In contesti tutt’affatto diversi, il Piemonte ha ospitato, nello scorso fine settimana – come riferisce Repubblica di domenica 17 febbraio – due convegni che richiamavano temi analoghi: l’eventualità, l’opportunità o addirittura il dovere, per i cattolici, di “tornare in politica” con propria e distinta presenza organizzata.
Se ne parlava a Torino – Collegio San Giuseppe – in una riunione promossa dalla “Rete bianca” e alla Comunità di Bose , tra Ivrea e Biella, in una due-giorni promossa dalle ACLI (“Esercizio del potere e differenza cristiana”).
Del secondo appuntamento, con il previsto intervento di Romano Prodi, cercheremo documenti e conclusioni; del primo convegno il messaggio prevalente e drammatico, come desunto dalla stampa, sembra essere stato quello del Card. Severino Poletto, già vescovo di Torino, rivolto ai cattolici e sintetizzato da Repubblica con un rotondo “Tornate in politica, e fate presto”. In sintonia non casuale con l’analoga preoccupazione espressa pochi giorni prima dall’attuale vescovo Nosiglia (“I cattolici in politica a mo’ di bella addormentata nel bosco”).
Quello che colpiva nelle parole del Cardinale, e che hanno messo in qualche imbarazzo i promotori dell’incontro, era soprattutto l’urgenza di rivedere in pista tracce operanti di “movimento cattolico”, magari già nelle prossime consultazioni elettorali del 2019. E rivederle particolarmente impegnate nel richiamo e nella tutela di quei “valori fondanti”, di matrice cristiana, posti tradizionalmente alla base di una società ordinata al bene comune.
“I Cattolici impegnati in politica – spiega il Cardinale – si sono volatilizzati quando, ormai anni fa, è stato sciolto il Partito Popolare. Si sono dispersi in una diaspora con la speranza di portare i valori cristiani in altri partiti e hanno finito con non contare quasi nulla. Infatti sono state emanate nel frattempo leggi come quelle sulle Unioni Civili (…)”. Seguono indicazioni di percorso che, ai meno giovani, richiamano in qualche modo la battagliera presenza dei Comitati Civici nel secondo dopoguerra italiano, allorché, tra le varie e grandi differenze con l’attualità dei nostri giorni, c’era anche la proclamata nettezza della linea di demarcazione tra amici e avversari, politicamente e non solo. Niente a che fare con i confini scritti sull’acqua di una “società” diventata poi “liquida”!
Ovviamente i “virgolettati” sono scelti dal giornalista e potrebbero non rispecchiare esattamente il pensiero complessivo del relatore, ma basta il contenuto “entro virgolette” dell’articolo citato per essere colti da un senso di déjà vue, di inadeguatezza motivazionale a muovere gli animi che oggi si vorrebbero invece riattivare.
Riproporre, nel caso specifico, una vocazione alla guardia armata dei già noti “valori non negoziabili” sembra, ad un tempo, troppo e troppo poco rispetto ai compiti e agli obiettivi che la politica reale si assegna ogni giorno, senza molto riguardo alla coerenza interna degli uni e degli altri .
Tornare alla politica è un invito che risuona in diversi contesti sociali e non solo in ambito cattolico. Ma capita spesso che dalla multiforme platea degli invitati-coinvolti risalga al podio un mormorio inequivoco: “tornare sì, ma per fare cosa? e come, e con chi?“.
Rispetto all’urgenza proclamata sembrerebbe una digressione perditempo, invece è la condizione perché ogni ventilato ritorno alla politica possa seriamente prendere il largo.
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