Da diversi mesi ARAL, l’azienda alessandrino-consortile dedita allo smaltimento finale dei rifiuti urbani, ad essa consegnati dai servizi comunali di raccolta diffusa, è “sui giornali” con le sue vicende tecnico-economiche e quelle giudiziarie, in corso d’opera, che coinvolgono singoli operatori, interni ed esterni, del complesso e combattuto settore degli smaltimenti a vasto raggio.
Chi si limitasse a constatare questa assidua attenzione dei media locali – con relative preoccupazioni per la “tenuta” della Società e la decorosa continuità del servizio d’istituto – potrebbe ritenere che, maledetta sfortuna a parte e pessime conseguenze al seguito, la vicenda dell’ARAL sia sufficientemente delineata in un adeguato arco temporale giunto, a quanto si evince dal tam-tam quotidiano, al redde rationem.
Ne sarebbe confermato dall’impegno notorio, talora esibito, dei politici e degli amministratori, di ieri e di oggi, per condurre a salvamento, con ogni possibile “rotto della cuffia”, azienda malmessa e occupati periclitanti. Dal salvataggio dell’azienda deriverebbe naturalmente che “qualcuno” si farà pur carico degli smaltimenti necessari, in qualche modo e in qualche direzione.
Comprensibile il desiderio sottostante di chiudere, con l’occasione, il sipario politico (quello giudiziario è in altre mani) sulla travagliata vicenda ARAL, con un esito finale che soddisfi, almeno sul momento, capra e cavoli: l’operatività della struttura restante e l’occupazione in atto.
Diventerebbe quindi secondaria, e presto evanescente (salvo provocatori d’intralcio), la domanda che pure è aleggiata, con tutta discrezione negli ultimi anni: ma come è stato possibile un processo avventuroso e disgregativo come quello in cui è incorsa un’azienda che pure aveva le chances per condurre un’attività decorosa e garantita dal suo retroterra di competenza? Quali ambizioni di crescita, quali investimenti azzardati l’hanno portata fuori strada ed eventualmente fuori mandato dei soci pubblici? Quali estremi rimedi hanno dovuto essere adottati per tentare di risalire, invano, gli sbilanci di gestione emersi strada facendo?
Domande non proprio stravaganti se è vero che l’attuale assessore all’ambiente del comune capoluogo dichiara (Stampa, 05.10) che “torneremo a prendere in mano una società che era ormai fuori controllo”; doppiato dal giornalista Bottino che (Stampa, 06.10) ritiene che il nuovo vertice societario “dovrà per prima cosa mettere mano ai controlli in modo da far tornare ARAL azienda dove si capisce quello che succede veramente”.
Attualmente, tuttavia, non si tratta solo di illuminare la “storia trascorsa” – il cui approfondimento appare comunque ostico per gli incroci politici intercorsi – ma di connettersi fattivamente con la “storia a venire. Che urge dietro l’angolo, con le emergenze operative attuali, ma anche con le strategie di smaltimento da adottare concretamente in tema di smaltimenti finali, in un quadro che – tecnica, normativa e business ambientale in precaria convivenza – sembra evolvere verso la preminenza definitiva dei grandi impianti di incenerimento o termovalorizzatori, dislocati a capo di grandi aree di raccolta/conferimento.
In questa direzione, se e come credo confermata, la realizzazione di nuove,vaste e tradizionali discariche “locali”, per quanto affidabili in esercizio e quiescenza, si prospetta piuttosto ardua e complessa e può essere che politici e amministratori comunali già si adeguino, con la dovuta discrezione, a questa prospettiva che vedrebbe, tra l’altro, diverse aziende attualmente di smaltimento trasformarsi in attività di stoccaggio intermedio e trasporto rifiuti a destinazione ultima.
Tale mutazione in atto, non priva di contraccolpi sul piano della cronaca nera, potrebbe essere una tacita concausa – l’altra essendo l’esigenza impellente di “far cassa” per tamponare i disguidi finanziari dell’azienda titolare – della dilapidazione delle risorse di smaltimento (in quantità di conferimenti e tempi di esaurimento programmati) relativa alla discarica consortile di Solero-Quargnento, della quale si va a realizzare la settima e probabilmente ultima vasca di servizio prima di una non lontana chiusura integrale.
Saranno pure considerazioni azzardate, ma è un fatto che, nonostante tutte le preoccupazioni sul destino di ARAL, delle quali sono inondate le cronache, non si ha notizia che sia mai iniziata la concreta ricerca di un sito idoneo ad ospitare una futura, ma non tanto, discarica a scala distrettuale o provinciale, in adeguata sostituzione di quella in esaurimento. Altra inerzia da decifrare.
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