quasi su di me, ma cercare di premere il grilletto era come cercare di sollevare una casa solo con le mani. Il mio intero corpo stava tremando per lo sforzo e, io penso di aver perso la consapevolezza di me stesso per un secondo, perché non ho idea di quando ho iniziato ad aprire il fuoco. Io solo sapevo che gridavo con tutte le mie forze e che la mitragliatrice stava muovendosi tra le mie mani come una bestia dotata di vita propria.”

Iniziava una nuova guerra.

Cesare Manganelli

Alessandria, 16 luglio 2025

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