Utilizzando la macchina del tempo di Wells mi sono ritrovato nella Mosca del 1920, al cospetto del compagno Lenin.
Era impegnatissimo, poiché doveva organizzare l’Armata Rossa assieme a Trotsky per respingere i Bianchi e i vari eserciti dei paesi occidentali coalizzati.
Quando gli parlai del distanziamento sociale, da buon marxista, egli cominciò a suddividere in: Lumpenproletariat, proletariato, piccola borghesia, media borghesia, grande borghesia, infine nobiltà e clero, come nella strutturazione della Russia zarista.
Da buon marxista, non poteva intendere il termine diversamente: e questa per un uomo del 1920 è una definizione esatta.
Essendo io ritornato con la macchina del tempo nel 2020, sulla base di quanto dettomi dal compagno Lenin, ho individuato un buon esempio di distanziamento sociale nel comportamento di un capitano d’industria, che, alle prime avvisaglie del Coronavirus, ha fatto le valigie, si è imbarcato sul suo jet personale con un virologo di fiducia e un’infermiera ed è partito per una lunga vacanza verso un’isola dell’Egeo, o, in alternativa, una dei Caraibi, chiudendo fabbrica e lasciando tutti gli operai fuori dal portone.
Mi sembra che il distanziamento sociale fra il capitano d’industria, in vacanza sull’isola, e gli operai, in vacanza nei loro appartamenti sigillati in grigie città, sia l’emblema di una triste condizione, che non varia col passare dei secoli.
Utilizzando la macchina del tempo, ho potuto portare il compagno Lenin nei nostri giorni e ho cercato di fargli capire come fosse cambiata l’Italia da quella del 1920.
Essendo abituato a considerare l’Italia il paese dell’arte, del bel canto e del buon cibo, il compagno non ha potuto fare a meno di constatare come in cento anni molte cose fossero rimaste sostanzialmente uguali.
Si stupì di sentir parlare del fascismo, creato da un personaggio che lui aveva conosciuto come un compagno massimalista; si stupì di sentire che sarebbe scoppiata una Guerra Mondiale molto peggiore della Prima; si stupì infine del fatto che i rapporti fra padronato e lavoratori fossero sostanzialmente invariati e forse peggiorati.
“Ma come?” mi chiese.
“Nel 1920 avevate dei personaggi di gran calibro, quali Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e una donna straordinaria quale Camilla Ravera. Come avete fatto voi Italiani a scendere così in basso?”.
Mi sforzai di spiegargli che, nonostante un regime fortemente capitalista, l’Italia aveva compiuto un grande balzo in avanti nel trentennio dal 1948 al 1978, per poi declinare irreversibilmente su ogni fronte da allora in avanti.
Sarcastico, il compagno Lenin osservò: “Ma qui i ricchi sono diventati sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri: il distanziamento sociale, se possibile, è superiore a quello del 1920, quindi non capisco dove ci possa essere stato il progresso”.
Un po’ disorientato, io cercai di mostrargli, come fossero delle figurine Panini, le immagini dei leaders politici di oggi: nel Gran Turco Salvini e nella Piccola Anguria Meloni egli individuò con facilità personaggi che aveva dovuto incontrare nella Russia zarista e si stupì che non fossero già stati spazzati via da un refolo di Civiltà.
Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, fece spallucce e, penso, lo ritenesse ridicolo.
Impossibile riuscire a spiegargli la funzione del PD, che gli sembrò un’accozzaglia mal amalgamata di ideologie del secolo precedente, senza fusione ideale.
Ciò detto, il compagno Lenin se ne ritornò nella sua epoca, nel 1920, dove si trovava culturalmente a suo agio.
Il distanziamento sociale in Italia è un distanziamento culturale rispetto agli altri paesi europei. Si tratta di un affannato rincorrere una civiltà europea, che si vorrebbe fare propria.
Purtroppo l’acme del Rinascimento italiano è lontano quanto la Luna.
Giorgio Penzo
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