“Dicono che il suo governo tiri a campare”, disse il cronista rivolto a Giulio Andreotti, e l’allora presidente del Consiglio, di rimando: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. La frase lapidaria passò alla storia.
Oggi ci troviamo di fronte ad un governo che, pur disponendo di una solida maggioranza parlamentare, appare sovente paralizzato ed inconcludente. Un governo che tira a campare.
Mercoledì 24/7 al Senato, in occasione dell’informativa data sulla vicenda dell’ipotetico acquisto di petrolio dalla Russia con ricadute tangentizie a favore della lega di Salvini, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, senza sfiorare la spregiudicatezza di Andreotti, ha ammesso le difficoltà che come Presidente del Consiglio, incontra nel raggiungere la sintesi sui vari problemi, per la scarsa collaborazione di alcuni ministeri.
Il Contratto di Governo – che Di Maio continua a decantare come si trattasse delle Tavole di Mosè, anche se il socio leghista spesso lo obbliga ad ingoiare grossi rospi come lo sblocco dei cantieri e la ripresa dei lavori per la costruzione della TAV – non è stato in grado di risolvere la contraddizione di fondo presente nell’attuale maggioranza giallo verde e cioè la presenza di due concezioni politiche e strategiche contrapposte. Quella del cambiamento di marcata impronta radicale, sostenuta dai 5 Stelle i quali sembrano voler rispondere del loro operato solo ad un ristretto numero di iscritti legati alla “Piattaforma informatica Rousseau”, ignorando la complessa realtà economica, sociale e culturale del nostro paese. Il gruppo dirigente dei 5Stelle è sostanzialmente espressione della realtà sociale e culturale del meridione: Di Maio, Di Battista, Fico, Bonafè ecc., e di conseguenza portatori di istanze assistenzialistiche ancorate all’intervento statale. Mentre il gruppo dirigente leghista è espressione della realtà economica, sociale e culturale del nord industrializzato e competitivo, ancorato al culto e alla civiltà del lavoro. Una cultura marcatamente pragmatica, del “fare a tutti i costi”,: Flat tax, quota 100 per le pensioni, Sì alla Tav, sblocco delle varie opere pubbliche, ecc. al punto da ignorare spesso le compatibilità con le esigenze di equilibrio del Bilancio dello Stato e delle stesse norme legislative e regole procedurali amministrative.
Le proposte della Lega hanno un immediato impatto sociale reso più pregnante dall’individuazione nei 5Stelle, nel Ministero economico, nella Banca d’Italia e nei burocrati di Bruxelles le forze che si oppongono all’approvazione delle loro proposte.
IL Movimento 5Stelle propone a sua volta il “cambiamento del paese “. Punta al livellamento sociale: taglio delle retribuzioni più alte per i dipendenti pubblici e non solo e delle pensioni, per finanziare il “Reddito di cittadinanza” e le pensioni minime, salario minimo e via dicendo. Una normativa che invade la sfera della contrattazione sindacale, punta all’appiattimento e blocca in qualche modo l’ascensione sociale; già paralizzata dalle difficoltà, in particolare per i giovani, di trovare un lavoro. Tutte le proposte dei due partiti di governo riguardano il fronte della spesa pubblica, mentre manca una politica perequativa sul fronte fiscale e delle entrate. La Lega attraverso la Flat tax propone addirittura per l’Irpef un’unica aliquota fiscale, molto bassa in conflitto tra l’altro con la norma costituzionale che prevede la progressività dell’imposizione.
Per i 5 Stelle i diritti derivano per il semplice fatto di essere cittadino.
Per la Lega i diritti individuali debbono derivare dall’essere soggetto sociale utile alla società per l’impegno profuso negli studi, per il senso del dovere, per le capacità espresse nel lavoro e nel mondo produttivo, in una parola, i valori della civiltà del lavoro, espressione della cultura sindacale dominante nella stessa tradizione del riformismo di sinistra: tu ai diritto alla pensione in quanto ai lavorato e versato i contributi per tanti anni. Ai diritto ad una retribuzione in quanto sei un bravo operaio o un bravo tecnico o un bravo dirigente.
Le differenze sono sostanziali e tra loro sovente in concilianti.
Ecco perche non sempre sanno decidere. Sembrano spesso sul punto di deflagrare in una crisi di governo, ma poi fanno la pace, salvo riprendere poco dopo la solita pantomina.
D’altronde, quali sono le cause che periodicamente impediscono al governo di procedere con maggiore scioltezza sul piano operativo?
Il governo giallo-verde dispone di 505 parlamentari. Alla Camera i 5Stelle sono 216 e i leghisti 125, totali 341 su 630 deputati, il 54% dell’Assemblea. Al Senato i 5Stelle sono 106 e i leghisti 58, totale 164, il 52% dei 315 membri del Senato.
In realtà, la crisi di governo non scatta perche tutti temono il ricorso alle urne.
Lo temono i grillini i quali, causa il dimezzamento dei voti registrati alle europee e la prevista riduzione del numero dei parlamentari contenuta nella Legge Costituzionale all’esame del Parlamento, vedrebbero ridurre la propria rappresentanza a poco meno di un terzo rispetto all’attuale, molti dovranno lasciare la poltrona parlamentare e tornarsene a casa.
Lo temono gli stessi leghisti, perche un conto sono i sondaggi e un conto sono poi i risultati del voto, a volte arrivi prima ma non vinci la gara. Meglio quindi tenere il posto caldo finche c’è, il resto si vedrà. Ecco perche, se non intervengono fatti nuovi, la legislatura è destinata a durare e con essa il teatrino delle liti e riappacificazioni. Ci sarà un logoramento del quadro politico istituzionale, e con esso un logoramento degli stessi protagonisti. C’è da confidare in un sussulto da parte della società civile che porti ad infrangere l’incantesimo dell’uomo forte incarnato da Salvini ed eviti una contrazione dei diritti e della vita democratica del nostro paese. Le forze di opposizione, frastornate dalle recenti sconfitte elettorali stentano ad individuare il giusto bandolo della matassa, debbono procedere al parziale rinnovamento dei gruppi dirigenti, si muovono con difficoltà, però si muovono con una nuova consapevolezza circa la necessità di aprirsi ulteriormente alla società civile e costruire nuove alleanze. Si muovono con lentezza, ma si muovono nella giusta direzione.
Alfio Brina
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