Giornate di incontri, scontri e trattative a cui si affida il futuro del Paese. Scene da mercante in fiera trasmesse quasi in diretta dalle emittenti televisive e in streaming su social media variamente assortiti. Volendolo o meno, si è obbligati ad ascoltare conferenze stampe, commenti, tweet sull’esito incerto delle contrattazioni tra PD e M5S. Qualsiasi fonte è citata; mancano forse solo pizzini, scritte in bagno, e bastoncini del gelato: dove si può giornalisti e curiosi si attaccano per evincere informazioni, per far trapelare indiscrezioni.
In quest’ecosistema dell’informazione molto particolare, si definisce un preciso profilo di una politica che appare unicamente interessata a posti e poltrone. Poco si è discusso, infatti, di idee ed idealità: aspetti questi liquidati già il primo giorno con un commento di Del Rio che rassicurava grandi convergenze. Sono ormai tre o quattro giorni che i gruppi politici stanno incentrando tutto il loro discorso su un punto, direi incomprensibile per il cittadino medio: Conte sì? Conte no?
Di fronte a tale scena, giusto ieri, in una gagliarda vignetta di vita di campagna, commentò dal bordo di un bigliardo un noto poeta locale: “Conte chi-se-ne-frega?” Commento triviale? Forse; ma capace di mettere in chiara prospettiva un dato: al votante medio l’intera situazione appare assurda; una brutta copia di una puntataccia di House of Cards.
Troppe domande di senso comune non sembrano essere affrontate: perché due gruppi parlamentari che fino al giorno prima si sono tirati insulti dei peggiori, oggi scoprono di avere molto in comune? Dato che nessuno delle due segreterie ha speso un due righe a chiarificare questo punto, il povero cittadino medio cosa deve pensare? Non stupiamoci che ad ogni tweet aumenti il qualunquismo che conclude: sono tutti uguali, interessati solo al loro cadreghino. Disdette a tale proposito? Talmente vaghe che possiamo concludere: nessuna.
A questo punto, sinceramente ancora sperando che si riesca a fare un governo rapidamente per dar risposte concrete ad un Paese che sta vivendo una crisi economica evidenziata dai conti pubblici e da quelli privati, non resta che notare come le forze politiche meno sovraniste non abbiano saputo marcare la differenza; un colpo di reni che dimostri che in Italia la politica possa essere una questione di progetti, di idealità, di orizzonti progressivi. Resta, invece, il senso di rassegnazione di una politica di troppe persone e poche idee. Che triste finale per l’assurda crisi del mojito!
Lu e Cuccaro M.to, 26.8.19
Michele F. Fontefrancesco
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