Pedagogia Estrema

Principi generali.
È semplice: la finalità è educare (ex-ducere), condurre fuori le potenzialità di ciascuno, dicono in molti… ma vediamo intanto se e quali potenzialità ci sono.
Sul come educare si possono elaborare molte teorie. L’importante è partire da poche certezze.

Ia certezza: “Il bambino nasce perfido”

Osservatelo:
– piange nei momenti meno opportuni (quando mangi, dormi o ti dedichi alla soddisfazione degli istinti riproduttivi, avendo cura di non riprodurti);
– esige di essere nutrito quando non deve e non mangia quando deve;
– si sporca subito, non appena lo hai cambiato e lavato;
– ha la diabolica, innata capacità di adoperare gli strilli come ricatto e di interromperli non appena ottiene quello che vuole;
– inganna per l’aspetto, a volte di una bellezza conturbante.
Lucifero era un angelo.

Se riflettiamo bene, i preti, che hanno sempre capito tutto prima degli altri e, nell’evolversi della storia umana, tanto hanno saputo fare e fanno per mantenere il potere sui corpi e sulle menti, hanno ribadito il concetto a modo loro, parlando di peccato originale.
Ebbene, il battesimo purificatore della mia modesta elaborazione pedagogica, l’azione laica che può modificare la perfida natura del bambino, si chiama addestramento, che conduce allEducazione Sociale, primo fondamento senza il quale non si perviene all’Istruzione.

La più banale delle conferme in merito alla perfidia naturale e all’efficacia dell’addestramento, si riscontra nell’osservazione di un qualsiasi gruppo di studenti: il modello istintivamente più seguito è quello negativo.
Solo chi è più dotato di ragione e, grazie all’addestramento familiare e scolare, è abituato alla disciplina interiore, se ne tiene lontano.
Per una conferma più ampia, è sufficiente leggere la Storia e la cronaca.

2a certezza: Dei diritti e delle pene

Addestrare è lotta quotidiana, sforzo titanico di non cedere per stanchezza o distrazione al bambino, nemico astuto, che osserva, misura, valuta e intende l’ampiezza degli spazi che vengono incautamente lasciati.
Non ci sono deroghe all’autorità dell’adulto: la centralità dell’educazione non è costituita dall’alunno ma dall’Insegnante che prevede, decide e impone la sua azione addestrativa secondo piani stabiliti, perché Egli sa.

DIRITTO  DOVERE

L’addestramento si vale della continua contrapposizione tra l’acquisizione di un diritto e l’esercizio del dovere.
Il concetto è univoco: il diritto presuppone il dovere, ma il dovere non presuppone un diritto.
Il dovere è dovere e basta, non è merce di scambio.
Il diritto è un bene che si conquista a fatica, praticando il nobile esercizio del dovere.
Facciamo per chiarezza alcuni esempi:

a) Diritto alla parola → Dovere di ascoltare

Si conquista con la pratica quotidiana dell’attenzione, della pazienza, dell’umiltà, dell’attesa, della riflessione maturata nel raccoglimento e nel silenzio.

b) Diritto al rispetto della persona  Dovere di rispettare

Si conquista con la pratica del saluto deferente; con l’apprendimento delle norme del galateo; con l’uso del LEI fin dalla più tenera età (oggi barbaramente trascurato); con la cura della persona e delle cose proprie e altrui; con l’apprendimento e l’uso del linguaggio adeguato alle circostanze ; con il misurare i gesti e le parole; con il controllo del tono della voce che mai debba produrre inquinamento acustico.

c) Diritto allo studio → Dovere di studiare

Si conquista con l’impegno e con risultati adeguati alle aspettative degli Insegnanti e dei genitori.

d) Diritti allo svago → Dovere di assolvere i propri impegni quotidiani

Si conquista in famiglia e a scuola alle condizioni di cui sopra, in rapporto all’età e al tipo di ordini impartiti.

LE PENE

Non bisogna sottovalutare né opporsi alla disciplina del timore: il bambino che conosce l’effetto dell’elettricità o del calore, difficilmente rimetterà le mani dove non deve.
Così, le conseguenze di un atto compiuto con leggerezza, o peggio, con intenzione devono avere la corrispondenza adeguata nella pena.
Studi neurologici hanno scoperto che le paure apprese vengono immagazzinate in un’area del cervello, l’amigdala, capace di codificare i ricordi in segnali inviati alla corteccia prefrontale, che prende decisioni conseguenti: maggior attenzione, rinuncia a comportamenti rischiosi e così via.

La pena deve essere significativa per essere ricordata.

D’altronde sappiamo tutti che, ad ogni azione, corrisponde una reazione. Ad azione riprovevole o negativa, corrisponde una reazione contraria che è la pena, il mezzo attraverso il quale si raggiunge la conquista del diritto.
Il mio pensiero grato va allo scrittore Wilhelm Busch1 che coglie dell’infanzia il lato perfido e inquietante.
Nelle sue opere “Max und Moritz” e “Plisch und Plum”, la pena arriva infine inesorabile a rimettere tutto a posto, a far sospirare di sollievo il lettore, nauseato della malvagità e gratuità dei comportamenti infantili, in un universo impietoso in cui i carnefici-bambini diventano, a loro volta, vittime di castighi crudeli ma conseguenti.
Il suo contemporaneo De Amicis, da noi assai più conosciuto e apprezzato, ha imperversato con i suoi personaggi connotati da eroismo e abnegazione, portati ad esempio: un brodo dolciastro e bavoso di sentimenti con i quali si distorce l’immagine della realtà dando riferimenti poco attendibili e valori che non trovano riscontro. Non posso perdonargli la maestrina dalla penna rossa.
In un mare che presenta incognite e pericoli improvvisi, bisogna imparare a nuotare presto e bene valendosi di un allenamento quotidiano severo e costante, in grado di condurre alla consapevolezza che l’errore si paga duramente con conseguenze imprevedibili, spesso irrimediabili.
Ecco alcuni esempi di pene che si possono comminare a chi si sottrae ai doveri di cui ai punti a)- b)- c)- d).

  1. Dovere di ascoltare

La pena consiste nell’obbligo al silenzio, nel vuoto totale di reazione da parte di chi compie l’addestramento, nella negazione dell’esistenza dell’inquisito e quindi di qualsiasi richiesta di soddisfazione d’un bisogno.

  1. Dovere di rispettare

Si applichi una pena antica quale scrivere più e più volte saluti deferenti curando l’uso di termini quali: Egregio/a, Signore/a, Eccellenza, Maestà, Santità, ecc.

  • Alzarsi e sedersi più e più volte salutando l’Insegnante con i suddetti termini. Ottimo anche come esercizio fisico

  • Rompere uno o più oggetti cari all’interessato con arma contundente in caso di maltrattamenti di cose altrui o di proprietà comune.

  • Ripetere più e più volte, bisbigliando ciò che si è detto a voce troppo alta.
    Non accenno purtroppo alle pene corporali, anche se la tentazione del “papagno” a volte è fortissima. Ma si rischia la galera.

c) Dovere di studiare

Studiare è un privilegio che una società avanzata concede a chi lo merita.
Diritto può essere l’opportunità che si fornisce a chi ne è consapevole di accedere al privilegio dell’istruzione.
Un uomo di scuola, conosciuto durante il mio primo incarico come insegnante di scuola popolare, diceva: “lasciate che il popolo cresca ignorante… se no chi fa i lavori umili?”
I fautori della società multietnica sostengono che lo spostamento di popolazioni verso le società industrializzate sia un bene: l’economia richiede un impiego di mano d’opera, destinata a coprire il vuoto prodotto dalla tendenza a svolgere mansioni più qualificate e retribuite, a cui l’istruzione superiore e l’Università vorrebbero destinare le maggior parte della popolazione.
Ebbene, quale pena è più adeguata per chi non comprende il privilegio di studiare se non un anno sabbatico a ripulire, per esempio, fosse biologiche o a svolgere lavori socialmente utili, dedicandosi alla pulizia corporale di disabili e anziani?
Questo se lo studente ha delle potenzialità, altrimenti… perseverare è lodevole, insistere è pernicioso.
Non bisogna insistere nel voler spremere la polpa se il succo non c’è.
Qualcuno deve avere il coraggio di dire “vai a lavorare, ché di posti adatti a te ce ne sono tanti”. Questo in nome dell’equità sociale.
Il rischio è davvero grosso. Se l’imbecille, per privilegio di classe, riesce ad acchiappare una laurea (e oggi è più regola che eccezione), con l’insistenza favorita dai mezzi della famiglia e la complicità della scuola che vuol fare tutti dottori, si verifica quello che frequentemente succede: ritrovarsi degli incapaci negli incarichi che più incidono sul benessere dei cittadini e sulla crescita dalla nazione.

d) Dovere di assolvere i propri impegni quotidiani

Lo svago è un premio più che un diritto, ed è tristemente errato illudere il giovane sul fatto che lo svago assuma un ruolo di preminenza nel corso della vita e che sia prioritario rispetto al dovere.
La somministrazione della pena è quanto di più semplice si possa immaginare: si vieta lo svago, si tagliano i fondi che permettano di praticarlo finché non risulti palesemente assolto il dovere attraverso l’obbedienza, il tempismo, con la felice consapevolezza di fare qualcosa di buono, giusto e santo.
Attraverso il dovere si raggiunge l’Estasi.

L’Imbecille

Tra eventi nefandi, piovuti a stille,
da tempi lontani a giorni men remoti,
nulla poté Dio contro l’imbecille.

Non misurando l’effetto dei suoi atti,
tinge la vita propria e quella altrui
di male gesta e atroci misfatti

di cui sicuramente il più incisivo
è il propagare, senza alcun ritegno,
il proprio seme, con atto furtivo:

qual cancrena silente, oh tempi bui,
s’incista quatto e poco appariscente
nella massa, imbecille come lui.

Privo d’alcun sapiente paragone,
ei può pensare d’esser sì valente
da tentare più volte l’elezione

e mentre chi sa, sta fermo a pensare,
ei va al potere nel gaudio popolare…
Così mi spiego, in questo su per giù,
perché il bravo sgobba e lo scemo sta su.

1 Wilhelm Busch – scrittore e disegnatore tedesco (1832-1908)

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